Chi era Giacomo Calò?

Nel suo indispensabile saggio La camera chiara, il semiologo francese Roland Barthes definisce il celebre noema della fotografia, e cioè che ciò che appare in foto «è stato»: qualcuno o qualcosa si è piazzato effettivamente davanti l’obiettivo nel dato tempo e nel dato luogo in cui è stato effettuato lo scatto.
«Ogni fotografia» scrive Barthes «è un certificato di presenza. Questo certificato è il nuovo gene che l’invenzione della Fotografia ha introdotto nella famiglia delle immagini. L’uomo che contemplò le prime foto (per esempio Niepce davanti a La tavola apparecchiata) dovette pensare che esse somigliassero come due gocce d’acqua a dei dipinti (sempre la camera obscura); egli sapeva tuttavia di trovarsi faccia a faccia con un mutante (un Marziano può assomigliare a un uomo); la sua coscienza poneva l’oggetto incontrato al di fuori di ogni analogia, come l’ectoplasma di “quel che era stato”: né immagine né reale, ma un essere nuovo in tutto e per tutto: un reale che non si può più toccare».

Prima dell’avvento del digitale — che ha abbattuto i confini che rendevano distinguibile il vero, il verosimile e il falso — un’immagine fotografica era dunque una testimonianza di esistenza: ciò che rappresentava era, a un certo punto, successo davvero. E il “gesto fotografico” fondamentale, al di là di qualsiasi velleità artistica, era proprio quello di testimoniare, di lasciare una traccia, una prova.
«È il gesto fotografico primario, quello di chi vuole marcare la propria presenza, lasciando una prova della propria esistenza: un pizzicotto, per essere sicuri di non star sognando» scrivono Andrea Campesi e Valentina Sestieri, che nel 2017 hanno fondato a Palermo BACO about photographs, una realtà culturale che si occupa di esposizioni e produzione di progetti fotografici, e che poche settimane ha esordito anche come casa editrice, pubblicando il volume Giacomo Calò. Il mio sogno, che ruota interamente attorno proprio alla fotografia come “pizzicotto”, come testimonianza di sé.

Foto tratta da “Giacomo Calò. Il mio sogno”, BACO about photographs, 2022
(courtesy: BACO about photographs)
Foto tratta da “Giacomo Calò. Il mio sogno”, BACO about photographs, 2022
(courtesy: BACO about photographs)
Foto tratta da “Giacomo Calò. Il mio sogno”, BACO about photographs, 2022
(courtesy: BACO about photographs)

Protagonista è l’uomo che dà il titolo al libro, tale Giacomo Calò, vissuto nel secondo dopoguerra. Sappiamo pochissimo di lui, a parte che ha cominciato a ritrarsi poco dopo la guerra, inizialmente all’Arenella — un tempo borgo di pescatori sulla costa nord di Palermo —, per poi continuare a scattare autoritratti in giro per il mondo, come cameriere sulle navi da crociera.
Lo vediamo sulla spiaggia, al porto. Lo ritroviamo sul ponte di qualche enorme nave, impeccabilmente vestito di bianco. È in posa per le strade o arrampicato sugli alberi, accanto a una moto o un’auto di lusso, in un’occasione persino a un piccolo aereo da turismo, oppure davanti a meravigliosi panorami, a volte esotici. O ancora a interpretare, rivoltella in mano, quello che sembra un personaggio uscito da un hard boiled d’epoca.

«Giacomo si ritrae ossessivamente; nelle foto troviamo sempre e solo lui e non i luoghi sorprendenti che visita, che scopriamo solo grazie alle note segnate nel retro delle stampe» spiegano Sestieri e Campesi, che hanno scovato le sue foto — un centinaio, ingiallite dal tempo — al mercatino delle pulci di Piazza Marina a Palermo.
Come Erik Kessels con i suoi straordinari progetti editoriali nati da foto ritrovate, anche i due fondatori di BACO sono rimasti stregati dalla potenza narrativa del tesoro in cui si sono imbattuti, e hanno appunto dato vita a un libro, prodotto in un’edizione limitata di 300 copie, che raccoglie 127 fotografie di Calò. A dare il titolo all’opera è l’ultima, uno scatto colorato a mano in cui il protagonista posa felice sotto a un cartello con su scritto “IL MIO SOGNO”.
Né noi né Campesi e Sestieri potremmo mai davvero saperlo, ma forse Giacomo Calò il suo l’ha vissuto davvero.

“Giacomo Calò. Il mio sogno”, BACO about photographs, 2022
(courtesy: BACO about photographs)
“Giacomo Calò. Il mio sogno”, BACO about photographs, 2022
(courtesy: BACO about photographs)
Foto tratta da “Giacomo Calò. Il mio sogno”, BACO about photographs, 2022
(courtesy: BACO about photographs)
Foto tratta da “Giacomo Calò. Il mio sogno”, BACO about photographs, 2022
(courtesy: BACO about photographs)
“Giacomo Calò. Il mio sogno”, BACO about photographs, 2022
(courtesy: BACO about photographs)
“Giacomo Calò. Il mio sogno”, BACO about photographs, 2022
(courtesy: BACO about photographs)
Foto tratta da “Giacomo Calò. Il mio sogno”, BACO about photographs, 2022
(courtesy: BACO about photographs)
Foto tratta da “Giacomo Calò. Il mio sogno”, BACO about photographs, 2022
(courtesy: BACO about photographs)
“Giacomo Calò. Il mio sogno”, BACO about photographs, 2022
(courtesy: BACO about photographs)
“Giacomo Calò. Il mio sogno”, BACO about photographs, 2022
(courtesy: BACO about photographs)
Foto tratta da “Giacomo Calò. Il mio sogno”, BACO about photographs, 2022
(courtesy: BACO about photographs)
Foto tratta da “Giacomo Calò. Il mio sogno”, BACO about photographs, 2022
(courtesy: BACO about photographs)
“Giacomo Calò. Il mio sogno”, BACO about photographs, 2022
(courtesy: BACO about photographs)
“Giacomo Calò. Il mio sogno”, BACO about photographs, 2022
(courtesy: BACO about photographs)
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