L’arte di starsene a casa

interviste al tempo della Covid-19 — ottava puntata

In occasione di queste giornate di ritiro domestico forzato, noi di Frizzifrizzi abbiamo pensato di pubblicare una serie di piccole interviste a professionisti e artisti che stimiamo per dare ai nostri lettori un po’ di potenziali consigli per tirare fuori qualcosa di buono da questo periodo buio (e poi perché, semplicemente, siamo curiosi).

In ogni puntata daremo parola a diverse persone.
Le domande sono uguali per tutti.
Gli ospiti di questa ottava puntata sono: Matteo Pelliti, Sarah Mazzetti, Fabio Fornasari, Cristina Portolano e Dario Villa.

Matteo Pelliti

coltisbagli.it
@coltisbagli
@coltisbagli

Ligure ma pisano d’adozione, abita e lavora a Pisa dove si è laureato in Filosofia. Si occupa di Comunicazione Pubblica presso la Provincia di Pisa.
Ha pubblicato le raccolte di poesie Versi ciclabili (Orientexpress, Napoli, 2007), Boicottando mongolfiere e ghigliottine (Tapirulan Edizioni, Cremona, 2013), Dal corpo abitato (Luca Sossella editore, 2015) con le illustrazioni di Guido Scarabottolo e un cd audio con la voce di Simone Cristicchi,
col quale collabora stabilmente dal 2005 e con il quale ha realizzato diversi progetti teatrali.
Collabora con la rivista Nuova Tèchne. Ha pubblicato la fiaba in ottava rima La bicicletta gialla (Topipittori, Milano 2018) con le illustrazioni di Riccardo Guasco.
Del 2019 la sua più recente raccolta di poesie, Dire il colore esatto (Luca Sossella
editore).
Conduce a Pisa la rassegna annuale di poesia Versi in Borgo. La sua scrittura varia su diversi registri, dall’umorismo all’impegno civile, dalle fiabe per bambini alla drammaturgia.
Attualmente sta cercando di pubblicare (in omaggio al centenario della nascita di Gianni Rodari) una fiaba musicale dal titolo provvisorio di Rossini a colori!. Per la collana Fuorimenù diretta dal poeta Andrea De Alberti dell’editore BLONK di Pavia. Ha scritto il manuale di scrittura poetica Pericolo poesia, di prossima pubblicazione.

(foto: Nicola Ughi)

Dove vivi?

Abito a Pisa, ma sono ligure di nascita; sono nato a Sarzana, che in fondo non è molto lontano da dove vivo. Sono arrivato a Pisa nel 1990, per l’Università; qui mi sono laureato in Filosofia e poi ho trovato lavoro.

Che lavoro fai?

Faccio l’impiegato pubblico e mi occupo di comunicazione istituzionale, detto in breve aggiorno un sito web e lavoro in una segreteria.
Il “lavoro” della scrittura, e della poesia, ha più a che fare con l’identità che non con l’identità lavorativa.

Com’è cambiato il tuo lavoro da quando devi svolgerlo da casa?

Ho sempre svolto un po’ di lavoro da casa, in mobilità, senza un vero inquadramento di “telelavoro”: aggiornando sito o i social istituzionali al volo, dal telefono, quando occorreva: emergenze climatiche, alluvioni, risultati di concorsi da pubblicare la sera; ora è diverso, anche la burocrazia più refrattaria all’innovazione ha dovuto piegarsi al “lavoro agile”, e mettere a casa il maggior numero di dipendenti possibile. La burocrazia ha finalmente trovato un virus più potente di lei. Forse.

Con chi sei in casa?

Sono con mia moglie, Giulia, con mio figlio Pietro, che ha nove mesi; e ogni tanto nella settimana c’era anche mia figlia Sara, che ha 11 anni, e che abita principalmente con la madre; ora abbiamo sospeso le sue giornate da noi e vado a trovarla io.

Cosa fai in questi giorni di reclusione casalinga forzata?

Cerco di far consumare un po’ di energie della pila atomica di Pietro, in modo che la notte dorma un poco di più. Suoniamo il pianoforte, balliamo pezzi swing; faccio molte lavatrici; ogni tanto scrivo una Lapis, piccole cronache per una rivista on line, facciamo videochiamate ai nonni, e qualche collegamento video con gli amici.

Stai usando o hai pensato di usare questo strano periodo come occasione per fare qualcosa che non avevi avuto modo o tempo di fare?

Ho visto che c’è stato un proliferare di poesie dedicate ai giorni del coronavirus, a volte belle, a volte brutte, a volte orrende.
In questo momento io non riesco a scrivere niente. Faccio solo sogni angosciosi. Prendo appunti. Metto da parte le parole, lascio depositare gli incubi fuori dall’inconscio. Allora ho pensato di registrare un video-tutorial per come scrivere una poesia brutta. Si trova qui.

Qual è il posto che ti manca di più?

Il bar, al mattino. La doppia colazione, alle 8 e alle 11.

Qualche consiglio per letture, visioni o attività per ammazzare il tempo?

Ammazzare il tempo è un’espressione troppo cruda di questi tempi, e non la userei a cuor leggero. Non mi sento di consigliare niente, anzi mi sento di consigliare di non fare niente.
Ci vuole una certa abilità, me ne rendo conto, per non fare niente. Non tutti ne sono davvero capaci. A me, ad esempio, è una cosa che riesce con un certo talento, cioè sono piuttosto bravo a non fare niente. Aspettiamo e speriamo.

Sarah Mazzetti

sarahmazzetti.com
@sarahmazzetti

Illustratrice e fumettista bolognese. Lavora in diversi ambiti legati alla comunicazione visiva, dalle illustrazioni editoriali per clienti come The New York Times, The New Yorker, Die Zeit, The Guardian, al fumetto, alla creazione degli elementi visivi per progetti progetti di site design, fino alle collaborazioni nel settore dell’animazione.
I gioielli di Elsa, il suo primo fumetto per bambini è uscito nel 2017 per Canicola edizioni. Nel 2019 ha ricevuto il prestigioso premio Premio Internazionale d’Illustrazione Bologna Children’s Book Fair– Fundación SM.

Dove vivi?

A Milano, in zona Loreto.

Che lavoro fai?

L’illustratrice.

Com’è cambiato il tuo lavoro da quando devi svolgerlo da casa?

Non è cambiato molto, ma è cambiato tutto per me internamente.
Prima della quarantena andavo ogni giorno nello studio che condivido con altri disegnatori in Cadorna, avevo quindi una routine quotidiana fatta di una serie di cose per me importanti, non stare troppo tempo sola in casa, condividere la mia giornata con persone con cui sto bene e a cui sono affezionata, portare i pensieri in spazi diversi. Perfino avere lo studio in un quartiere diverso rispetto a quello in cui vivo è una piccola cosa che mi dà un certo conforto.
Poco tempo fa leggendo di Leonora Carrington, mi è rimasta impressa questa sua frase «I need change. Because I get sort of suffocated by my own atmosphere», un sentimento che mi è familiare. Quindi ci ho messo un po’ a riabituarmi a lavorare da casa, e comunque il mio livello di concentrazione è diverso, e in questo momento in particolare i pensieri sono sempre un po’ annebbiati dalla preoccupazione per la situazione di allarme mondiale, insomma mi sento un po’ ferma, congelata, non sono una di quelli che affronta creativamente la pandemia.

Con chi sei in casa?

Vivo sola in un monolocale. Da quel punto di vista non mi posso lamentare, la mia quarantena è abbastanza confortevole nonostante lo spazio sia poco.

Cosa fai in questi giorni di reclusione casalinga forzata?

Lavoro, leggo le notizie e poi mi dico che non dovrei leggerle, sento amici e parenti, molto più del solito naturalmente. Da qualche giorno sto cominciando ad abituarmi, quindi riesco anche a guardare un film. Di leggere invece non se ne parla, non ci riesco.

Stai usando o hai pensato di usare questo strano periodo come occasione per fare qualcosa che non avevi avuto modo o tempo di fare?

No, già fare quello che devo fare è una gran conquista. Appunto, non c’è niente di creativo per me in questo momento, io d’abitudine quando non sto bene cerco luoghi e paesaggi diversi dal mio solito, e se non posso cerco un parco, tutte cose inaccessibili per ora.

Qual è il posto che ti manca di più?

Non mi manca un luogo in particolare, mi mancano tutti, mi manca la libertà.

Qualche consiglio per letture, visioni o attività per ammazzare il tempo?

Personalmente sono stata salvata dall’ossessione verso le notizie da Shadows di John Cassavetes. È la prima cosa diversa che mi ha interessata dopo giorni davvero monotematici, mi sono appassionata alla storia relativa alle due versioni del film, la prima a quanto pare molto più interessante e aderente all’idea di fare un film completamente improvvisato, ma attualmente irrecuperabile.
Da lì ho cominciato a voler vedere più film di Cassavetes, e in generale a volerne sapere di più su di lui e su Gena Rowlands. Sono stata davvero mossa dalla scrittura dei personaggi, dalla complessità con cui sono costruiti e interpretati, non avevo mai visto niente del genere (mea culpa, non avevo mai approfondito questo regista gigantesco).
Su questo canale YouTube si trovano i film della Criterion Collection in lingua originale. Insomma, Cassavetes è stato la mia salvezza!

Fabio Fornasari

@fabiofornasari

Architetto museologo.
Costruisce dispositivi per mostrare e raccontare storie di valore utilizzando progetti e installazioni museografiche, e ambienti di apprendimento. Monta e smonta contenuti per sviluppare l’innovazione sociale.
Progetti che hanno una dimensione di relazione: coinvolgono il pubblico all’interno di dinamiche di interazione cognitiva e sensoriale.
A fianco di psicologi e pedagogisti sviluppa modelli educativi di frontiera.
È ricercatore associato per RPPS – Istituto di Ricerca per le Popolazione e le Politiche Sociali e altri istituti di ricerca del CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche.
È fondatore e Direttore Artistico del Museo Tolomeo di Bologna presso l’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza di Bologna.
È coautore del Museo del Novecento di Milano e autore del Museo delle Terme di Caracalla.
Ha curato gli allestimenti delle mostre italiane PIXAR 30 anni di animazione.
Ultimamente ha curato l’allestimento della mostra Toccare la Bellezza – Maria Montessori e Bruno Munari.

Dove vivi?

Vivo a Bologna in una casa piena di luce, con una finestra che guarda la collina che nella sua cima ha il santuario di San Luca. L’altra finestra guarda verso nord verso la pianura che vedo dall’ultimo piano della mia casa. Due orizzonti differenti, due microclimi differenti, una postazione che ho scelto a prima vista.
Fino a una settimana fa ho vissuto molto sui mezzi di trasporto, spostandomi da un luogo ad un altro, dal nord al sud d’Italia. Ora sono qui dentro.

Che lavoro fai?

La laurea dice architetto ma mi sono sempre occupato di musei, di allestimenti e di installazioni.
Parallelamente a questo ho sviluppato progetti di accessibilità e di mediazione culturale in particolare nella dimensione del non-visivo. In altre parole dispositivi cognitivi per persone ipovedenti e ciechi.

Com’è cambiato il tuo lavoro da quando devi svolgerlo da casa?

La notizia della contaminazione mi ha colto mentre ero a Catania, in viaggio con una mostra itinerante che stavo portando di città in città e che avrebbe dovuto raggiungere Trieste. Una mostra con un ritmo da concerto rock: un giorno in viaggio, un giorno dedicato al montaggio e un giorno di apertura al pubblico. Poi smontaggio e si riparte.
Nell’ansia delle notizie siamo passati per Catanzaro prima e per Potenza poi. Infine abbiamo interrotto il nostro viaggio.

Il mio lavoro è passato dall’estroversone all’introversione di colpo. È passato dall’essere in continuo movimento, all’interno di un continuo processo di osservazione di come una stessa idea si stava declinando in contesti differenti, a dover rientrare alla base all’interno di uno spazio che è lo specchio di quello che sono.
Mi sono quindi ritirato all’interno del mio studio di casa, il posto dove si pensa e dove si immaginano le azioni future.
Che poi è una cambusa in cui alimentarsi, la coffa per gli avvistamenti, ma anche il pozzo che ci collega con la nostra parte più profonda. È quindi rifugio e scoperta.

Con chi sei in casa?

La mia casa è piena di gente sotto le più differenti forme: in presenza e nella forma sostituta, virtuale.
A partire da mia moglie che passa le giornate a fare lezione in streaming per l’Università di Urbino dove insegna Sociologia della Comunicazione e quindi attraverso le sue lezioni, quotidianamente, entrano decine di ragazzi da ogni parte d’Italia.
Perché lo sappiamo: qualcosa dei luoghi che abitiamo passano attraverso le nostre tecnologie.

Ci sono le persone con le quali collaboro a distanza che riempiono della loro voce lo spazio dello studio.
Ma ci sono anche tutte le altre persone che da tempo fanno parte di una nuova quotidianità condivisa attraverso la presenza in digitale in tutte le differenti forme, con tutti i diversi linguaggi.

A sostituire i Lari di casa ci sono, ordinati uno in fila all’altro, le personalità della scienza e della cultura, musicisti e artisti, letterati e mattacchioni, sempre pronti a rispondermi attraverso le pagine dei loro libri quando ho bisogno di un confronto. Per riservatezza nei loro confronti non li elenco ma sono i veri anticorpi che mi accompagnano da una vita e che abitano il mio palazzo etico. Ciascuno di noi ha i propri, a me piace tenerli sempre al mio fianco.
Credo anche sia un pensiero condivisibile: raramente un libro ti risponde sempre allo stesso modo. Per quanto stampato e quindi fissato per sempre nel tempo all’interno della grafica editoriale, ogni volta che rileggi la stessa frase detta dallo stesso personaggio è come se ti stesse dicendo qualcosa di nuovo, che non hai mai sentito. Ma fidati: la ragione sta sempre dalla sua parte.

Ecco. Non posso sentirmi solo.

Cosa fai in questi giorni di reclusione casalinga forzata?

Per ora posso dire che finalmente ho il tempo di tirare il fiato, di mettere ordine a tante cose fatte, senza fretta.
Anche la risposta a questo gioco ha trovato con lentezza le sue risposte.
Ogni intervista, specie quando si tratta di rispondere con un testo, ha la dimensione del gioco delle perle di vetri: sistemare una a una la parola che ritieni più giusta per essere fedele al tuo pensiero del momento. Perché ogni momento ha la sua emozione e non puoi dare due volte la stessa risposta. Ogni momento ha il suo dna e quindi la sua sequenza.
Quindi in queste giornate in fondo è quello che sto facendo: mettere in fila le cose, tessere le sequenze di pensiero che poi naturalmente diventeranno le idee future.

Stai usando o hai pensato di usare questo strano periodo come occasione per fare qualcosa che non avevi avuto modo o tempo di fare?

Sono goloso.
Quindi mi sono dato un obiettivo: cucinare i croissant al burro più buoni che io abbia mai mangiato.
La mia colazione del mattino è cappuccino e salata. La salata, quando è buona, è la migliore colazione che si possa fare a Bologna. Posso fare chilometri in più per andare in questo o quel bar. Come per i gelati ho i miei percorsi, le mie tappe.
Tutte le mattine del mondo.
Quando vado in Francia non manco mai il café au lait e il croissant. Che io sia alla Point Rouge di Marsiglia o su un qualsiasi boulevard di qualsiasi città.
Tout les matins du monde.
Ora che i bar sono chiusi non voglio rinunciare alla mia colazione.
Il caffé non manca, la moka ce l’ho. Il latte pure.
Manca la salata.
Ma ho il tempo.
Ce la farò.

Qual è il posto che ti manca di più?

So cosa mi mancherà un questo 2020: Marsiglia.
So che mi mancherà perché vedo difficile che questa estate potrò riempirmi gli occhi del suo mare e riempirmi i polmoni della sua aria.
Dalla fine degli anni ’90 ci passo alcune giornate della mia vita. Non solo vacanze.
Per me Marsiglia è il Mediterraneo, non è la Francia.
Come lo sono pure Napoli e Genova ma tutte in modo differente. Mi piace la Liguria di Ponente nelle parole di Francesco Biamonti, troppo presto scomparso.
Ma Marsiglia è il mediterraneo aumentato dalla sua storia e dalle parole di Jean Claude Izzo.
Da l’Estaque a l’anse de la Maronaise, mi mancherà.

Qualche consiglio per letture, visioni o attività per ammazzare il tempo?

Non voglio sembrare cinico perché il momento è drammatico: ma a qualcosa tutto questo ci servirà.
È il momento di smontare tutto quello che abbiamo dato per scontato per rimontarlo all’interno di questa eccezione.

Per dare un senso alla risposta, rispondo con qualcosa che non sia solo un ammazza tempo ma che sia occasione di scoperta anche di propri talenti.
Propongo un algoritmo, analogico: leggere la pagina 20 di tutti i libri che si hanno in casa come fosse un romanzo inedito. Cercare un senso a quello che si legge seguendo questo algoritmo può aiutare a dare un senso a quello che ci sta accadendo.
In fondo è quello che facciamo sempre scrollando le pagine dei social: entrare a pagina 20 della vita delle persone che scendono dall’alto verso il basso nel rispetto di un algoritmo digitale che guida e alimenta le nostre curiosità.

Cristina Portolano

cristinaportolano.com
@cristinaportolano
@crisportolano

Nata a Napoli nel 1986. Dopo il Liceo Artistico S.s Apostoli si è trasferita a Bologna per studiare all’Accademia di Belle Arti con una parentesi di 12 mesi a Parigi presso l’EnsAD. Ha pubblicato dei ritratti su entrambi i volumi di Good Night Stories for Rebel Girls edito in Italia da Mondadori. Ha scritto e illustrato i libri a fumetti: Quasi signorina (Topipittori, 2016) ristampato in Italia e tradotto in Inglese per la casa editrice One Percent Press, Non so chi sei (Rizzoli Lizard, 2017) nato sulla piattaforma Patreon, tradotto in Spagna dalla casa editrice Ponent Mon e in Francia per edizioni Rackham, Io sono Mare (Canicola, 2018) tradotto in spagnolo e svedese, un libro per bambini e bambine sulla parità di genere finanziato tramite una campagna di crowdfunding e la storia Mea vulva nel volume Post Pink (raccolta di fumetti femministi con una prefazione di Michela Murgia) edita da Feltrinelli Comics. Il suo ultimo libro è Francis Bacon. La violenza di una rosa (Centauria, 2019) pubblicato in Italia e in Francia da Editions du Chêne. Ha collaborato inoltre con Loescher, Il Messaggero, Linus, Edizioni EL, ARTribune, Il Sole 24 ORE, LaLettura del Corriere della Sera, Lo straniero, Illustratore Italiano, Hamelin, Soccer Illustrated, Illywords, Napoli Monitor, e vari collettivi di autoproduzione. Collabora con il portale Freeda e Internazionale Kids. Insegno illustrazione allo IAAD di Bologna.

Dove vivi?

Bologna.

Che lavoro fai?

Illustratrice e fumettista.

Com’è cambiato il tuo lavoro da quando devi svolgerlo da casa?

Per quanto riguarda il disegnare poco perché già ero abituata a disegnare e a proseguire il lavoro a casa.
Per quanto riguarda corsi allo Iaad, presentazioni di libri e altro, tutto spostato online con classroom e dirette via YouTube/Instagram/Facebook.

Con chi sei in casa?

Il mio compagno.

Cosa fai in questi giorni di reclusione casalinga forzata?

Mi alleno via Skype con la mia istruttrice Simona, di cui seguivo già i corsi in una palestra vicino casa.
Disegno, cucino, scrivo, aggiorno il mio sito web, blog, e video per il canale YouTube.

Stai usando o hai pensato di usare questo strano periodo come occasione per fare qualcosa che non avevi avuto modo o tempo di fare?

Si, iniziare dei libri che ho comprato recentemente e studiare per le lezioni online delle prossime settimane. Non ho intenzione di iniziare un nuovo hobby perché ho già poco tempo così.

Qual è il posto che ti manca di più?

Assolutamente URCA studio dove mi recavo a lavorare. è uno spazio per creativi in centro a Bologna creato da Bianca Bagnarelli, Andrea Settimo e i ragazzi di Delebile. Mi manca tanto come anche i miei colleghi di studio: Alessandro Poli, Alberto Lot, Silvia Rocchi, Valerio Stivè, ecc.

Qualche consiglio per letture, visioni o attività per ammazzare il tempo?

Ho appena finito di guardare la serie Star Trek: Picard su Amazon Prime, fantastica. Poi su Netflix consiglio di guardare Rick and Morty e Big Mouth. Oltre a non perdersi il primo lungometraggio di Francesco Lettieri: Ultras.

Come podcast io ne seguo pochi ma con molta assiduità tipo su Spotify: Archivio Pacifico, Problemi di Jonathan Zenti, Réclame di Chiara Galeazzi e Tania Loschi e Senza rossetto di Giulia Cuter e Giulia Perona (oltre ovviamente a Morgana di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri) ma ce ne sarebbero altri mille!

Su Audible poi hanno messo a disposizione un sacco di contenuti e io consiglio qualsiasi cosa fatta da Tlon.

Come attività per ammazzare il tempo il disegno dal vero di composizioni di bottiglie o nature morte, alla Giorgio Morandi, va sempre bene!

Dario Villa

@accorgitene
facebook.com/accorgitene

Ha fatto il copywriter nelle migliori agenzie di pubblicità, ha pubblicato libri con Baldini-Castoldi e Feltrinelli, ha prodotto musica, e altre cose irraccontabili.
Coltiva il progetto accorgitene™ su facebook, instagram e dove capita.
Naturalmente, tutto con scarso successo.

Dove vivi?

In questo momento vivo a Milano.

Che lavoro fai?

Faccio il copywriter, mi occupo della direzione creativa in una media company che crea contenuti che parlano di cibo e cucina.

Com’è cambiato il tuo lavoro da quando devi svolgerlo da casa?

Diciamo che è la solita cosa ma vista da lontano. A bassa definizione. Non so come spiegarlo, ma mi sembra di essere distante da tutto. Per me il rapporto con le persone nel lavoro è determinante. Si vede che non apprezzo lo smart working?

Con chi sei in casa?

Condivido i 70 metri quadrati di un appartamento con Ilaria, la mia compagna e il nostro gatto Spritz (chiamato così perché è arancione e viene da Venezia).

Cosa fai in questi giorni di reclusione casalinga forzata?

Come tutti, leggo, guardo più film ma soprattutto parlo di più con Ilaria e con le persone in generale. Apprezzo e “degusto” ogni telefonata e il tempo speso con le persone che non posso vedere.
Anche se non sembra sono un po’ timido, quindi mi è più facile dire quello che penso attraverso una chat o il telefono. Ultimamente mi scopro a fantasticare sul giorno in cui potremo di nuovo uscire di casa sereni.

Stai usando o hai pensato di usare questo strano periodo come occasione per fare qualcosa che non avevi avuto modo o tempo di fare?

Sì, pensare a me stesso, a me come persona, alla mia vita e al modo assurdo in cui, troppo spesso l’ho spesa.
Faccio progetti che a volte abbandono dopo un’ora. Ma è comunque bello averci pensato ;)
Detto questo, tento anche di mantenermi in forma facendo stretching. Ma niente di serio. Ascolto podcast e guardo tutorial su svariati argomenti e ho scoperto che mi piace.

Qual è il posto che ti manca di più?

Lo spazio esattamente davanti ai miei amici, mi mancano le persone belle. Quelle con le quali sto bene, anche se non le conosco.
Mi mancano le strade dove passeggiare e la vita outdoor. Mi manca tutto.
Davvero. Mi mancano i parchi e le stazioni della Metro, mi manca mangiare fuori, mi manca il bancone del Tuttifritti alle Colonne. Mi manca un orizzonte diverso rispetto a quello che vedo dalla mia finestra. Mi manca guidare, soprattutto, la mia moto da cross (ma questa è una lunga storia). Se non mi ucciderà il coronavirus lo farà la mancanza (si può dire?).

Qualche consiglio per letture, visioni o attività per ammazzare il tempo?

Ecco, io il tempo non lo voglio proprio ammazzare, semmai, cullare, crescere o coltivare. Lo dico perché sono un po’ ossessionato e ho sempre paura di sprecarlo (anche se pensare allo spreco di tempo è una gran perdita di tempo). Cerco di fare quello che facevo prima… ma meglio.

Presto più attenzione alle cose, a ciò che faccio, a ciò che leggo, ai film che guardo, agli amici con i quali parlo. Insomma, come dicevo prima, cerco di utilizzare meglio la vita. Sarò banale ma non ho scoperto attività nuove ma un modo nuovo di farle.

Detto questo, ho in cantiere la lettura di Sapiens, da animali a dei di Yuval Noah Harari.

In copertina: “Living room of tenant purchase home. Hidalgo County, Texas”, di Lee Russell, 1939 (fonte: digitalcollections.nypl.org) | elaborazione grafica: Frizzifrizzi.

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