L’arte di starsene a casa

interviste al tempo della Covid-19 — ventiduesima puntata

In occasione di queste giornate di ritiro domestico forzato, noi di Frizzifrizzi abbiamo pensato di pubblicare una serie di piccole interviste a professionisti e artisti che stimiamo per dare ai nostri lettori un po’ di potenziali consigli per tirare fuori qualcosa di buono da questo periodo buio (e poi perché, semplicemente, siamo curiosi).

In ogni puntata daremo parola a diverse persone.
Le domande sono uguali per tutti.
Gli ospiti di questa ventiduesima puntata sono: Caterina Di Paolo, Saul Marcadent, Azeb Lucà Trombetta, Ilaria Rita Renoldi e Laura Anastasio.

Caterina Di Paolo

@cateoctopuss

Si è laureata in Filosofia del linguaggio a Venezia, ha lavorato come redattrice in varie case editrici a Roma e poi si è diplomata in Comunicazione e design per
l’Editoria dell’ISIA di Urbino.
Lavora come redattrice, grafica e illustratrice freelance per l’editoria: è coordinatrice
editoriale della rivista di AIAP Progetto grafico, ha illustrato il libro Lupus in fabula uscito
per Erickson nel 2017 e sta illustrando la serie di picture book Storie nella storia per
Settenove.
È tra le fondatrici del collettivo BEKKO con cui produce il giornale per bambini
M.O.L.L.A. e la rivista femminista Frute.

Dove vivi?

Vivo a Milano da tre settimane prima del lockdown.

Che lavoro fai?

Faccio l’illustratrice, la redattrice e la grafica freelance soprattutto per l’editoria.

Com’è cambiato il tuo lavoro da quando devi svolgerlo da casa?

Lavoro a casa da tre anni, ma mentirei se dicessi che non è cambiato niente: da poco sono cambiate la casa e la città; ho una sedia girevole gialla, una scrivania blu con un vano dove nascondo i mille cavi della tavoletta grafica e una lampada verde che si può direzionare in modi molto fantasiosi. Ma soprattutto, non posso uscire.
Sto continuando a lavorare, seppur con qualche rallentamento per ora non preoccupante — ma sto a occhi aperti, abitando il mondo instabile dell’editoria.
Mi sono trasferita a Milano anche per creare nuovi contatti, ma mi è stato presto chiaro che dovrò aspettare un po’.

Tre cose belle: sto (con le rispettive mitiche redazioni) lavorando al numero di Progetto grafico sul tema del Profano e al numero di M.O.L.L.A. sul tema del corpo. Poi, a pandemia risolta — o almeno attenuata — si potrà comprare il libro Small faces: è una raccolta di miei ritratti (nel senso che sono ritratti disegnati da me, non ritratti della mia faccia), pubblicati dalle venerabili Edizioni Minoritarie — si può già preordinare sul loro sito.

Con chi sei in casa?

Sono in casa con Erri, il mio ragazzo. Siamo passati da una convivenza a una über-convivenza in un soffio, ma ce la stiamo cavando bene.

Cosa fai in questi giorni di reclusione casalinga forzata?

Mi sveglio, faccio colazione e vado sul balcone, dove c’è sole circa dalle dieci alle undici e mezza.
Leggo (in questo momento i Diari di Etty Hillesum).
Lavoro, poi cerco di disegnare, e questa cosa in particolare decide come andrà la giornata: se imbrocco il disegno posso rimanere lì ore.
Negli ultimi giorni ho trovato una via per un progetto segreto, una storia camuffata a cui tengo, e quindi sto disegnando molto. Nei giorni scorsi invece mi ci dannavo sopra, con la sensazione di fare un passo avanti e dieci indietro. Non per un’idea di produttività (disegnare non è solo il mio lavoro), ma per questo clima pesante che mi rende più esposta a sbalzi d’umore. Cerco comunque, per quanto posso, di essere paziente con me stessa (non sono mai stata molto brava).

Ho dei momenti di sconforto; allora ripenso al percorso che ho fatto con la mia ultima terapeuta, che si è concluso un paio di mesi fa e che mi ha dato molti strumenti importanti.
Cerco di fare sport (quasi) tutti i giorni.
Certe volte scrivo a mano i palinsesti di Decamerette, un progetto della mia amica Natalia Laterza a cui a volte partecipo.
Quando ho giga (annoso problema, non ho avuto il tempo di farmi mettere la fibra in casa nuova) guardo film: tra gli ultimi uno che ho amato alla follia, di cui ho parlato per giorni e che clamorosamente non avevo ancora visto è stato Il settimo sigillo.

Stai usando o hai pensato di usare questo strano periodo come occasione per fare qualcosa che non avevi avuto modo o tempo di fare?

Ho la piccola usanza di portarmi in ogni casa nuova un libro di Primo Levi che non ho ancora letto. Uso i suoi libri come le mollichine nel bosco: non sono infinite, quindi le raziono, ma mi aiutano a trovare una via. Sapendo che i suoi libri non sono infiniti, purtroppo, li leggo a distanza di tempo; questa usanza privata ha reso la lettura di Levi un evento per me doppiamente straordinario.
E quindi come prima cosa, appena ho capito che non sarei uscita di questa casa a lungo, ho cominciato a leggere Se non ora, quando?, che mi ha tenuto compagnia, confortata, illuminata nel primo periodo.
La sua capacità di leggere gli altri, di capire e dire che siamo complessi sempre, doloranti o felici, nella vita civile o in quella dura — è un respiro e un obiettivo a cui ambire, da ricordarmi.
Per il resto avrei voluto usare questo tempo per imparare a fare la spaccata come James Brown o la posizione del corvo come la bellissima atleta asiatica dell’applicazione Nike, ma credo che entrambe le eventualità non si avvereranno.

Qual è il posto che ti manca di più?

Mi manca in modo feroce la strada su cui corro in Friuli, da Spilimbergo (la mia cittadina) a Baseglia a Gaio fin dentro il bosco di Valeriano. Prima che succedesse tutto stavo valutando di correre la mia prima mezza maratona, volevo fare quella di Roma. Ma niente batte quella strada: i campi quasi astratti, il San Cristoforo dipinto sulla chiesetta di Baseglia, il piccolo cimitero di Gaio dove una volta, per caso, ho trovato il nome di una persona cara e mi sono emozionata, lo stupido cane che mi rincorre tutte le sante volte, le colline che danno sul Tagliamento, respirare fortissimo l’odore del bosco sudata fin nelle budella.
Ho sognato tante volte quelle corse e appena torno in Friuli ho intenzione di correre finché svengo.

Qualche consiglio per letture, visioni o attività per ammazzare il tempo?

Ho già fatto qualche titolo sopra, ma rincaro la dose: tra i libri direi La repubblica del Catch di de Crécy; Diario degli errori di Flaiano; Il silenzio è cosa viva di Chandra Livia Candiani; le poesie di Federico Tavan, Dario Bellezza, Nino Pedretti.

Tra gli audiolibri gratuiti di Ad alta voce: Limonov, La pelle e Guida galattica per autostoppisti.

Tra i film, un horror fuori dal comune a cui ho ripensato molte volte: Trouble every day (traduzione italiana del titolo orribile, che non citerò).

La notizia terribile della morte di Mirko Zagor dei Camillas mi fa dire al mondo: ascoltate i Camillas se non li conoscete. Fanno bene.

Saul Marcadent

@saulmarcadent

L’editoria indipendente, alternativa e di nicchia è il centro dei suoi interessi e pubblicherà presto un libro per Marsilio Editori sulle relazioni tra pratiche editoriali e pratiche curatoriali.
Dal 2012 cura progetti editoriali, espositivi e performativi in collaborazione con istituzioni pubbliche e private, con speciale attenzione al linguaggio della moda e alla cultura visuale.
Nel 2018 ha concluso un dottorato all’Università Iuav di Venezia dove attualmente è assegnista di ricerca.

Dove vivi?

In un appartamento di tre stanze al primo piano di un palazzo affacciato su un giardino. L’ho pensato per cinque anni come un pied-à-terre, ora è il posto dove vivo.

Che lavoro fai?

Sono un curatore e ricercatore, ho un assegno di ricerca in corso all’Università Iuav di Venezia.

Com’è cambiato il tuo lavoro da quando devi svolgerlo da casa?

Alcune cose sono cambiate, altre no. Alcune consulenze sono in standby, altre collaborazioni hanno preso una forma diversa. Certamente il ritmo è mutato profondamente.
Credo però di avere preso le misure con questa inaspettata quotidianità. Scrivo, progetto, faccio lezione, leggo, tengo sotto controllo la posta, comunico: azioni che facevo prima e che continuo a fare ora. Senza però spostarmi e sempre con uno schermo, grande o piccolo, di fronte.

Con chi sei in casa?

Vivo da solo.

Cosa fai in questi giorni di reclusione casalinga forzata?

Faccio tutto più lentamente.

Stai usando o hai pensato di usare questo strano periodo come occasione per fare qualcosa che non avevi avuto modo o tempo di fare?

Ogni tanto interrompo il flusso del lavoro per leggere una rivista o un libro sul balcone.
Faccio il giro dell’isolato e osservo i vicini.
Mi incontro su Zoom con la mia famiglia al completo.
Tengo d’occhio una pianta che grazie alla luce in casa sta crescendo a dismisura.
Ho scoperto il piacere della cottura al vapore.
Guardo un film ogni sera.
Sto mettendo in ordine le librerie.

Qual è il posto che ti manca di più?

Nessun posto in particolare, mi mancano alcune persone.

Qualche consiglio per letture, visioni o attività per ammazzare il tempo?

Scegliere un regista e guardare tutti i suoi film dal primo all’ultimo o dall’ultimo al primo o in ordine sparso.
Provare gratis MUBI e poi abbonarsi.
Trascorrere del tempo su Vdrome.
Abbonarsi a Stack per ricevere una rivista a sorpresa ogni settimana.

Leggere Miti d’oggi di Roland Barthes.
Ballare per I don’t dance alone, il progetto di Jacopo Miliani e Vittoria Broggini per il MA*GA di Gallarate che corre sul canale Instagram del museo.

Azeb Lucà Trombetta

@azeb_lt
@inspireontheroad

È una donna di origine etiope, cresciuta in Sicilia, che vive a Bologna. Ha un età che va dai 33 ai boh.
Una delle sue più grandi tragedie non è stata certo la guerra in Etiopia, o la fame, quanto l’assenza totale di uffici dell’anagrafe e quindi quegli hippy degli etiopi si inventano date a caso, che la mettono in confusione alla domanda: quanti anni hai?
Immaginarsi il disagio ad ogni cena/aperitivo/brunch quando si parla di astrologia, non avere niente da dire se non un triste: boh.
Ecco questa è lei. Una che, per forza di cose, per destino infame, è una comunicatrice. Perché chi si occupa di comunicazione deve avere una mente che si muove senza regole, che incrocia parole e concetti velocemente, che vede un oggetto e ne crea una storia e la racconta. O no?

Dove vivi?

Vivo a Bologna, o meglio, vivo in Bolognina e ci tengo a specificarlo perché il mio rapporto con questo pezzo di quartiere descrive molto bene me e il tempo della mia vita.
Per chi non ci fosse mai stato, attraversate il ponte Matteotti, (fatelo al tramonto) fermatevi al centro del ponte, guardate alla vostra sinistra (è il lato più romantico della ferrovia) proseguite e lasciatevi affascinare dai ragazzi in skate e poi fate un bel respiro e fatevi inondare dalla vivacità di anime che incontrerete.
Fatelo, poi vi ringrazierete.

Che lavoro fai?

Facevo l’educatrice fino a un anno fa, ma poi ho deciso di mettermi in proprio e occuparmi di imprenditoria digitale e faccio la copy per aziende private.
E sono felice (si può dire? In fondo si passa la vita a lamentarsi e se capita di essere felice bisogna dirlo).

Com’è cambiato il tuo lavoro da quando devi svolgerlo da casa?

Sinceramente, devo ancora abituarmi, ma questo succedeva anche prima della quarantena. Il tempo da gestire per me è sempre stato un problema.
Prima della quarantena preferivo lavorare nel mio bar del cuore, ora a casa con la figlia di 4 anni è decisamente complicato. Ma ci si abitua a tutto.

Con chi sei in casa?

Vivo con il mio compagno, mia figlia e il nostro basset hound Costantino.

Cosa fai in questi giorni di reclusione casalinga forzata?

Sto e cerco, in modo sbadato, di tenere ordinata la casa, cucino, cosa che amo moltissimo, e quando c’è il sole stiamo tutti in cortile. L’elemento che non ci da il diritto di lamentarci.

Stai usando o hai pensato di usare questo strano periodo come occasione per fare qualcosa che non avevi avuto modo o tempo di fare?

Dormo, tanto. Rallento il pensiero, provo a non darmi impegni. Questa per me è una novità.

Qual è il posto che ti manca di più?

Il mio quartiere, passeggiare, fare le chiacchiere al mercato Albani con le signore che mi danno i consigli di cucina. E poi mi manca organizzare i viaggi, sognare e programmare quelli fattibili.

Qualche consiglio per letture, visioni o attività per ammazzare il tempo?

I documentari. Di solito mi annoiano mortalmente, ma perché in tempi normali mi sembra di perdere del tempo. (sono strana, me ne rendo conto). Ma ora che ne abbiamo, possiamo stare anche due ore a guardare la storia di qualcosa o di qualcuno che ha fatto cose e visto gente.

Non so darvi consigli sui libri perché non riesco a leggere. Perché ho una figlia è la prima scusa, ma in realtà faccio fatica a concentrarmi, ad appassionarmi. Le cose che ho fatto nella vita hanno sempre un momento di condivisione e discussione con altri. Guardare un film o leggere spesso voleva dire poterne parlare con altri davanti a un bicchiere di vino. Sono sempre stati i miei elementi di socialità.

Ilaria Rita Renoldi

ilariarenoldi.it
@ilaria.rita.renoldi

Ha lavorato come art director in varie agenzie di pubblicità, dal giorno del suo compleanno del 2011 è freelance, continuando su questa strada.
Si occupa di docenza in un programma di reinserimento scolastico e insegna elaborazione digitale dell’immagine allo IED di Milano.
Da tre anni ha ripreso a studiare fotografia per colpa di un master con Oliviero Toscani e per merito di Emilio Resmini, della Fondazione Forma Meravigli. Attualmente segue un progetto visivo nell’ambito della musica elettronica indipendente.
Vorrebbe fare di più.

Dove vivi?

All’incrocio di tre province (Milano, Como e Varese).

Che lavoro fai?

Mi occupo di comunicazione visiva, insegno grafica e mi appassiono di fotografia (quest’ultimo è il mio lavoro preferito).

Com’è cambiato il tuo lavoro da quando devi svolgerlo da casa?

Non è cambiato molto a livello pratico, da freelance ho sempre gestito progetti a distanza grazie alla tecnologia. Sono cambiate le relazioni è stato penalizzato il contatto sociale fondamentale per la docenza. L’empatia è sempre stato il mio canale privilegiato, per comprendere gli altri ho dovuto smettere di osservare i volti e iniziare ad ascoltare il tono della voce on line. Ho dovuto adattarmi e sviluppare un altro senso, è stato difficile ma interessante.

Con chi sei in casa?

Con la mia famiglia, Daniele e Robin.

Cosa fai in questi giorni di reclusione casalinga forzata?

Un sacco di cose, sono abituata a coltivare molto il mio mondo interiore in modo autonomo rispetto agli altri, la casa e la reclusione casalinga rispecchiano queste dinamiche, chi ha sempre riempito in modo creativo l’interiorità non ha problemi di noia o eccessiva solitudine sociale.
Lavoro più di prima, guardo serie tv e film mai visti, mi occupo delle piante, studio un po’, ricerco, penso molto a tutto e a tutte le persone che mi mancano fisicamente.
Ecco soffro un po’ la mancanza fisica degli affetti, gli sguardi e gli abbracci.

Stai usando o hai pensato di usare questo strano periodo come occasione per fare qualcosa che non avevi avuto modo o tempo di fare?

Sistemare, riordinare. Lo spazio esterno e l’archivio dei vari progetti.
Dato che la mia attività mentale è molto complessa semplifico occupandomi di qualcosa di concreto.

Qual è il posto che ti manca di più?

Una stanza al mare.
Il mio parrucchiere.
La piscina, un posto banale ma così affascinante, dove tutti sono vestiti uguali ma sono così diversi.
Un locale dove suonano e non si vede nulla.
Un posto con l’amica che ti conosce da tanto.

Qualche consiglio per letture, visioni o attività per ammazzare il tempo?

Letture di Keri Smith: La rivoluzione creativa della vita quotidiana, una guida alla sperimentazione personale, e Il mondo immaginario di… per reimmaginare il mondo che verrà dopo tutto questo, il mondo in cui vorremmo vivere.

Visioni: la filmografia completa di Xavier Dolan, esploratore dell’inconsueto e profondo legame affettivo, delle relazioni.

Attività: coltivare una serie di desideri e sentirli sempre possibili.

Laura Anastasio

laura-anastasio.com
@lauranastasio

Attualmente vive a Milano, dove lavora come illustratrice e graphic designer freelance.
Ha studiato grafica e art direction all’Istituto Europeo di Design prima di trasferirsi per diversi anni a Londra e a Berlino.
Le sue immagini, dai tratti forti e concisi, sono caratterizzate dall’utilizzo di forme semplici e palette minimali.
I suoi lavori sono stati esposti da New York a Tokyo e sono stati riconosciuti da Society of Illustrators NYC (Silver Medal, 2019), American Illustration e 3×3 Illustration.

Dove vivi?

Milano.

Che lavoro fai?

Illustrazione e grafica.

Com’è cambiato il tuo lavoro da quando devi svolgerlo da casa?

La modalità non è cambiata. Lavoravo da casa già da prima, con tutte le difficoltà e le distrazioni (parecchie) del caso. Concentrarmi però è diventato ancora più complicato.

Con chi sei in casa?

Vivo da sola, fortunatamente, in un microbilocale.
Mi trovo molto a mio agio con la solitudine e la gestione della noia, quindi direi che mi è andata bene.

Cosa fai in questi giorni di reclusione casalinga forzata?

Diverse collaborazioni lavorative sono state messe in pausa, quindi cerco di utilizzare questo tempo in maniera “spontanea”. Non voglio lasciarmi ossessionare dalla produttività quindi provo a fare solo quello che mi viene in mente durante l’arco della giornata. Che sia un disegno, una ricetta a caso con quello che rimane dell’ultima spesa o imbucarmi alle conferenze universitarie su Zoom. Una sorta di flusso di coscienza nelle azioni, si può dire?
Questo porta ad avere un elevato numero di cose iniziate e non finite, dopo un po’ potrebbe risultare frustrante ma in questi giorni mi aiuta a sentire una soddisfacente libertà creativa.
Sto anche ascoltando moltissima nuova musica e questo mi porta alla creazione di innumerevoli coreografie estemporanee, sembra faccia bene all’umore.

Stai usando o hai pensato di usare questo strano periodo come occasione per fare qualcosa che non avevi avuto modo o tempo di fare?

Da pigrissima ho sempre evitato la palestra, adesso con enorme sorpresa mi sto appassionando allo yoga, che non avevo mai praticato prima.
Faccio 45 minuti appena sveglia, mi aiuta a resettare il cervello e a essere ben predisposta all’emozionante giornata nel bunker.
Il futuro è incerto ma la mia postura sarà perfetta.

Qual è il posto che ti manca di più?

Il Berghain (RIP).
In realtà non c’è un posto in particolare, mi manca viaggiare e mi manca la vicinanza di altri esseri umani.
Entrambi gli scenari si realizzeranno in un futuro molto distante, temo.

Qualche consiglio per letture, visioni o attività per ammazzare il tempo?

Accogliere l’ozio e la noia.
Sarebbe bello se venissero praticati senza sensi di colpa, avere la possibilità di esercitarli è l’inaspettato lusso di questo momento.
E seguire su Instagram Simon Hanselmann che sta pubblicando delle strisce giornaliere sul Covid, appuntamento serale consigliatissimo.

In copertina: “FSA (Farm Security Administration) client with canned goods. Farm, Bradford, Vermont, Orange County”, di Lee Russell, 1939 (fonte: digitalcollections.nypl.org) | elaborazione grafica: Frizzifrizzi.

co-fondatore e direttore
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