L’angolo di una carta di Haribo galleggia nell’aria e plana vicino alle mie scarpe impacchettate nel cellophane. Faccio due passi in avanti, sciaf, sciaf, e la raccolgo. Non so da dove venga questa cartina e nemmeno di chi sia. Per quello che ne so, sono da sola a casa. Infilo l’accendino in tasca e mi guardo intorno. Tutto è fermo. Gli aerei, la città, le auto, i negozi, gli autobus, il condominio. Non si sente nessun passo al piano sopra, dalla strada arrivano solo gli strilli rauchi degli uccellini che si riproducono. Beati loro. Fuori è primavera. Ma in casa la temperatura è quella del frigo. Dicono che il caldo potrebbe ammazzare il virus. Io finora ho sempre avuto più fiducia nel congelamento. Non per nulla, ho l’abbonamento al camion dei surgelati. Il freddo forse non sconfiggerà il virus, ma di sicuro lo blocca e lo intontisce. Serve una temperatura più bassa. Il frigorifero non basta. Apro anche la porta del freezer.
Biiip. Messaggio dalla maledetta chat della classe. Ecco le mamme vigliacche in pausa caffè.
«Coraggio ragazze! La quarantena è un’occasione, ecco la mia lista di lavoretti fatti oggi», piccolo smile giallo.
Sticazzi. «Oggi ho fatto il pane, la pizza. Video. Pilates. Respirazione…» Immagini di compiti immacolati. Arcobaleni storti. Bambini puliti.
Con la tua lista ti ci puoi soffocare, cara Mamma di Roberta, 3ª D.

Sono chiusa in casa da tre settimane. Ho un vago ricordo della vita di prima. Grida, volante, chiavi, scarpe, strette di mano, pizzerie, visite mediche, partite di calcio. Ho la sensazione che prima non fossi da sola. Mi pare che ci fosse qualcun altro intorno a me. Chiunque fosse. Ora non c’è.
Non lo voglio questo tempo. Mi ricorda la noia delle estati di quando ero bambina. Un silenzio colloso mi afferrava le caviglie nella casa delle vacanze, vigliacco appiattiva ogni fruscio e mi lasciava sola con le grida dentro casa. Piatti che sbattevano dentro ai timpani. Vacanze d’estate assassine. Questo tempo vuoto non lo voglio. Alzo la Tv. Ma il silenzio resta. Ci sono delle grida. La gente è facile che impazzisca. Mi metto i guanti di lattice. Ho lo sgrassatore al profumo di Marsiglia e la bottiglia di alcol rosa nell’altra mano. Quel virus potrebbe essere ovunque. Il virus vede, ascolta, e sparge. Se ne va in giro. Racconta i nostri segreti. In breve tutti sapranno che mio marito se ne è andato. Come aveva fatto mio padre. Il condominio verrà a sapere che sono una donna sola.

Per sconfiggere il virus, metto in ordine. Lo consigliavano tutti i magazine e avevano ragione. Ho deciso di eliminare il superfluo. Perché in questi giorni il tempo si allarga, non scorre e la polvere cala su ogni cosa. Me la sento addosso, mi scende sulle spalle. La sento in bocca, la macino con la lingua. La percepisco persino quando mi siedo sul water.
Sento qualcuno suonare la batteria. La gente è facile che vada fuori di testa. Lo capirei. Una ditata sulla maniglia. Soffio e spruzzo. L’alcol distrugge, il profumo di Marsiglia rende tutto accettabile e onesto. Io spruzzo di nuovo. Non serve nemmeno passare la spugna. Ho sentito che per essere efficace l’alcol deve colare lentamente sulle superfici e restarci per almeno 24 ore. La mia casa cola come il naso di un bambino. Spruzzo sulle lenzuola. Il lavaggio a 90 gradi non è mai stati abbastanza, restano sempre delle cose sulle lenzuola, ricordi di dita, briciole di corpi che non stanno fermi, microparticelle di mariti traditori. Dicono che il silenzio faccia rumore. Hanno ragione. Fa un cazzo di rumore di batteria. Pentole, forse. Colpi, sicuramente. Io li sento davvero.

– Chi è che batte!?, grido. Nessuna risposta.

Spruzzo anche il materasso, ci metto sopra le lenzuola. Spruzzo anche quelle, righe rosa colano dal letto in noce scuro. Sembra la pipì finta della pubblicità. Il rumore aumenta, deve essere il virus che ha capito. Prendo l’accendino e lo avvicino al tappeto. Ha chiazze rosetta e sembra una mucca. Dicono che nei tappeti si annidino anni di polvere, batteri di ogni genere. Il virus si sarà installato lì. Dicono anche che il caldo lo terrà lontano. Io non aspetto che arrivi l’estate. Questa primavera è stressante come un masso. Ciao Ciao. Eccolo che brucia via.

– Mamma!

Una voce viene dalla stanza chiusa. La chiave è nella toppa. Ricordo di averla aperta stamattina, di averci infilato un vassoio di cibo e di averla girata di nuovo nella toppa. Sono una brava madre. Mio marito dovrebbe vedermi adesso. Perfetta nella pulizia più approfondita. Quando tutto sarà stato disinfettato dal fuoco, lui tornerà da me. Da noi.

– Mamma!

Apro la porta. Mio figlio mi guarda con un omino col cappello da cow boy in mano. Lo sbatte sopra ad una pentola. Quanto assomiglia a suo padre. Lo stesso sguardo imprevedibile.

– Mamma! Mia sorella non c’è più.