Gian Nicola Vessia è un musicologo e un organista. Lui la musica la studia, la suona, la dirige, la insegna e, soprattutto, sa raccontarla. Se non ho idea di come se la cavino le sue mani di coi tasti dell’organo o la bacchetta del direttore (e anche l’avessi non disporrei delle competenze necessarie per giudicare) so per certo che con la penna Vessia ci sa fare, eccome, visto che ho tra le mani due volumetti di cui è autore, entrambi pubblicati da Raum Italic, un bel progetto tutto italiano ma di base a Berlino, fondato da Barbara Gizzi e Marco Ghidelli.
Raum Italic è uno spazio (e un concetto) credo unico nel suo genere: un po’ studio grafico, un po’ spazio espositivo, un po’ casa editrice indipendente e un po’ libreria, nasce con l’intento di distribuire e far conoscere in terra crucca progetti editoriali/creativi di autori e illustratori italiani, talvolta procedendo però in senso diametralmente opposto, dunque lavorando con autori tedeschi e portandone l’opera in Italia.
I libri di Vessia sono tra le ultime pubblicazioni “sfornate” da Gizzi e Ghidelli in veste di editori: due piccoli gioielli editoriali, entrambi illustrati, uno uscito lo scorso novembre e uno fresco fresco di tipografia, il primo dedicato alla vita di Erik Satie e il secondo al legame tra musicisti e cucina.
Accompagnato dai disegni di un mostro sacro dell’illustrazione italiana come Federico Maggioni, Satie: appunti e nostalgie si apre con una curiosa lista delle attività quotidiane, con tanto di orari esatti, del grande compositore e pianista francese (anche chi non “mastica” musica classica e contemporanea avrà sicuramente ascoltato, magari senza saperlo, le sue Gymnopédies: sono decine i film e le serie tv ad averle usate come colonna sonora).
Grafomane, eccentrico, talvolta malinconico, sempre tagliente, sia di lingua che di pensiero, nei confronti degli altri come di sé stesso, incline alle più bizzarre fissazioni, spesso deriso da colleghi e contemporanei, Satie si vestiva sempre allo stesso modo, quasi avesse una divisa—“Velvet gentleman”, era il soprannome che gli avevano appioppato. In casa aveva sette abiti identici di velluto marrone, scrive Vessia—e andava perennemente in giro con l’ombrello (tanto che in casa aveva una stanza apposita, ben chiusa a chiave, per tenere tutti quelli che possedeva: la scoprirono solo quando morì).
Coraggioso al punto da iscriversi alle lezioni di contrappunto a quarant’anni suonati, per l’ilarità del mondo della musica parigina di inizio Novecento, Satie è un autore assolutamente da scoprire e il libro di Vessia ha il merito di farti entrare nella vita dell’artista in maniera apparentemente leggera e senza fronzoli, eppure—esattamente come la musica del compositore francese—profonda e ricca di sfumature, col testo che come una macchina da presa si muove fuori e dentro alla testa del protagonista, riuscendo a “dipingere” perfettamente sia il personaggio sia la Parigi dell’epoca, il tutto con una colonna sonora che come per magia sembra uscire dagli spazi bianchi tra una parola e l’altra.
Tra l’altro il prossimo 28 maggio, presso la Galleria Corraini di via Ippolito Nievo 7A, a Mantova (e come anteprima del festival mantovano Trame Sonore), Vessia presenterà il libro su Satie accompagnato dal maestro Marco Rossi al pianoforte e saranno esposti i disegni originali di Maggioni.
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Se il volume dedicato a Satie aveva visto la collaborazione di un illustratore affermato ormai da decenni come Maggioni, per Forchette e melodie – Musicisti in cucina sono i disegni di un professionista giovane ma già riconosciuto a livello internazionale come Riccardo Guasco ad accompagnare le storie e le ricette scritte e raccolte da Gian Nicola Vessia.
Da Verdi a Caruso, da Puccini a Rossini, da Gershwin a Vivaldi, dal duo Marenco-Manzotti a Salieri, da Bernstein a Bach, qua la musica s’intreccia col palato e tra piatti realmente cucinati e assaggiati da questi celeberrimi compositori del passato, ricette totalmente inventate (ma verosimili) da rifare a casa e da gustare seguendo i consigli musicali di Vessia, che coi suoi racconti, alle prese con lettere, aneddoti, testimonianze, libere interpretazioni, funge da perfetto “legante” tra epoche, stili e sapori.
Ci sono le scapole di maiale adorate (davvero) da Giuseppe Verdi nonché un risotto con funghi, punte d’asparago, prosciutto crudo, pomodori, panna e parmigiano che lo chef francese Henri-Paul Pellaprat aveva creato appositamente per lui; ci sono i Bucatini (inventati) alla Caruso; i Fagioli (veri) alla Puccini; l’insalata di Gioachino (Rossini)…
E non manca, alla fine del libro, persino un’enoteca, musicale pure quella, prima che tutto si chiuda con un buon caffè.