L’arte di starsene a casa

interviste al tempo della Covid-19 — seconda puntata

In occasione di queste giornate di ritiro domestico forzato, noi di Frizzifrizzi abbiamo pensato di pubblicare una serie di piccole interviste a professionisti e artisti che stimiamo per dare ai nostri lettori un po’ di potenziali consigli per tirare fuori qualcosa di buono da questo periodo buio (e poi perché, semplicemente, siamo curiosi).

In ogni puntata daremo parola a diverse persone.
Le domande sono uguali per tutti.
Gli ospiti di questa seconda puntata sono: Oana Alexandrescu, Matteo B. Bianchi, Erika Pellicci, Rocco Rossitto e Lucia Scuderi.

Oana Alexandrescu

vimeo.com/maestraoana

Sono nata quarant’anni fa in una città lontana lontana chiamata București; in molti la confondono con Budapest, ma non avendo mai visto la seconda non me ne curo. So che della città dei miei ricordi non è rimasto molto. Ora è una metropoli come le altre.
Al crollo della dittatura corrisponde il mio arrivo in Italia, anno più anno meno. Una data che mai scorderò, come tante altre, alla quale posso anche far risalire l’amore per la
lingua nuova. Lingua diventata lingua madre scacciando in uno sgabuzzino delle scope la vera madre. Ho molti rimpianti per questa dimenticanza fatta ad arte e cura. È da allora, nonostante la lingua, che sono straniera. Forse anche a me stessa.
Avrei voluto fare da grande la “mangaka”, cioè disegnatrice di fumetti. Però però però c’era sempre la lingua a piacermi tanto e così non scelsi l’istituto d’arte, ma il magistrale.
La laurea in quel di Bologna e, detto fatto, sono maestra. Qualche corso d’illustrazione e bocciatura alle spalle; qualche corso di scrittura e belle occasioni di incontrare persone belle mi hanno salvata dal troppo rimuginare sugli insuccessi.
Mi dedico, quando posso, a creare con le mani tutto ciò che le mani sanno fare senza farmelo sapere. A volte ho il sospetto che lo facciano apposta.
Un pezzettino del lavoro con la mia classe si può intravedere su Vimeo e sul sito di Topipittori.

(foto: Marco Baschieri)

Dove vivi?

Vivo alle spalle dei colli di Quattro Castella — dove visse, molto prima di me, Matilde di Canossa — a un’altitudine di 231 m s.l.m. per essere precisi; altitudine che mi consente, durante certe passeggiate, di catturare in uno sguardo tutta la città di Reggio Emilia a distanza. In certe giornate, a saper guardare bene, si notano le bianche vele di Calatrava.
Non è tanto la loro bellezza ferrosa dipinta a colpire quanto il saperle ritrovare, come certe cime per chi va in montagna.

Che lavoro fai?

Lavoro poco lontano da casa ed è una situazione recente. Per circa quindici anni non ho fatto mai meno di un’ora di macchina per raggiungere i miei alunni, tranne in un caso. E trovarmi così vicina — pur correndo certe mattine per evitare i ritardi — crea in me una frattura nuova: mi sento privata del tempo che dedicavo all’ascolto degli audiolibri durante il viaggio, quelle voci note e meno note che mi accoglievano al mattino; allo stesso tempo sono attratta dallo spendere quel tempo guadagnato in modi nuovi per spostarmi, a volte a piedi a volte in bici. La distanza di otto km mi pare fin troppo breve dovendo attraversare dei boschi.

Com’è cambiato il tuo lavoro da quando devi svolgerlo da casa?

Insegno. Insegno in una scuola elementare che ancora non so chiamare mia. Dopo cinque mesi e ventun giorni mi sono ritrovata a fare la maestra da casa. La difficoltà è nel non poter insegnare davvero. Ci sono le innumerevoli notifiche sul telefono — da parte delle conversazioni delle colleghe, delle colleghe di una classe prima, delle colleghe di una classe quinta, delle colleghe che scelgono di contattarmi privatamente, della rappresentante che fa da tramite e messaggera con le restanti famiglie — a distrarmi da un’idea. Poi c’è il canale ufficiale del registro elettronico la cui bacheca deve essere presa d’assalto in tempo reale per non rimanere a corto di notizie. E, in ultimo, ci sarebbero gli alunni che vorrebbero essere primi. Privi di un dialogo, come me.

Ci si inventa modi nuovi per fare scuola, anche se la mia idea di fare scuola non corrisponde a inviare dei compiti in maniera puntuale. La cerco ancora, ogni giorno, questa idea, nel frattempo ho consigliato di ascoltare alcuni compositori, di guardare le opere su WikiArt di alcuni artisti, di ispirarsi a loro e provare a copiarli; di tenere un diario. E leggere.

Con chi sei in casa?

In casa c’è un gatto delle nevi che quando lanciato sulla rara neve fresca storce il naso e “miauna” in tante lingue; una mamma immunodepressa dopo un trapianto che festeggiamo ogni ventotto aprile; e suo marito.

Cosa fai in questi giorni di reclusione casalinga forzata?

Dal primo giorno di chiusura della scuola, il ventiquattro febbraio, ho fatto molto e mi dico, nonostante tutto, di aver fatto poco. L’improvvisa libertà del tempo dalla campanella mi ha consentito di riprendere certi fili di un discorso iniziato anni fa sulla lettura ad alta voce in una classe a Correggio. Una classe a un’ora di macchina. È lì che ho letto ad alta voce per la prima volta. Detta così pare bizzarro, ma io intendo, per leggere, leggere libri. Leggere mondi.

Dunque ho iniziato a leggere ad alta voce una prima Favola al telefono di Gianni Rodari, colpita dalla lettura della stessa in francese da parte di Bernard Friot per Lezioni sul sofà. Solo che l’unica versione del libro che avevo in casa era in rumeno. Sono seguite altre favole lette da chi, sollecitato da questo mio entusiasmo del “fare nuovo” ha letto per me da lontano. Era, la mia richiesta, un modo per sentirci uniti e unite, che fossimo maestre o scrittori poco importava. Era leggere per i bambini. Con gli strumenti casalinghi a disposizione, un iPad scheggiato e un iPhone vecchio vecchio, ho creato dei corti video il cui audio sono storie e Favole al telefono.

Stai usando o hai pensato di usare questo strano periodo come occasione per fare qualcosa che non avevi avuto modo o tempo di fare?

Ho pensato spesso nella prima settimana, quella che pareva l’unica di chiusura della scuola, ho pensato a tutte le cose messe in pausa negli anni perché non trovavo il tempo: disegnare, suonare il piano, ascoltare certe sinfonie dirette da grandi maestri, leggere i tanti, troppi libri incontrati in librerie nel mio girovagare qua e là certi fine settimana. Mi è parso, quel tempo regalato, un vero dono.
Di solito lo intravedo nel mese di agosto, il tempo fermo che si lascia guardare come quando si osserva il cielo stando ai piedi di un albero sapendo che si vedrà solo del blu; eppure quel blu è l’unica cosa di cui si ha bisogno.

Ora, a una settimana e poco più di distanza, mi stupisco delle tante ricette che spuntano sulle piattaforme per impiegare il tempo. E mi stupisce che pochi siano incantati dall’immobilismo necessario, prima di tutto, al pensiero. Di tutti questi giorni fatti di troppe parole io sento solo un bisogno profondo di silenzio. Per saper cogliere i pensieri che custodisco e per tirarli fuori. Sotto forma di inchiostro o voce.

Qual è il posto che ti manca di più?

Il posto che mi manca di più, oltre a quelli scomparsi dell’infanzia, è la classe che chiamavo mia. Quella alle cui pareti attaccavo i disegni dei miei mostri, in cui riempivo e svuotavo la libreria con titoli presi in prestito a kg dalle tante biblioteche della città, le cui vetrate, nell’ultimo anno, si erano viste decorate con delle potature di magnolia, poi fiorite, perché sentivo forte la mancanza delle piante nella classe. Del pergolato di glicine in cortile dove ci sedevamo tutti, il marzo scorso, avvoltolati tra coperte e cuscini, ascoltando le avventure di Bastiano Baldassarre Bucci e Atreiu. Di tutti loro che io chiamavo miei e di cui ancora so dire l’appello a memoria.
Sono lenta nel creare legami; ancor di più nel dimenticarli.

Qualche consiglio per letture, visioni o attività per ammazzare il tempo?

Il tempo mi è sempre stato nemico, i treni li ho presi e persi, tutta la vita, per un soffio. Ma so che quando mi siedo sotto al cielo con un libro il disequilibrio si aggiusta. Per me questo tempo ha il sapore dei racconti russi, un’ora spesa con Gogol’ è tanto luminosa; così come quelle dedicate a Lermontov o Čehov. La settimana scorsa ho scoperto la decima sinfonia di Mahler da tutti considerata minore perché incompiuta. Eppure, dietro alla sua composizione, c’è una storia così bella da meritare, almeno una volta, il suo ascolto. Non è il caso che ne inizi ora il racconto, ho già usato molte parole. Se potete, cercatela.

Matteo B. Bianchi

matteobb.com
@MatteoBBianchi
@matteobbianchi

Scrittore e autore tv, ha pubblicato i romanzi Generations of love, Fermati tanto così, Esperimenti di felicità provvisoria (Baldini e Castoldi), Apocalisse a domicilio (Marsilio) e Maria accanto (Fandango).
Insieme a Giorgio Vasta ha curato il Dizionario affettivo della lingua italiana (Fandango).
In radio è stato autore del programma cult Dispenser (Radio Due Rai), in tv è stato fra gli autori di programmi quali Victor Victoria (La7), Quelli che il calcio (Rai Due), “Strafactor (X factor) e E poi c’è Cattelan (Sky Uno), Rai Pipol (Rai Due). Dirige da oltre vent’anni la sua personale rivista di narrativa ‘tina. Per il portale StorieLibere.fm cura il podcast quindicinale Copertina.

Dove vivi?

A Milano.

Che lavoro fai?

Lo scrittore, l’autore televisivo e di podcast.

Com’è cambiato il tuo lavoro da quando devi svolgerlo da casa?

Credo che la cosa più straniante di questo periodo, per chi come me lavora in ambito che possiamo genericamente definire “creativo”, sia l’assoluta impossibilità di fare progetti. Nel giro di qualche settimana è saltato tutto: festival letterari, corsi di scrittura, lezioni universitarie, laboratori… Tutto cancellato o rimandato a data da destinarsi. Ma allo stesso tempo si vive anche un momento di stallo completo per ciò che riguarda progetti in divenire: ho scritto il soggetto per una serie su cui ora nessuno può prendere alcuna decisione, ero in trattativa per due programmi televisivi che al momento nessuno sa dire se verranno girati, stavo organizzando un evento letterario che non si sa se e quando potrà realizzarsi.

Per chi fa una professione come la mia è assolutamente normale mettere in conto che una percentuale di lavori possa saltare o non partire del tutto (quante volte ho partecipato a riunioni per trasmissioni tv che poi non sono mai state fatte o ho scritto soggetti e sceneggiature per film mai realizzati), ma non mi era mai accaduto (e come me, a tantissimi miei colleghi) di trovarmi davanti a un orizzonte completamente piatto come questo. Lo so, le cose cambieranno, a poco a poco si riprenderanno in mano le redini di molte situazioni abbandonate, ma l’effetto per il momento è quasi alienante.

Con chi sei in casa?

Col mio compagno.

Cosa fai in questi giorni di reclusione casalinga forzata?

Scrivo, leggo (molto), guardo serie tv ed è persino capitata una partita a Scarabeo, il che per me è un po’ anomalo. Sto lavorando a un romanzo e preparo ogni due settimane le puntate del mio podcast Copertina.
Le poche volte che esco, per esigenze reali (tipo fare la spesa), cerco di viverla con relativa serenità, non come se stessi compiendo un’azione né folle, né eroica.

Stai usando o hai pensato di usare questo strano periodo come occasione per fare qualcosa che non avevi avuto modo o tempo di fare?

Sto andando avanti con un paio di libri che avevo solo abbozzato e che languivano sul mio Mac: è il momento adatto di dare loro una seconda possibilità. E poi ne approfitto per smaltire molti racconti che mi hanno inviato per la rivista di narrativa che curo (‘tina) e che ancora non avevo letto.

Qual è il posto che ti manca di più?

Mi manca poter andare a scrivere in quei caffè o smart-working dove vado di solito, che offrono quella dimensione di socialità intorno anche quando si svolge un lavoro solitario.
Mi manca molto il “Ghe Pensi MI”, il pub che frequento di solito, e non tanto per andarci a bere con gli amici, ma per il fatto che è anche un locale dove si svolgono serate di cabaret, incontri letterari, spettacolini di varietà. A volte li godo come pubblico, a volte partecipo attivamente agli spettacoli o contribuisco a organizzarli. La sua chiusura forzata significa anche l’assenza di queste attività, ed è una sofferenza un po’ per tutto il quartiere.

Qualche consiglio per letture, visioni o attività per ammazzare il tempo?

Nel mio podcast Copertina ogni due settimane fornisco svariati consigli di lettura, sia personali, che da parte di librai e scrittori famosi. Quindi il mio suggerimento, per chi ha voglia e tempo, è di recuperarne le puntate. Si trovano gratuitamente su Spotify, iTunes o il sito StorieLibere.fm

Erika Pellicci

cargocollective.com/erikapellicci
@erikapellicci
@akireiccillep

Barga, 1992, artista e fotografa.
Attualmente vive e lavora in Toscana, mentre prosegue gli studi in Fotografia presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna.
La sua ricerca artistica si avvale di medium fotografici e performativi che vanno ad indagare nell’interiorità dei luoghi familiari conservando l’aspetto ludico in cui il corpo diviene il fulcro della sua ricerca.
In esposizione adesso nella collettiva SEXXX&POP, Golden Pussy alla Fabbrica del Vapore di Milano. Ha preso parte, questo febbraio 2020, alla residenza artistica NOSTOS#01 curata dal collettivo Transhumanza con la performance Mommotti! Vincitrice del premio “Young Photographer Award 2019, Pingyao International Photography Festival” in Cina, con la serie Silenzi Temporanei. Nel 2018 ha preso parte alla residenza artistica La via della Cina curata da Filippo Maggia e DryPhoto a Prato. Il lavoro sviluppato durante la residenza, Il gioco dei gesti, è stato presentato al Centro Pecci a Prato e al Macro Asilo a Roma.

Dove vivi?

Vivo in Toscana in un piccolo paesino della provincia di Lucca.

Che lavoro fai?

Domanda interessante! Di base sono una fotografa freelance e quando capita lavoro, ma per ora il vero lavoro a tempo indeterminato è sui libri, dove passo la maggior parte dei giorni in previsione della tesi.

Com’è cambiato il tuo lavoro da quando devi svolgerlo da casa?

Non molto, dalla biblioteca a casa, magari sono più distratta quello sicuramente.

Con chi sei in casa?

Con i miei genitori, e il mio gatto Rufio.

Cosa fai in questi giorni di reclusione casalinga forzata?

In biblioteca ero più concentrata sicuramente, adesso spazio, e fra un libro l’altro vado a camminare, disegno o cucio.

Stai usando o hai pensato di usare questo strano periodo come occasione per fare qualcosa che non avevi avuto modo o tempo di fare?

Sì, mi sto concedendo delle grandi camminate “balocche” fra la natura, che mi stanno facendo risalire quel qualcosa che mi era sfuggito dagli occhi, le sto prendendo come esercizi quasi meditativi di osservazione.
La cosa che mi affascina di questa quarantena è la dilatazione del tempo che si è creato, dalle grandi velocità spasmodiche siamo passati ad un rallentamento brusco delle attività normali, quest’ultimo, appunto, permette a tutti di tornare ad osservare,
magari in silenzio, l’interno e l’esterno di noi stessi.
Oltre alle camminate mi spacco di tutorial su YouTube.

Qual è il posto che ti manca di più?

Fortunatamente nessuno, ho un albero speciale vicino a casa, il Quercione, però, ecco, è raggiungibile a piedi. Mi sento parecchio fortunata a non essere distante dalla famiglia in questo momento così delicato.

Qualche consiglio per letture, visioni o attività per ammazzare il tempo?

Sarebbe bello creare un archivio drive con i lavori realizzati da diversi artisti durante questo periodo in quarantena, il quale mi ricorda “L’anno senza estate” in Villa Diodati, in cui Mary Shelley e gli altri illustri si chiusero tre giorni a scrivere.
Il mio invito è di sperimentare senza aver paura della solitudine e di questo “ritmo lento”.
In quanto a letture, in questo momento sto rileggendo il ciclo completo di Guida Galattica per gli Autostoppisti di Douglas Adams, che consiglio assolutamente!
«DON’T PANIC!»

Rocco Rossitto

roccorossitto.it
unacosaalgiorno.it
@roccorossitto
@unacosaalgiorno

Provinciale, ma non troppo.

«Noi non siamo umani e tu lo sai /
Stare in casa è qualcosa di /
Di spettacolare»
Bugo, Casalingo.

Dove vivi?

A Catania, soprattutto.

Che lavoro fai?

Cerco di rimanere generico il più possibile: sono un consulente freelance e mi occupo di comunicazione. In questa frase così piccola ci stanno un milione di cose, così come un milione di cose starebbero dentro se avessi risposto “idraulico”, “ingegnere”, “avvocato”.
Poi faccio altre cose sempre legate alla rete come Una cosa al giorno che è una newsletter quotidiana dove segnalo delle cose “interessanti”, con mille virgolette. Un quotidiano via email con una cosa che arriva quasi sempre di mattina. Invio queste “cose” dal 2014.

Com’è cambiato il tuo lavoro da quando devi svolgerlo da casa?

Ehm, io lavoravo già da casa, lavoro praticamente da sempre da casa. Non vuol dire questo che non metto mai il naso fuori, anzi. Sto spesso in giro: nelle aziende che seguo, o per eventi di formazione e via dicendo.
Quel che è cambiato, adesso, è che ho eliminato tutti gli spostamenti e le riunioni di persona. Ho eliminato i viaggi di lavoro: dovevo andare a Milano, Firenze, Verona, Palermo tra marzo e aprile e non ci andrò. Diciamo che mi muovo meno, un po’ come tutti.

Con chi sei in casa?

Con la persona che mi sopporta da tanti anni.

Cosa fai in questi giorni di reclusione casalinga forzata?

Sistemo le icone del dekstop.
La battuta non è mia, ma la sento tanto mia. Io non sono uno ordinato, quindi proverò a fare ordine che può voler dire tante cose. Però ancora non ho iniziato, perché appunto sto recuperando cose che avevo arretrate e mi sa che per una settimana almeno non cambierà praticamente nulla. Inoltre per me è molto normale stare due o tre giorni di fila a casa. Uscirò, come previsto e consentito, per fare un po’ di spesa e per due passi, come capita normalmente quando appunto sto due o tre giorni di fila a casa.

Stai usando o hai pensato di usare questo strano periodo come occasione per fare qualcosa che non avevi avuto modo o tempo di fare?

Certo: continuerò a procrastinare.

Qual è il posto che ti manca di più?

Quello dove non sono stato ancora.

Qualche consiglio per letture, visioni o attività per ammazzare il tempo?

Allora sui consigli di lettura preferirei usare questo spazio per far rispondere chi ha più competenza di me, nello specifico Cristina T. che su Una Cosa al Giorno segnala da qualche mese libri. Lei da una vita lavora immersa nei libri, ha il polso della situazione e segnala sempre cose interessanti. Le trovate qui.

Per le visioni, è sempre molto difficile perché bisogna vedere uno “a che punto è” con le serie. Allora farei così, darei consigli per tipologia di persona.

Per “i grandi ritardatari” segnalo dei classici che se non visti vanno veramente la pena di essere recuperati: Game of Thrones, Breaking Bad, Black Mirror, Lost, Il racconto dell’Ancella. Se sei tra quei pochi che ancora non hai visto queste serie tv, recupera subito. Avrai bisogno di molto tempo, ma ne varrà la pena.

Per “sto sul pezzo, ma non troppo” segnalo delle belle serie, magari non nuovissime, ma che meritano: La favolosa signora Maisel, Fleabag, Pose, The End of F**** World, Peaky Blinders, Mindhunter, When they see us.
So benissimo che manca tanta roba, ma…

Lucia Scuderi

luciascuderi.it

Illustratrice, pittrice e autrice, vive e lavora in Sicilia, a Catania, sul mare, ai piedi dell’Etna.
Come autrice e/o illustratrice ha ideato e progettato molti libri per bambini, pubblicando con le più importanti case editrici italiane. Alcuni suoi titoli sono stati pubblicati anche all’estero, Francia, Paesi bassi, Svizzera, Germania, Spagna, Corea, USA e Cina.
Le illustrazioni dei suoi libri sono state selezionate per numerose e importanti mostre collettive e in occasione di festival e rassegne specializzate, in giro per l’Italia e all’estero.
Da tanti anni si occupa di libri per bambini anche sotto l’aspetto della formazione ai docenti e a ragazzi con corsi di educazione all’immagine e costruzione del libro.
Le piace soprattutto progettare e illustrare quella speciale tipologia di libri che sono gli albi illustrati, svilupparne le potenzialità culturali, artistiche e comunicative per adulti e bambini.
Seppure il libro rimane il contenitore privilegiato per le sue immagini, negli ultimi anni ha cominciato un lavoro di ricerca grafica e pittorica fuori dalle pagine, sino a sconfinare sulle pareti, con lavori sui temi del mare e della botanica, esposti in occasione di alcune mostre personali.
Nel suo lavora è interessata alla ricerca attraverso la sperimentazione. Ha creato immagini e illustrazioni per video, oggetti e stoffe.
La natura riletta, ridisegnata, interpretata in un segno sintetico selettivo e poetico è uno dei temi prediletti nella sua ricerca artistica.

Dove vivi?

Vivo a Catania, in Sicilia.

Che lavoro fai?

Per lavoro dipingo, disegno, racconto storie . Soprattutto illustro e qualche volta scrivo libri per bambini.

Com’è cambiato il tuo lavoro da quando devi svolgerlo da casa?

Io lavoro sempre a casa, perché il mio studio è nell’appartamento dove vivo. Quindi non è cambiato molto, nel luogo, ma risento come tutti della preoccupazione generale, e mi sto impegnando per cercare di non farmi prendere dalla paura o andare nel panico, concentrarmi o perdermi nel lavoro mi aiuta.
Chi lavora come freelance in genere è allenato ad autoregolamentare la propria giornata .

Con chi sei in casa?

In verità di solito sono sola per tutto il giorno. Mio marito è al lavoro, i miei figli sono grandi e studiano e lavorano fuori ma adesso che tutte le attività sono sospese sono a casa, e questo mi ha fatto ritornare indietro nel tempo a quando erano bambini, anzi un po’ meglio perché ora qualche volta mi preparano degli ottimi pranzetti!

Cosa fai in questi giorni di reclusione casalinga forzata?

Cerco di fare tutto quello che facevo prima, mi sveglio faccio colazione ed è in questo momento che in genere faccio mente locale su come organizzare la giornata, cosa devo finire o iniziare, consegnare, poi vado in studio, controllo mail e si comincia. Confesso che i primi giorni mi sono sentita spaesata, ho sentito venire dall’esterno questo clima di sospensione, come un ALT GIOCO, che non mi ha fatto vagare per casa senza riuscire a concentrarmi su niente, frastornata dai TG.

Adesso pian piano sto ritrovando la mia dimensione lavorativa. Ho ripreso anche a fare le mie camminate, in solitario, o di prima mattina o nel tardo pomeriggio.
Attraversare, lungo tutta la via Etnea, Catania deserta alle 7,30 del mattino è di una bellezza esagerata.

Stai usando o hai pensato di usare questo strano periodo come occasione per fare qualcosa che non avevi avuto modo o tempo di fare?

Si, sto tentando di sviluppare un progetto che avevo in sospeso da tanto tempo, ma che presa da scadenze e consegne incatenate l’una alle altre non ero riuscita a sviluppare. Approfitto del fatto che è saltata la Fiera del Libro di Bologna di aprile.
In verità sono saltati anche altri impegni come corsi che dovevo tenere nelle scuole, presentazioni e altre partecipazioni a Festival , il che naturalmente di per se non è per niente un fatto positivo, ma volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, ha fatto guadagnare un po’ di tempo per me.

Qual è il posto che ti manca di più?

Mi mancano le case degli amici, dove andare a cenare, incontrarsi, o anche passare per un caffè. Mi manca andare il sabato mattina tra la gente a curiosare (qualche volta a disegnare). Mi manca il cinema.

Qualche consiglio per letture, visioni o attività per ammazzare il tempo?

Se avete 5 minuti, accendete il computer e andate qui, cliccate su “schermo intero” e mettetevi in modalità relax . È una animazione 2D che ho realizzato (con il supporto tecnico di M.Vinci) a partire dalle mie illustrazioni create per una poesia sul potere della parola di costruire un mondo nuovo, scritto da Cosetta Zanotti, Vorrei dirti edizioni fatatrac, musica Ravel, Jeux d’eau.

Per le famiglie con bambini: costruite, decorate, scrivete insieme qualcosa di bello che poi possa restare come memoria di questo tempo passato insieme.
Inventate una storia, oppure dipingete un lenzuolo con degli stampini fatti con le patate, internet è piena di tutorial.

Io in questo periodo sono dentro al primo volume, Gli anni della leggerezza, della saga dei Cazalet di Elizabeth Jane Howard. È una lettura adatta al tempo ritrovato di questi giorni.
Proprio oggi ripensavo, pur nella grande diversità, ad un altro momento in cui le nostre abitudini sono state obbligate a cambiare: la crisi energetica del 1973, io di quel difficile periodo di austerity ricordo solo le bellissime gite in bicicletta fatte con la mia famiglia.

In copertina: “Interior of living room of married couple living in remodeled boxcar. Earl Fruit Company ranch. Kern County, California”, di Lee Russell, 1940 (fonte: digitalcollections.nypl.org) | elaborazione grafica: Frizzifrizzi.

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