La cronaca della Palermo degli anni ’80 nel libro che raccoglie gli scatti di Fabio Sgroi per il quotidiano L’Ora

Ricordo quegli anni come un momento storico molto cruento. L’atmosfera in città era molto pesante, perché gli omicidi non riguardavano più soltanto la cerchia dei clan mafiosi, ma cominciavano a estendersi oltre, negli ambienti della politica e dell’imprenditoria. Per rendere l’idea: qualche anno prima, mentre andavo di primo mattino alla fermata dell’autobus che mi portava al liceo, mi ero imbattuto in un corpo inerte disteso pancia a terra sulla strada deserta. Era la vittima di una tipica esecuzione mafiosa.
Quando iniziai a collaborare con L’Ora avevo vent’anni.

Cresciuto nella Palermo punk degli anni ’80, che immortalò in numerosi scatti confluiti poi in un bel volume pubblicato qualche anno fa da Yard Press, il fotografo Fabio Sgroi iniziò a farsi le ossa come professionista al quotidiano L’Ora, all’epoca in prima linea nella lotta alla mafia, lavorando per conto del giornale nell’agenzia Informazione Fotografica, fondata da Letizia Battaglia e Franco Zecchin.

29 gennaio 1988.
Interni della sede del quotidiano L’Ora a Palermo.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)

Tra i primissimi fatti di cronaca che Sgroi si ritrovò a documentare ci fu il ritrovamento del cadavere di Salvatore Marino, un calciatore arrestato durante le indagini per la morte del commissario Beppe Montana, ammazzato dalla mafia. Il corpo di Marino fu ritrovato sulla spiaggia, abbandonato lì dalla squadra mobile dopo ore di torture.
Erano gli anni, quelli, in cui la cosiddetta Seconda guerra di mafia si era appena conclusa, gli anni della costruzione della famosa aula bunker all’Ucciardone e, soprattutto, gli anni del maxiprocesso.
«Per quell’occasione» racconta Sgroi «mi prestarono un corpo macchina, una Voigtländer che si bloccava, così ad ogni scatto dovevo togliere l’obbiettivo, abbassare lo specchio, rimontare la lente e riscattare. Dovetti ripetere la procedura per tutta la pellicola».

Negli scatti di quel periodo ci sono cadaveri e auto crivellate di proiettili, bare e folle radunate ai funerali o a curiosare sul luogo di un crimine. Ci sono Falcone e Borsellino, i momenti del maxiprocesso, i politici che fanno la passerella tra le strade di Palermo. E poi le manifestazioni, le proteste degli operai, la povertà delle famiglie dei quartieri popolari. Ma accanto alla “nera” appaiono anche i reportage — come quello dell’86 sulle notti palermitane — e momenti più leggeri, come Ilona Staller che la vigilia di Natale del 1987 presenta la sua candidatura per il Partito Radicale, o Moana Pozzi che poche settimane prima è al cinema Étoile, sala a luci rosse nel centro della città.

25 novembre 1985.
Palermo, piazza Croci, i primi soccorsi subito dopo l’impatto di una delle vetture che scortava Borsellino.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
26 novembre 1985.
Paolo Borsellino. Capaci, funerali di Biagio Siciliano, lo studente ucciso dallo sbandamento di una delle tre auto di scorta del magistrato contro una fermata dell’autobus di fronte alla sua scuola, il liceo classico Meli.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)

Il bianco e nero di Sgroi — suo marchio di fabbrica, adottato dapprima perché, semplicemente, nelle redazioni dei giornali si lavorava così («La rotativa chiudeva intorno a mezzogiorno» spiega, «e dato che il giornale usciva nel primo pomeriggio, per coprire gli articoli dei giornalisti bisognava precipitarsi sul posto. Subito dopo si entrava in camera oscura a sviluppare i negativi; una volta asciutti, si stampavano le foto in carta politenata, formato 13×18, e si consegnavano al più presto in sede, a volte ancora bagnate»), poi diventato parte integrante del suo linguaggio fotografico anche negli anni a venire — è caldo e pastoso, mentre lo sguardo della fotocamera si avvicina o s’allontana, talvolta registrando la realtà dalla debita distanza che occorre per comprenderne il contesto, talvolta gettandosi invece in mezzo alla gente. «A Palermo dovevi stare attento a chi fotografavi» disse il fotografo in un’intervista di Marta Federici uscita l’anno scorso su Flash Art. «Nelle occasioni delle feste rionali, ad esempio, dovevo sempre avere un occhio vigile. E forse questo mi ha formato, mi ha aiutato ad affinare un certo tipo di intuito, a capire se posso avvicinarmi oppure no a un soggetto».

Le fotografie del periodo passato a lavorare per il quotidiano palermitano sono oggi raccolte in Chronicles of the Newspaper L’ora. Palermo 1985–1988, nuovo volume di Union Editions ed ennesima opera nata a partire dagli archivi di Sgroi dopo il succitato libro Palermo 1984–1986, Early works, e dopo Palermo 90, sempre per i tipi di Union Editions, e il recentissimo Archivio Volume Uno, dato alle stampe da Baco about photographs.

Stampato in un’edizione limitata di sole 300 copie, il libro si può pre-ordinare online.

Fabio Sgroi

Chronicles of the Newspaper L’Ora. Palermo 1985 – 1988

Union Editions, novembre 2022
116 pagine
Edizione limitata di 300 copie

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ATTENZIONE: alcune delle immagini che seguono potrebbero urtare la vostra sensibilità.

23 ottobre 1985.
Salvatore Marino, ritrovato cadavere su una spiaggia del quartiere di S. Erasmo, dove gli uomini della squadra mobile di Palermo l’avevano abbandonato dopo un’intera notte di bestiali torture.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
19 novembre 1985.
Carcere dell’Ucciardone, costruzione dell’aula bunker per il Maxiprocesso di Palermo.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
1 febbraio 1986.
La scritta “Ardizzone mafioso” contro il direttore del Giornale di Sicilia sul muro della sede del quotidiano. Il Giornale di Sicilia è stato fondato nel 1860 dalla famiglia Ardizzone, che lo ha diretto fino al 2017.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
1 febbraio 1986.
Cartelli appesi da vecchi operai dell’impresa di costruzioni Lesca-Farsura, «“Vogliamo la mafia”, “Ciancimino come sindaco”, “Con la mafia si lavora, senza no”. Tre cartelli, tre pugni allo stomaco di una città che vive con ansia, paura, incertezza e speranza la vigilia del Maxiprocesso a Cosa nostra», scrive L’Ora.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
5 febbraio 1986.
Liceo scientifico Galileo Galilei, convegno La giustizia contro la mafia, a sinistra con la pipa, il membro del Consiglio Superiore della Magistratura Alfredo Galasso.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
7 febbraio 1986.
Corteo studentesco contro la mafia, partecipano più di diecimila studenti.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
10 febbraio 1986.
Aula bunker del Carcere dell’Ucciardone.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
10 febbraio 1986.
Aula bunker, Salvatore Montalto, ex braccio destro del boss Salvatore Inzerillo poi entrato nel clan dei Corleonesi.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
10 febbraio 1986.
Aula bunker.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
15 marzo 1986.
Il magistrato Giovanni Falcone.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
19 febbraio 1986.
Droga proveniente da Bangkok sequestrata a un fiduciario della cosca di Brancaccio incensurato.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
16 aprile 1986.
Via Ruggero Settimo, manifestazione contro il disarmo e la denuclearizzazione organizzata dalla cooperativa sociale I Sicaliani.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
13 maggio 1986.
Omicidio di Francesco Paolo Semilia, costruttore palermitano vittima della mafia del pizzo, ucciso nel suo cantiere edilizio dell’Acquasanta. Il pizzo è una forma di estorsione praticata da Cosa Nostra nei confronti di esercenti e imprenditori.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
20 luglio 1986.
Sparatoria e omicidio a Borgo Vecchio. Antonio Bellanti muore dopo un drammatico inseguimento della polizia.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
22 maggio 1986.
Inchiesta reportage sulle notti palermitane.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
22 maggio 1986.
Inchiesta reportage sulle notti palermitane.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
24 dicembre 1987.
Piazza Politeama, Ilona Staller presenta la sua candidatura per il Partito Radicale.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
24 settembre 1987.
Festa dell’Amicizia, il sindaco Orlando con il segretario della Democrazia Cristiana Ciriaco De Mita.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
23 settembre 1987.
Ritrovamento del cadavere carbonizzato di Vincenzo Catanese detto “Enzo il cinese”, piccolo spacciatore, sui monti sopra il quartiere di Cruillas.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
28 novembre 1987.
Moana Pozzi al cinema Étoile.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
16 dicembre 1987.
Maxiprocesso. Il presidente Alfonso Giordano legge la sentenza della corte di Palermo contro Cosa Nostra. Il processo si concluse con pesanti condanne, per un totale di 19 ergastoli e 2665 anni di reclusione.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
05 gennaio 1988.
Inaugurazione della mostra di pittura di Luciano Liggio. Secondo il collaboratore di giustizia e compagno di cella Gaspare Mutolo, Liggio si era attribuito la paternità di quadri in realtà dipinti da lui.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
29 gennaio 1988.
Quartiere popolare lo Sperone, omicidio di Giacomo Conigliano, uomo vicino al “Papa” Michele Greco e imputato al Maxiprocesso ter.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
29 gennaio 1988.
Quartiere popolare lo Sperone, omicidio di Giacomo Conigliano, uomo vicino al “Papa” Michele Greco e imputato al Maxiprocesso ter.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
1° febbraio 1988.
Suicidio in via Noce.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
2 febbraio 1988.
Via Titina De Filippo, Omicidio di Giovanni Fici, una traversa di corso Calatafimi. Fici era un “picciotto” della borgata palermitana di Ciaculli e fu a lungo il guardaspalle di Pino Greco, il più pericoloso killer di Cosa nostra.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
2 febbraio 1988.
Via Titina De Filippo, Omicidio di Giovanni Fici, una traversa di corso Calatafimi. Fici era un “picciotto” della borgata palermitana di Ciaculli e fu a lungo il guardaspalle di Pino Greco, il più pericoloso killer di Cosa nostra.
(copyright: Fabio Sgroi | courtesy: Union Editions)
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