L’arte di starsene a casa

interviste al tempo della Covid-19 — quattordicesima puntata

In occasione di queste giornate di ritiro domestico forzato, noi di Frizzifrizzi abbiamo pensato di pubblicare una serie di piccole interviste a professionisti e artisti che stimiamo per dare ai nostri lettori un po’ di potenziali consigli per tirare fuori qualcosa di buono da questo periodo buio (e poi perché, semplicemente, siamo curiosi).

In ogni puntata daremo parola a diverse persone.
Le domande sono uguali per tutti.
Gli ospiti di questa quattordicesima puntata sono: Marco Goran Romano, Giulia Capodieci, Francesco Bergamo, Virginia Portioli e Piero Guglielmino.

Marco Goran Romano

goranfactory.com
@goranfactory

Illustratore, letterer e imprenditore digitale che vive e lavora a Jesi, AN.
Dopo essersi diplomato presso l’ISIA di Firenze, inizia la sua carriera lavorando come grafico e successivamente AD di Gold Streetwear. In seguito si sposta a Milano presso la redazione di Wired, dove viene introdotto al mondo dell’editoria. Nel 2014, insieme a Valentina Casali, fonda Sunday Büro, uno studio totalmente dedicato al lettering, al type design e alla calligrafia.
È socio fondatore dell’Associazione Lettering da e docente presso ACCA Academy, IED di Torino e NID di Perugia.

Dove vivi?

Vivo a Jesi, una cittadina in provincia di Ancona.

Che lavoro fai?

Divido le mie giornate tra progetti di illustrazione e progetti di lettering. Questi ultimi però li faccio sotto il nome di Sunday Büro, lo studio che ho co-fondato insieme a mia moglie, Valentina Casali.

Com’è cambiato il tuo lavoro da quando devi svolgerlo da casa?

Sinceramente devo dire che non noto grandissimi cambiamenti. La situazione in cui tutti ci ritroviamo è quella che la stragrande maggioranza degli illustratori (e dei fumettisti) viveva anche prima della crisi pandemica.
Nei periodi in cui non mi sposto per docenze o conferenze resto sempre rintanato in casa, dove ho tutto quello che serve per lavorare e portare avanti i miei hobby, le mie passioni. L’unica differenza è che, per ovvi motivi, ora ho meno progetti da portare a termine, visto che — per quello che mi riguarda — il mercato si è un po’ paralizzato da quando siamo in quarantena.

Con chi sei in casa?

Con mia moglie e Miele, la nostra pitbull.

Cosa fai in questi giorni di reclusione casalinga forzata?

Mi sveglio più tardi del solito, lo ammetto, ma solo perché ho meno da fare, per cui ne approfitto per riposare. Poi però mi metto a lavoro e nel tempo libero mi dedico ad aggiornare il portfolio, fare disegni per il solo gusto di farlo, registrare video per il mio canale YouTube e mettermi in pari con quella miriade di progetti personali che ho iniziato e mai finito.

Stai usando o hai pensato di usare questo strano periodo come occasione per fare qualcosa che non avevi avuto modo o tempo di fare?

Sì, sto disegnando una font e, mentre ti scrivo, sto lavorando ad un progetto di fundraising che si chiama Lettera40. Ti spiego di cosa si tratta: abbiamo chiesto ad alcuni trai i più talentuosi creativi italiani di disegnare dei capilettera illustrati. Ce ne sono arrivati tanti, tutti bellissimi. Abbiamo deciso di metterli in vendita e di devolvere il ricavato ai 5 ospedali che si trovano più in difficoltà nel fronteggiare l’emergenza COVID-19. In questo modo speriamo di poter contribuire nella lotta alla diffusione del virus.

Qual è il posto che ti manca di più?

Il supermercato dietro casa.

Qualche consiglio per letture, visioni o attività per ammazzare il tempo?

Ultimamente non sto leggendo tanto, quasi nulla. Però sto rivalutando i podcast, che ascolto con piacere mentre lavoro. Di recente mia moglie mi ha fatto scoprire Morgana di Michela Murgia (Storielibere.fm), davvero interessante. Anche Archivio Pacifico di Francesco Pacifico merita tantissimo, ve lo consiglio. :)

Giulia Capodieci

base.milano.it
@giulia.capodieci

Si occupa di contenuti, strategie digitali e sviluppo dei pubblici per la cultura. Laureata in Beni Culturali e Comunicazione, muove i primi passi curando i canali digitali di Meet the Media Guru, collaborando con il Digifest a Toronto e, nel suo passato da scenografa, con l’Odin Teatret.
Dal 2016 coordina la comunicazione dell’hub creativo BASE Milano. Tra i principali progetti: il posterzine bimestrale di BASE, collegato alle residenze artistiche per illustratori, e il format d’intervista ai professionisti delle industrie creative WunderKit.
Il suo motto personale è «penso laterale ma rigo dritto».

Dove vivi?

A Milano.

Che lavoro fai?

Sono la responsabile comunicazione dell’hub creativo BASE Milano.

Com’è cambiato il tuo lavoro da quando devi svolgerlo da casa?

Con BASE chiuso è cambiato radicalmente il flusso di contenuti di cui parlare e, di conseguenza, il nostro approccio al piano editoriale. Questo ha obbligato il team di comunicazione a ripensare il proprio dialogo digitale, cercare spunti creativi, inventare nuovi modi per relazionarci con una community diffusa.
Stiamo testando, come tutti, ogni buona pratica e zona d’ombra del lavoro da casa: abbiamo dei momenti regolari di ritrovo su zoom, spesso più per condividere spunti che per controllare le reciproche to do list. È stato più complesso creare delle abitudini di aggiornamento tra i diversi team per non perdere una linea di azione comune, seppur a distanza.

Con chi sei in casa?

Vivo con il mio compagno: è un fisico. Quando facciamo le Skype call, da una camera senti parlare di «protamine, interazioni catione pigreco, scattering dinamico» e, dall’altra, di «take over, storytelling, piani redazionali e tassi di engagement».
C’è anche la gatta Frida e circa 117 piante, a cui non far mancare grattini e annaffiature (senza confondersi, possibilmente). Abbiamo invece sfrattato Nutella e Marie Kondo, ci sembravano due presenze troppo pericolose in questo momento.

Cosa fai in questi giorni di reclusione casalinga forzata?

Porto avanti diversi progetti per BASE e ne approfitto per fare degli esperimenti di equilibrismo tra lavoro e vita privata. Sto tessendo una routine giornaliera fatta di momenti di cura personale, telefonate, ginnastica, lavoro al computer, riordino in casa (penso di aver testato qualsiasi suggerimento condiviso in rete). Nel mezzo ballo swing in cucina e distribuisco piante aromatiche ai condomini.

Stai usando o hai pensato di usare questo strano periodo come occasione per fare qualcosa che non avevi avuto modo o tempo di fare?

Questo momento surreale mi ha portata a dare più attenzione al corpo e non solo al lavoro intellettuale. Sto facendo ginnastica. Uso i barattoli di passata di pomodoro come pesi e sono talmente ridicola che tiro persino giù le tapparelle.
Avendo la fortuna di avere un terrazzo, sto provando a imparare a fare le talee: mettere le mani nella terra è la mia versione di meditazione. Sto facendo anche un corso accelerato di mental load e avanguardia femminista al mio compagno (felicissimo!).

Qual è il posto che ti manca di più?

In questo momento Firenze, dove stavo seguendo un master in botanica e innovazione sociale con il professor Mancuso. Le lezioni sono diventate online ma aver tolto la regolarità di spostarsi in un’altra città ha avuto un forte impatto: mi manca un luogo fisico deputato alla mia formazione.
Mi richiede uno sforzo notevole raggiungere lo stesso grado di concentrazione e apertura mentale, restando davanti al computer.

Qualche consiglio per letture, visioni o attività per ammazzare il tempo?

Consiglierei di avventurarsi nei territori più lontani da noi. Chi si occupa di marketing legga un libro di Lévi-Strauss; chi si occupa di comunicazione digitale una raccolta di poesia (magari la Szymborska iniziando da Scrivere un curriculum); al curatore d’arte consiglio Flatlandia di Abbott; all’illustratore la Paura della fisica di Krauss.
Io sto alternando la rilettura di tutti gli Harry Potter ad una serie di libri sulla botanica tra cui E il giardino creò l’uomo. Manifesto ribelle e sentimentale per filosofi giardinieri di De Précy.

Francesco Bergamo

Architetto e dottore di ricerca in Scienze del design, è professore a contratto e assegnista di ricerca presso l’Università Iuav di Venezia.
Si occupa di storia, teorie e metodi di rappresentazione nell’architettura, nel design, nelle arti e nell’ecologia del suono, e delle mutue relazioni tra cultura visuale e cultura sonora.
In quanto membro di
Imago rerum team, ha lavorato con il compositore John Luther Adams, sul Roden Crater Project di James Turrell, sulla stereotomia, sull’opera di Jean-François Niceron e sulle prospettive architettoniche dipinte. Tra le pubblicazioni più recenti, si segnalano la monografia Il disegno del paesaggio sonoro (Mimemis, 2018), e il volume Prospettive architettoniche dipinte nelle Ville Venete della Riviera del Brenta in provincia di Venezia (Aracne, 2016), curato insieme a Massimiliano Ciammaichella.

Dove vivi?

Vivo a Treviso, appena dentro il tracciato delle mura rinascimentali, a est del centro storico. Ho finito di traslocare a fine gennaio e ho avuto giusto il tempo di sistemare le cose più importanti per stare a casa relativamente comodo, prima del lockdown.

Che lavoro fai?

Sono assegnista di ricerca e professore a contratto. Uno dei molti precari non più tanto giovani dell’università italiana.

Com’è cambiato il tuo lavoro da quando devi svolgerlo da casa?

Per quanto riguarda la ricerca non è cambiato moltissimo, per la didattica sì. Avere a che fare con gli studenti per via telematica non è semplice, per me: per quanto riguarda le lezioni, ho sempre preferito non avere nulla di scritto, se non una traccia o qualche appunto, prediligendo un certo grado di improvvisazione sulla base delle reazioni e delle interazioni degli studenti (Seijiro Murayama, uno dei più grandi percussionisti in circolazione, che considero uno dei miei maestri, ha scritto una cosa bellissima sull’improvvisazione e la vita); questa settimana ho anche iniziato a incontrare individualmente gli studenti per via telematica e all’inizio è stato uno shock vederli nelle loro case, mi ha provocato l’imbarazzo di un voyeur involontario e inesperto.

Con chi sei in casa?

Con Marta, la mia compagna.

Cosa fai in questi giorni di reclusione casalinga forzata?

Lavoro più di prima, in rapporto al tempo in cui sono sveglio. Il problema è che dormo più di prima, ho ripreso l’abitudine di fare lunghi riposini dopo pranzo e fatico molto a concentrarmi, ma so che questo sta capitando a molti.
Dedico molto tempo a rispondere a e-mail, messaggi su diverse piattaforme e telefonate.
Sto al telefono con mia madre per periodi più lunghi di quanto facessi prima e sto cercando di sentire amici e parenti che non vedo da molto.
Vorrei avere più tempo e concentrazione per scrivere, leggere, ascoltare dischi e vedere film e serie TV, ma non ci riesco quasi mai.

Stai usando o hai pensato di usare questo strano periodo come occasione per fare qualcosa che non avevi avuto modo o tempo di fare?

Ho pensato e continuo a pensare ad alcune cose che vorrei fare, ma non ci sono ancora riuscito. Vorrei dedicare del tempo al disegno, oltre che a letture, ascolti e visioni.
Ho scritto e sto scrivendo delle piccole cose per degli amici, che saranno ospitate nei loro progetti editoriali. Più di tutto vorrei dedicare più tempo alla mia compagna, che al momento ha meno incombenze lavorative di me (è conservatrice di un museo, attualmente chiuso) e che è comunque riuscita a convincermi a intraprendere insieme a lei un corso online di Pilates, ormai appuntamento fisso prima di cena.

Qual è il posto che ti manca di più?

Il divano di casa? Scherzi (fino a un certo punto) a parte, più di tutto mi manca camminare, e di conseguenza mi manca qualsiasi posto in cui poterlo fare liberamente (il lungofiume della mia città, il centro storico, Venezia, …).
Per fortuna, l’appartamento in cui attualmente mi trovo è in un edificio della metà del secolo scorso e ha un lungo corridoio. I miei amici probabilmente sono già stanchi di sentirmi dire che sto producendo un re-enactment casalingo di A Line Made by Walking di Long.
Sto riprendendo in mano alcuni dei miei libri preferiti di Bernhard, Walser, Sebald e altri autori-camminatori che amo proprio per essere riportato in qualche modo a quel tipo di relazione con il paesaggio.

Qualche consiglio per letture, visioni o attività per ammazzare il tempo?

Le mie letture fisse sono le newsletter Link molto belli e Meraviglie di Pietro Minto, Medusa di Matteo De Giuli e Nicolò Porcelluzzi in collaborazione con Not, e Brevi Storie di Johann Merrich, oltre alle riviste e ai quotidiani cui sono abbonato (su tutti il New York Times: l’abbonamento all’edizione online costa come un caffè alla settimana e dà accesso a contenuti multimediali senza rivali) e naturalmente a Frizzifrizzi, a Not e a il Tascabile.

I due testi del momento sono probabilmente Spillover di Quammen e Il dottor Semmelweis di Céline, ma dato il periodo storico mi sento di consigliare Come un’onda che sale e che scende di Vollmann (possibilmente in originale, tanto in italiano è quasi introvabile), tutto Krasznahorkai, Casa di foglie di Danielewski e The Tunnel di Gass: sono libri per lo più voluminosi, non so se consigliarli per ammazzare il tempo, ma ripagano ampiamente del tempo che richiedono. Credo che anche i numeri a venire di Vesper, la nuova rivista dell’Università Iuav di Venezia diretta da Sara Marini e pubblicata da Quodlibet con il progetto grafico di bruno, avranno qualcosa da dire sui tempi in cui viviamo.

Sulle visioni non me la sento di dare consigli, sono troppe le cose recenti che non ho ancora visto, tra tutte quelle che vorrei vedere. Ma mi è venuta una gran voglia di rivedere per l’ennesima volta tutto dei Monty Python.

Tra gli ascolti, consiglio di seguire la serie Amplify 2020 su Bandcamp curata da Jon Abbey, il fondatore della mitica etichetta Erstwhile: si tratta di registrazioni domestiche effettuate da alcuni dei più importanti musicisti in circolazione, costretti a casa come noi.
Di uscite discografiche eccellenti, sia nuove che recenti, ad ogni modo non ne mancano… mi trattengo dal fare proposte per non scontentare nessuno, ma ce n’è per tutti i gusti.

Virginia Portioli

facebook.com/virginia.portioli
guidotommasi.it/lupo-guido
@lupoguidoeditore

Una vita da collezionista seriale di libri, prima di filosofia, poi di cucina e infine di albi illustrati, le mie tre grandi passioni.
Ho vissuto attimi di guarigione quando i libri, invece di comprarli per me, ho iniziato a farli entrare nelle scuole, ridando ossigeno a biblioteche scolastiche sepolte dalla noia e dalla polvere.
Per LupoGuido scelgo le storie più belle dai nostri autori e dai cataloghi di tutto il mondo, non prima che siano passate al vaglio critico delle mie due figlie.

Dove vivi?

Nata a Mantova, vivo a Milano dai tempi dell’Università, ma in questo momento mi trovo in un paesino sperduto della Valsesia, dove ho scelto di ritirarmi da subito perché stare in mezzo ai quadrupedi mi pareva il modo migliore per andare incontro a questo tempo funesto.

Che lavoro fai?

Mi occupo a tutto tondo di LupoGuido, un marchio editoriale rivolto ai bambini nato con me due anni fa in casa Guido Tommasi Editore.
È un Lupo e ha i suoi difetti, ma prendermene cura in modo maniacale è quello che mi fa star bene. Soprattutto oggi.

Com’è cambiato il tuo lavoro da quando devi svolgerlo da casa?

La sostanza del mio lavoro non ha subito grosse variazioni.
Lavoravo già in parte da casa prima del Covid-19 e continuo a farlo ora. Dell’ufficio mi mancano soprattutto le chiacchiere, i sorrisi, i taralli neri a metà mattina (non avrai già fame?) e la pausa pranzo.

Con chi sei in casa?

Vivo, grazie al cielo, con mio marito e le mie due figlie, Chiara e Cecilia, in età da Primaria.

Cosa fai in questi giorni di reclusione casalinga forzata?

Continuo a fare il mio lavoro, quando non divido me e i miei dispositivi tra una piattaforma scolastica e l’altra.
Sto ancora aspettando con avidità che arrivi anche qui il momento della noia. Mai pervenuto.

Stai usando o hai pensato di usare questo strano periodo come occasione per fare qualcosa che non avevi avuto modo o tempo di fare?

Quando sono state dichiarate chiuse le scuole, il primo pensiero è stato quello di ritirarci quassù, in montagna. Fatte al volo le valigie — seppur illusi che il ritiro non sarebbe durato più di una settimana — d’impulso per la sopravvivenza ho preso con me una decina di libri, tra cui uno dedicato al pane e un pacco di lievito di birra liofilizzato, scaduto (seppur efficientissimo) prima che diventassi madre.
Riscoprire il piacere di fare il pane (come pare metà della popolazione italiana sta facendo) è uno degli aspetti positivi di queste giornate senza tempo.

Qual è il posto che ti manca di più?

Posto che non sento mancarmi nulla (la mia famiglia è con me e la salute pure e tutto il resto non esiste) il luogo che mi manca di più è quello in cui posso star sola con me stessa.

Qualche consiglio per letture, visioni o attività per ammazzare il tempo?

Libri, ovviamente.
Ve ne suggerisco tre (più uno) che sono, soprattutto, tre pezzi di cuore:

Pluk e il Grangrattacielo (di Annie M. G. Schmidt e Fiep Westendorp, traduzione di Valentina Freschi, LupoGuido) perché tra tutti i libri che ho portato in Italia, rimane il mio preferito in assoluto;

Peter Pan (di J.M.Barrie, con le illustrazioni di Tatjana Hauptmann, LupoGuido) perché chiusi in casa, ci dà la possibilità di approdare all’Isola che non c’è, facendoci godere della sua ricchezza straordinaria. Ne ha fatta per noi una splendida traduzione Marta Barone;

Piccolo sonno (di Alessandro Riccioni e Francesca Ballarini, LupoGuido) perché è il nostro primo titolo confezionato in casa e per la riflessione su ciò che si ha e su ciò che davvero manca, che mi pare opportuna oggi. E poi perché è bellissimo e basta;

Come si fa il pane (di Emmanuel Hadjiandreou, Guido Tommasi Editore) perché è il libro che mi fa compagnia in cucina in questi giorni.

Piero Guglielmino

@babboraccontami
@dorothyealice

Esperto di letteratura giovanile.
Laureato nel 2016 dottore in Italianistica con la tesi di letteratura giovanile Nino De Vita
scrittore per ragazzi
col professore Livio Sossi alla Facoltà degli Studi Umanistici del Litorale di Capodistria. Dal 2017 cura il blog Babbo raccontami e dal settembre 2019 ha condotto 21 puntate di Dorothy e Alice, la storica trasmissione di Radio Capodistria condotta per 22 anni da Livio Sossi. Dopo aver vissuto per 11 anni tra la Slovenia e la Croazia da tre anni vive e opera a Trieste. Organizza seminari per adulti, letture ad alta voce, laboratori poetici con bambini e ragazzi, presentazioni editoriali e consulenze per scuole e biblioteche.
Ha creato a Trieste Viandanti tra le figure, gruppo di lettura per adulti sulla letteratura per l’infanzia. Collabora col CSB di Trieste (Centro per la Salute del Bambino) al progetto RIME BAMBINE per cui ha curato una bibliografia di 100 titoli di libri di filastrocche e racconti in rima per i primi sei anni. Collabora con Hangar Teatri di Trieste per cui organizza letture e laboratori poetici. Per il TriesteBookFest 2019 ha curato l’incontro dedicato a Gianni Rodari con Beniamino Sidoti, Fabio Magnasciutti e Gaia Stock. Ha creato il seminario sperimentale Raccontare la Cittadinanza fin dalla nascita. Sei anni per crescere cittadini lettori, Senza parole. Leggere e raccontare i silent book, seminario teorico/pratico sui libri senza parole, e Leggiamo poesia. Scoprire la parola poetica fin dalla nascita per crescere tra i versi. Cura il laboratorio poetico per bambini di tutte le età SIAMO POESIA. Collabora come socio ordinario del Centro Internazionale di Studi e Documentazione per la Cultura Giovanile (iSDC) di Trieste per quanto riguarda il settore della letteratura giovanile e dell’educazione alla lettura.

Dove vivi?

A Trieste da tre anni.

Che lavoro fai?

Studio e indago il passato, il presente e il futuro della letteratura giovanile. Organizzo corsi e laboratori per adulti e bambini, dando grande spazio alla poesia. Organizzo eventi legati alla lettura ad alta voce e cerco di creare reti di buone pratiche.

Com’è cambiato il tuo lavoro da quando devi svolgerlo da casa?

Il mio lavoro come formatore, dopo tanti anni di gavetta, doveva decollare proprio tra febbraio e marzo, con tanti seminari che finalmente sembravano aver raggiunto un buon numero di iscrizioni e che purtroppo sono stati annullati. Ma se è vero che “chiusa una porta si apre un portone” e che bisogna provare a vedere il “bicchiere mezzo pieno” adesso stanno nascendo delle prospettive interessanti per lavorare online.
Ho già fatto un corso con 22 educatrici di asili nido di Trieste e altri li sto riprogettando per proporli online. La cosa positiva è che così lavoro nel salotto, circondato da tutti i miei libri, senza i soliti effetti collaterali del mal di schiena causato dai tanti trolley che mi porto di solito. La cosa negativa è l’assenza della relazione fisica, con i partecipanti e con i libri.

Con chi sei in casa?

Solo, molto solo. Per fortuna ho un pupo siciliano ereditato da mio nonno Pietro e un pupo realizzato in cartapesta dalla mia ex insieme a mio fratello. Con loro ogni tanto parlo e ballo.

Cosa fai in questi giorni di reclusione casalinga forzata?

Leggo tantissimo, soprattutto libri del passato. Aggiorno le pagine Facebook (Babbo raccontami e Dorothy e Alice). Sto al telefono con la mia famiglia e amici che non sentivo da tanto tempo, chatto tanto e provo a immaginare e seminare eventi e corsi futuri.
Guardo Netflix e Prime Video e ogni sera leggo in video a mio figlio Luka che sta con la mamma in Croazia. E infine inizio a studiare per un concorso di educatore ricreativo a Trieste.

Stai usando o hai pensato di usare questo strano periodo come occasione per fare qualcosa che non avevi avuto modo o tempo di fare?

Sì, soprattutto per mettere ordine alle mie librerie e riprendere Dorothy e Alice sulla pagina Facebook, con dirette video con me e collegamenti telefonici con gli ospiti. Ma la cosa che vorrei tanto riprendere è la scrittura di una mia storia, Mio nonno era un pupo?
Ancora non riesco perché questa storia è nata in un periodo felice e adesso è tutto il contrario e non riesco a svuotare la mente abbastanza da entrarci dentro di nuovo.

Qual è il posto che ti manca di più?

Non è un posto ma mio figlio Luka. Mi manca da morire. Non lo vedo già da quasi un mese e non so quando potrò riabbracciarlo. Vedere lui sarà la prima cosa che farò dopo tutto questo caos.

Qualche consiglio per letture, visioni o attività per ammazzare il tempo?

Iniziamo dalle letture. Agli illustratori consiglio due saggi: Il racconto dell’illustrazione di Andrea Rauch (la casa USHER) e Le figure per dirlo di Paola Pallottino (Treccani).
A tutti gli appassionati (e non solo) di letteratura giovanile il saggio di Silvia Vecchini Una frescura al centro del petto (Topipittori), quello di Katherine Rundell Perché dovresti leggere libri per ragazzi anche se sei vecchio e saggio (Rizzoli) e cinque albi illustrati: Cosa diventeremo? di Antje Damm (Orecchio Acerbo), il silent book Museum di Javier Saez-Castàn (Orecchio Acerbo), Love di Gian Berto Vanni (Orecchio Acerbo), I miei vicini di Einat Tsarfati (Il Castoro) e Le cose che passano di Beatrice Alemagna (Topipittori).
Poi due graphic novel: Heimat di Nora Krug (Einaudi) e Haiku siberiani di Jurga Vile e Lina Itagaki (Topipittori).

Per i bambini che cominciano a chiedere letture più lunghe e non necessariamente legate alle illustrazioni consiglio: Favole a cui non badare troppo di Florence Parry Heide e Sylvia Worth Van Clief, illustrato da Sergio Ruzzier (Bompiani), I libri di Oz di L. Frank Baum nell’edizione “I millenni” di Einaudi, illustrato da Mara Cerri, Pluk e il Grangrattacielo di Annie M.G. Schmidt e Fiep Westendorp (Lupoguido), e due raccolte pubblicate da Kalandraka, 28 storie per ridere di Ursula Wolfel (testo) e Joao Vaz de Carvalho (illustrazioni) e Racconti per bambini che si addormentano subito” di Pinto & Chinto.

Per la poesia da leggere e da FARE con i bambini: Cieli bambini. Antologia della poesia italiana contemporanea per ragazzi a cura di Livio Sossi (SECOP) e Un anno di poesia di Bernard Friot
e Fare poesia di Chiara Carminati (Lapis).

Per concludere due saggi per adulti molto catartici in questo periodo: Paura. Una storia culturale di Joanna Bourke (Laterza) e Danse Macabre di Stephen King (Pickwick).

Tra i giochi più belli consiglio L’acchiappaidee di Fabrizio Silei (Uovonero) e i due box di Hervé Tullet Disegna! e Un memo (Franco Cosimo Panini).

Da vedere su Netflix: i film Warrior, Lazzaro Felice e Diamanti grezzi e la serie tv The Umbrella Academy. Su Prime Video imperdibile la serie Goliath.

Che dite, basteranno tutti questi consigli per far impazzire i lettori che già sono sommersi da cento cose diverse per non sclerare? Dimenticavo… Non abbiamo per forza bisogno di usare libri, film o giochi per passare del tempo di qualità con i nostri bambini. Ricordiamoci anche di dialogare e di essere creativi come mai fatto prima!

In copertina: “House wife reading in living room, Chicot Farms, Arkansas”, di Lee Russell, 1939 (fonte: digitalcollections.nypl.org) | elaborazione grafica: Frizzifrizzi.

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