Hanzi • Kanji • Hanja: quando i graphic designer usano gli ideogrammi

Saranno stati i cartoni animati giapponesi, ma da queste parti siamo abituati a immaginare gli ideogrammi da una parte come simboli da tracciare rigorosamente a pennello, dall’altra come segni immutabili stampati sulla confezione di qualche prodotto tecnologico o sulle insegne dei negozi, quasi ce ne fosse un’unica, immutabile versione, e non esistessero invece molteplici set di caratteri come per il nostro alfabeto latino.

E invece quello degli ideogrammi è un universo — oltre che ricchissimo e complesso — anche in costante evoluzione: lo dimostra un libro appena uscito per Viction:ary, editore di Hong Kong che pubblica ottimi volumi (di alcuni abbiamo già parlato in passato) sulla cultura visiva.

Hanzi • Kanji • Hanja, questo il titolo (che indica, rispettivamente, le varianti cinesi, giapponesi e coreane degli ideogrammi), raccoglie in oltre 270 pagine molteplici esempi di caratteri orientali utilizzati nell’ambito della comunicazione e del design, “piegati” da grafici sapienti a un uso contemporaneo, evocativo, ipercitazionista, sperimentale, talvolta ironico, e utilizzati per loghi e progetti di immagine coordinata, poster, manifesti e locandine, packaging ed etichette, libri e pubblicità.

Se poi, sfogliando il volume, ti viene voglia di imparare davvero a leggere gli ideogrammi, perlomeno quelli cinesi, ti consiglio un metodo come Chineasy.

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