Un progetto di scrittura e illustrazione per raccontare metaforicamente quello che sta succedendo in questi tempi di Covid-19, fuori e dentro di noi. Condominio-19 è una raccolta di micro storie che ritraggono gli inquilini di un condominio immaginario, dopo quasi due mesi “dentro”.
Debolezze, paranoie, slanci: i dodici personaggi usciranno allo scoperto giorno dopo giorno e, forse, ci parleranno un po’ di noi.
Ciascun personaggio è raccontato da Leonora Sartori, “ritratto” da un illustratore diverso, italiano o internazionale. Il progetto è a cura di Bas Bleu Illustration.
Finale
I pompieri ci danno dentro con gli idranti. E ora che tutti i condomini sono fuori si respira un’atmosfera da fine messa la sera di Natale. Sara schiaffeggia suo marito Eddy. Felix abbraccia tutti. Marta fissa i suoi figli da lontano, Nina e il fratello che sembrano una cosa sola. Eddy si stacca da sua moglie e raggiunge l’ambulanza, un attimo dopo ha un mancamento, lo portano via in tutta fretta. Ricardo ringrazia quel trambusto di sirene e abbracci e acqua che nasconde il suo arrivo dalla cantina. Fradicio e in mutande. Uno dei pompieri gli dà una coperta e a Ricardo e pare un uomo davvero bello.
– Dammi le chiavi del furgone, dice Svetlana a Omar. Lui resta immobile, mentre dal cruscotto il monitor lampeggia con il segnale di emergenza della centrale: il furgone è fermo da troppi minuti e lui forse non sarà assunto.
– Dove andate? chiede.
– In Ucraina.
– Svetlana, dice Wilma, io non posso venire.
– Come vacanza, qui non va bene per te, risponde Svetlana.
Wilma guarda il condominio e si chiede quando potrà tornare a casa sua.
– Dove è questo posto? dice il corriere.
– A Est.
– Direzione Iran, Turchia, Afghanistan?
– Non proprio ma quasi, volendo.
E decidono che vogliono.
Appena il camion dei pompieri lascia la strada, un attimo prima che arrivi la volante della polizia, un furgone arancio sterza davanti al Condominio 19. Dal finestrino si vede volare un monitor che lancia luci rosse e si rompe in mille pezzi. I bambini Rivolta gridano subito «Puuuuzleeee», Oliver e Olivia si avvicinano a osservare quei frammenti. Ma nessuno, proprio nessuno, riesce a capire di cosa si tratti.
Leggi la storia lunga
Cari condomini
Finale
Avevano sentito il calore delle fiamme dell’inferno e per un attimo avevano immaginato che la vita gli sfuggisse dalle mani. Quando tutti i condomini arrivarono coi piedi per terra e i pompieri iniziarono a sparare gli idranti contro l’edifico il Condominio 19, si sentivano come chi esce dalla messa di Natale. Erano sudati, stremati e ansimanti ma respiravano un senso di rinascita e il vapore acqueo gli stuzzicava le narici. Mancava solo la cioccolata calda.
Scendere non era stato facile per Wilma, l’avevano imbragata come un cane e poi quell’uomo con la barba vestito da corriere che non la perdeva di vista e gridava ai pompieri «Piano signori piano, pacco fragile», chi era e perché le stava appiccicato? Una volta a terra le diedero da bere e Wilma si rese conto che aveva la bocca così secca che l’acqua scivolava fuori. Si lasciò versare piccole gocce da quel signore mentre si chiedeva dove fosse finita Svetlana.
Sara dava delle sberle al viso del marito. Lui non reagiva. Roteava gli occhi, tirava su col naso. Intanto Felix abbracciava tutti.
Marta era appoggiata al camion dei pompieri, era arrivata prima di tutti dal cuore dell’incendio, aveva lasciato cadere l’accendino sulle scale mentre la trascinavano giù. Fissava i suoi figli da lontano, Nina e suo fratello erano una cosa sola, coi capelli bagnati dal vapore dell’acqua sparata dalle pompe, lui con gli occhi enormi, stringeva ancora un cavallino Playmobil. Erano perfetti e indipendenti, un quadro dove lei non rientrava.
Dall’ambulanza uscì una cosa bianca che camminava lentamente. Vista la situazione vitamorte che avevano appena vissuto, l’asticella del misticismo si era alzata a dismisura e qualcuno pensò ad un miracolo, qualcun altro ad un’apparizione. Quando la figura si avvicinò e assunse le sembianze di una donna magra con una borsa tra le mani. Il signor Viraldi allargò le braccia e Giorgio le corse incontro piangendo. «Mamma!». Felix si rallegrò che non fosse la Madonna, temeva che qualcuno lassù fosse diventato vendicativo.
Eddy vide l’ambulanza e si staccò dalla moglie con lentezza. Prese a camminare sul marciapiede fino a che non si accostò all’ambulanza e si mise a parlare fitto con gli infermieri. Un attimo dopo, ebbe un mancamento. Una cosa scenica e credibile, come facevano le donne dell’alta società un tempo, mano sulla fronte, spostamento del peso all’indietro, caduta lenta, non istantanea. Venne afferrato in tempo dalle braccia come prosciutti degli infermieri. Non si girò, mentre questi gli aprivano il portellone, non salutò nessuno. Sara si mise in ginocchio e pianse. Un attimo dopo la sirena era accesa e l’ambulanza lasciava la strada in retromarcia. Sara strinse il grembiule e poi si guardò attorno. Si avvicinò a Felix. Si misero a parlare. Nessuno sa cosa si dissero.
Ricardo fu per sempre grato al trambusto di sirene e abbracci e acqua che avevano nascosto la sua uscita dalla cantina. Nessuno si accorse della sua presenza, un corpo completamente fradicio come appena uscito da una piscina, in mutande, sempre quelle da tre giorni. Appena aveva visto Svetlana arrivare in cantina aveva cercato di schiaffeggiarla. Ma lei aveva fatto una cosa pazzesca che lo aveva bloccato con la mano alta. Lei aveva sorriso. E poi pianto. E poi sorriso. E poi pianto. Ricardo era pur sempre uno delle vendite e l’animo della gente lo conosceva. La signora aveva un crollo, ma era un crollo vero. Quelle montagne russe di sentimenti che si provano nelle situazioni di picco, nascite, morti, acquisti di immobili, resurrezioni. Se fosse stato un bluff lo avrebbe riconosciuto, i trucchi li conosceva tutti. C’era anche il fatto che non vedeva l’ora di uscire da quella cantina e che l’acqua saliva, i tubi erano rotti, insomma, scapparono fuori, come ladri di pietre preziose mentre la miniera crolla alle loro spalle.
Uno dei pompieri diede a Ricardo una coperta. Ricardo strinse gli occhi che il sole gli pareva un’esplosione atomica dopo giorni al buio. In quel vedo non vedo il pompiere gli sembrò un uomo davvero bello, ma doveva essere il rilascio di endorfine e il picco di adrenalina da salvataggio. Chi poteva dirlo.
La gente delle case vicine era ammassata sui balconi, alle finestre e sui terrazzi. Col collo lungo e una mano davanti alla bocca per l’odore di fumo.
– Dammi le chiavi del furgone, disse Svetlana sbucando alle spalle del corriere.
Il corriere rimase immobile. Dal cruscotto il monitor lampeggiava come un ossesso, scagliando lampi rossi a intermittenza. Era il segnale di emergenza della centrale. Forse non sarebbe stato assunto. Il furgone era fermo da troppi minuti. Solo la sua morte avrebbe potuto giustificare una tale inefficienza. Tutto era andato a puttane. Era la fine e l’odore di bruciato nell’aria rappresentava il suo attuale stato interiore.
– Dove andate? chiese. Mentre immaginava la faccia dei responsabili. La saliva ai bordi della bocca, i colli rigidi, gli occhi come caselle Excel.
– In Ucraina.
Wilma aveva assunto l’aria rilassata di un pastore maremmano.
– Svetlana, disse, con la gola di una che non parla da tanto, io non posso.
– Come vacanza, Wilma, appartamento qui non va bene per te.
Wilma guardò la sua casa che grondava acqua. Si chiese quanto tempo sarebbe passato prima di tornarci.
– Solo per un po’.
– Dove è questo posto?, fece il corriere.
– A Est.
– Est?
– Vicino, Turchia, Iran, Afghanistan?
– Non proprio.
– Direzione?
– Stessa direzione, volendo.
E vollero.
Un attimo dopo che il camion dei pompieri ebbe liberato la strada e un attimo prima che arrivasse la volante della polizia, un furgone arancio sterzò davanti al condominio 19. Dietro di lui, fu visto volare un monitor che lanciava luci rosse che si schiantò in mille pezzi sul marciapiede. Una coppia si avvicinò. Oliver e Olivia analizzarono i pezzi con curiosità. Avevano sparpagliato i pezzi sul marciapiede e stavano formando i primi incastri quando quattro mani sudaticce si affiancarono a loro. «Puzzle!», gridarono e scomposero i pezzi, li fecero volare in aria, li presero a calci. Un attimo dopo i resti del monitor erano sparsi lungo la strada. Non seppero capire di cosa si trattasse. Ma i bambini Rivolta ne conservano qualche frammento nelle tasche.
Qualche giorno fa, quando l’incendio era solo un ricordo, mentre Wilma si spostava per la terza volta dall’ingresso fino alla sedia reggendosi sul bastone, migliaia di chilometri più in là, al terzo piano del Condominio 19, un tecnico aprì lo sportello del filtro della lavatrice e ne estrasse la gamba di un cavallo, due pietre con striature rosse, una forcina rosa e un pezzo trasparente rosso affilato. Lo alzò tenendolo fra le dita, un sorriso che gli arricciava appena le labbra e lo mostrò alla signora Rivolta. Quella inspirò e lanciò un urlo. «BAMBINI!!!».
Finale
I pompieri ci danno dentro con gli idranti. E ora che tutti i condomini sono fuori si respira un’atmosfera da fine messa la sera di Natale. Sara schiaffeggia suo marito Eddy. Felix abbraccia tutti. Marta fissa i suoi figli da lontano, Nina e il fratello che sembrano una cosa sola. Eddy si stacca da sua moglie e raggiunge l’ambulanza, un attimo dopo ha un mancamento, lo portano via in tutta fretta. Ricardo ringrazia quel trambusto di sirene e abbracci e acqua che nasconde il suo arrivo dalla cantina. Fradicio e in mutande. Uno dei pompieri gli dà una coperta e a Ricardo e pare un uomo davvero bello.
– Dammi le chiavi del furgone, dice Svetlana a Omar. Lui resta immobile, mentre dal cruscotto il monitor lampeggia con il segnale di emergenza della centrale: il furgone è fermo da troppi minuti e lui forse non sarà assunto.
– Dove andate? chiede.
– In Ucraina.
– Svetlana, dice Wilma, io non posso venire.
– Come vacanza, qui non va bene per te, risponde Svetlana.
Wilma guarda il condominio e si chiede quando potrà tornare a casa sua.
– Dove è questo posto? dice il corriere.
– A Est.
– Direzione Iran, Turchia, Afghanistan?
– Non proprio ma quasi, volendo.
E decidono che vogliono.
Appena il camion dei pompieri lascia la strada, un attimo prima che arrivi la volante della polizia, un furgone arancio sterza davanti al Condominio 19. Dal finestrino si vede volare un monitor che lancia luci rosse e si rompe in mille pezzi. I bambini Rivolta gridano subito «Puuuuzleeee», Oliver e Olivia si avvicinano a osservare quei frammenti. Ma nessuno, proprio nessuno, riesce a capire di cosa si tratti.
Leggi la storia lunga
Cari condomini
Finale
Avevano sentito il calore delle fiamme dell’inferno e per un attimo avevano immaginato che la vita gli sfuggisse dalle mani. Quando tutti i condomini arrivarono coi piedi per terra e i pompieri iniziarono a sparare gli idranti contro l’edifico il Condominio 19, si sentivano come chi esce dalla messa di Natale. Erano sudati, stremati e ansimanti ma respiravano un senso di rinascita e il vapore acqueo gli stuzzicava le narici. Mancava solo la cioccolata calda.
Scendere non era stato facile per Wilma, l’avevano imbragata come un cane e poi quell’uomo con la barba vestito da corriere che non la perdeva di vista e gridava ai pompieri «Piano signori piano, pacco fragile», chi era e perché le stava appiccicato? Una volta a terra le diedero da bere e Wilma si rese conto che aveva la bocca così secca che l’acqua scivolava fuori. Si lasciò versare piccole gocce da quel signore mentre si chiedeva dove fosse finita Svetlana.
Sara dava delle sberle al viso del marito. Lui non reagiva. Roteava gli occhi, tirava su col naso. Intanto Felix abbracciava tutti.
Marta era appoggiata al camion dei pompieri, era arrivata prima di tutti dal cuore dell’incendio, aveva lasciato cadere l’accendino sulle scale mentre la trascinavano giù. Fissava i suoi figli da lontano, Nina e suo fratello erano una cosa sola, coi capelli bagnati dal vapore dell’acqua sparata dalle pompe, lui con gli occhi enormi, stringeva ancora un cavallino Playmobil. Erano perfetti e indipendenti, un quadro dove lei non rientrava.
Dall’ambulanza uscì una cosa bianca che camminava lentamente. Vista la situazione vitamorte che avevano appena vissuto, l’asticella del misticismo si era alzata a dismisura e qualcuno pensò ad un miracolo, qualcun altro ad un’apparizione. Quando la figura si avvicinò e assunse le sembianze di una donna magra con una borsa tra le mani. Il signor Viraldi allargò le braccia e Giorgio le corse incontro piangendo. «Mamma!». Felix si rallegrò che non fosse la Madonna, temeva che qualcuno lassù fosse diventato vendicativo.
Eddy vide l’ambulanza e si staccò dalla moglie con lentezza. Prese a camminare sul marciapiede fino a che non si accostò all’ambulanza e si mise a parlare fitto con gli infermieri. Un attimo dopo, ebbe un mancamento. Una cosa scenica e credibile, come facevano le donne dell’alta società un tempo, mano sulla fronte, spostamento del peso all’indietro, caduta lenta, non istantanea. Venne afferrato in tempo dalle braccia come prosciutti degli infermieri. Non si girò, mentre questi gli aprivano il portellone, non salutò nessuno. Sara si mise in ginocchio e pianse. Un attimo dopo la sirena era accesa e l’ambulanza lasciava la strada in retromarcia. Sara strinse il grembiule e poi si guardò attorno. Si avvicinò a Felix. Si misero a parlare. Nessuno sa cosa si dissero.
Ricardo fu per sempre grato al trambusto di sirene e abbracci e acqua che avevano nascosto la sua uscita dalla cantina. Nessuno si accorse della sua presenza, un corpo completamente fradicio come appena uscito da una piscina, in mutande, sempre quelle da tre giorni. Appena aveva visto Svetlana arrivare in cantina aveva cercato di schiaffeggiarla. Ma lei aveva fatto una cosa pazzesca che lo aveva bloccato con la mano alta. Lei aveva sorriso. E poi pianto. E poi sorriso. E poi pianto. Ricardo era pur sempre uno delle vendite e l’animo della gente lo conosceva. La signora aveva un crollo, ma era un crollo vero. Quelle montagne russe di sentimenti che si provano nelle situazioni di picco, nascite, morti, acquisti di immobili, resurrezioni. Se fosse stato un bluff lo avrebbe riconosciuto, i trucchi li conosceva tutti. C’era anche il fatto che non vedeva l’ora di uscire da quella cantina e che l’acqua saliva, i tubi erano rotti, insomma, scapparono fuori, come ladri di pietre preziose mentre la miniera crolla alle loro spalle.
Uno dei pompieri diede a Ricardo una coperta. Ricardo strinse gli occhi che il sole gli pareva un’esplosione atomica dopo giorni al buio. In quel vedo non vedo il pompiere gli sembrò un uomo davvero bello, ma doveva essere il rilascio di endorfine e il picco di adrenalina da salvataggio. Chi poteva dirlo.
La gente delle case vicine era ammassata sui balconi, alle finestre e sui terrazzi. Col collo lungo e una mano davanti alla bocca per l’odore di fumo.
– Dammi le chiavi del furgone, disse Svetlana sbucando alle spalle del corriere.
Il corriere rimase immobile. Dal cruscotto il monitor lampeggiava come un ossesso, scagliando lampi rossi a intermittenza. Era il segnale di emergenza della centrale. Forse non sarebbe stato assunto. Il furgone era fermo da troppi minuti. Solo la sua morte avrebbe potuto giustificare una tale inefficienza. Tutto era andato a puttane. Era la fine e l’odore di bruciato nell’aria rappresentava il suo attuale stato interiore.
– Dove andate? chiese. Mentre immaginava la faccia dei responsabili. La saliva ai bordi della bocca, i colli rigidi, gli occhi come caselle Excel.
– In Ucraina.
Wilma aveva assunto l’aria rilassata di un pastore maremmano.
– Svetlana, disse, con la gola di una che non parla da tanto, io non posso.
– Come vacanza, Wilma, appartamento qui non va bene per te.
Wilma guardò la sua casa che grondava acqua. Si chiese quanto tempo sarebbe passato prima di tornarci.
– Solo per un po’.
– Dove è questo posto?, fece il corriere.
– A Est.
– Est?
– Vicino, Turchia, Iran, Afghanistan?
– Non proprio.
– Direzione?
– Stessa direzione, volendo.
E vollero.
Un attimo dopo che il camion dei pompieri ebbe liberato la strada e un attimo prima che arrivasse la volante della polizia, un furgone arancio sterzò davanti al condominio 19. Dietro di lui, fu visto volare un monitor che lanciava luci rosse che si schiantò in mille pezzi sul marciapiede. Una coppia si avvicinò. Oliver e Olivia analizzarono i pezzi con curiosità. Avevano sparpagliato i pezzi sul marciapiede e stavano formando i primi incastri quando quattro mani sudaticce si affiancarono a loro. «Puzzle!», gridarono e scomposero i pezzi, li fecero volare in aria, li presero a calci. Un attimo dopo i resti del monitor erano sparsi lungo la strada. Non seppero capire di cosa si trattasse. Ma i bambini Rivolta ne conservano qualche frammento nelle tasche.
Qualche giorno fa, quando l’incendio era solo un ricordo, mentre Wilma si spostava per la terza volta dall’ingresso fino alla sedia reggendosi sul bastone, migliaia di chilometri più in là, al terzo piano del Condominio 19, un tecnico aprì lo sportello del filtro della lavatrice e ne estrasse la gamba di un cavallo, due pietre con striature rosse, una forcina rosa e un pezzo trasparente rosso affilato. Lo alzò tenendolo fra le dita, un sorriso che gli arricciava appena le labbra e lo mostrò alla signora Rivolta. Quella inspirò e lanciò un urlo. «BAMBINI!!!».
Il condominio
Non praticano lo yoga. Non scambiano la pasta madre. Non cercano di far germogliare sederi di carote infilzandoli negli stecchini. Non ascoltano audiolibri. Poca musica. Alcuni hanno la tv sempre accesa. Altri no. Alcuni gridano. Altri sono chiusi in un silenzio anomalo e glaciale. Non so chi faccia più paura.
Non li ho invitati. Non li ho cercati, figuriamoci, in giornate come queste solo i documentari su balene e delfini possono aiutarci. Sono venuti fuori da soli. Ho cercato di respingerli. Distrarli. Distrarmi. ma niente da fare. Sono la cosa peggiore che si potesse immaginare. Gli esseri umani più spregevoli. Beh, magari non tutti. Qualcuno si salva.
Qualcuno si salva sempre.
L’agenzia
Bas Bleu Illustration è un’agenzia creativa che sviluppa progetti grafici e di comunicazione per raccontare la scienza e la cultura.
L’autrice
Leonora Sartori, giornalista professionista, collabora con D – la Repubblica e coordina la redazione di Houzz Italia da Berlino, città dove vive.
Ha pubblicato: Ustica (Beccogiallo, 2010) e La forma incerta dei sogni (Edizioni Piemme, 2011).
L’illustratrice
Larissa Ribeiro è un’artista brasiliana. Laureata in Architettura, si è specializzata in illustrazione seguendo corsi internazionali in Italia, Spagna e UK. Tra i suoi interessi la rappresentazione di genere nella comunicazione visiva e l’impegno per la parità, concretizzato anche nella fondazione dei magazine femministi AzMina e Mulheres Ilustradoras. A San Paolo ha fondato e lavora presso lo Estúdio Rebimboca.
Acquista l’illustrazione
I ritratti dei personaggi sono in vendita e il ricavato sarà devoluto alla ong Medici con l’Africa Cuamm per contrastare il coronavirus in Africa.