In passato ho più volte parlato dello splendido lavoro di recupero di archivi fotografici che sta svolgendo la piccola casa editrice indipendente Yard Press, fondata nel 2014 da Giandomenico Carpentieri e Achille Filipponi, in particolare dedicando un articolo a Diamond Dogs, che raccoglie gli scatti fatti dal fotografo Toty Ruggieri in un locale simbolo della controcultura napoletana degli anni ’80, e un altro alla Palermo punk di quello stesso decennio, che esce dalle foto di Fabio Sgroi, protagoniste del volume Palermo 1984—1986.
Alle immagini di questi due libri, insieme a quelle della scena del punk genovese, immortalata da Antonio Amato in Genova 1981—1983, viene ora dedicata un’esposizione, GENOVA NAPOLI PALERMO. La sottocultura punk nell’Italia degli anni ’80, curata da Valentina Sestieri e nata grazie alla collaborazione tra alcune belle realtà culturali e artistiche palermitane, a partire da Baco about photographs, uno spazio espositivo, camera oscura e centro di produzione di progetti fotografici, che ha ideato la mostra e l’ha curata, in co-produzione con Minimum Studio, uno spazio che ospita e promuove iniziativa in ambito creativo, organizza dibattiti, mostre e progetti educativi. Ad occuparsi del poster dell’evento è Tomo Studio, mentre le stampe esposte sono opera di Cutterfish lab, laboratorio di stampa fotografica situato dentro a Minimum e gestito insieme a Baco.
Ad unire idealmente le fotografie di GENOVA NAPOLI PALERMO, oltre al fatto di essere state pubblicate da Yard Press e di riflettere un lato poco conosciuto delle sottoculture degli anni ’80 (il punk italiano, ovviamente ispirato a quelli del Regno Unito e degli Stati Uniti, ha sempre avuto le sue peculiarità ma non ha mai goduto, a differenza delle scene d’oltremanica e oltreoceano, di molta copertura stampa, tranne che sui trafiletti scandalizzati tra le pagine di cronaca, sugli editoriali moralizzanti dei benpensanti o — ridotti a banali curiosità — sulle rubrichette di costume), oltre a questo, dicevo, c’è anche il fatto che tutte e tre le città sono portuali: dettaglio non da poco, in un’epoca in cui l’Italia correva verso la post-industrializzazione e le trasformazioni sociali, territoriali e politiche si facevano sempre più aspre.
Tra la Napoli post-terremoto, la Genova della lotta armata e la Palermo delle stragi mafiose, negli scantinati fatiscenti e nei garage, tra i vicoli e le periferie, nei locali pieni di fumo, di ormoni e di sudore, si poteva ascoltare «un sottofondo rumoroso, caotico e vibrante. Una linea di basso continuo che si diffonde riecheggiando fino ai giorni nostri. Un’energia vitale, violenta e travolgente, concorre a creare situazioni, costruire relazioni ed esperienze autentiche fino al midollo, complice l’innata rabbia creativa di una gioventù allora forse a malapena maggiorenne», come scrive Noemi Gentiluomo nel testo che accompagna la mostra.
Già allora, come oggi, l’adolescenza veniva vista, raccontata e vissuta — da coloro che adolescenti non lo erano più — come una malattia, come qualcosa da curare e, qualora non sia possibile, allontanare, reprimere, debellare. Chi visiterà GENOVA NAPOLI PALERMO potrà certamente farlo con lo spirito del nostalgico, dell’antropologo o dello studioso dei fenomeni di costume, ma forse è più interessante farlo con un occhio ben piantato nell’attualità: quell’energia c’è ancora? Dove sta? La stiamo lasciando divampare oppure, ancora una volta, cerchiamo di soffocarla in tutti i modi?