Chutes: un corto d’animazione dove i giocattoli diventano metafora della vita da automi nella società capitalistica

Chi ha letto il pensiero del mistico armeno Georges Ivanovič Gurdjieff, sistematizzato nei saggi del suo discepolo russo Pëtr Dem’janovič Uspenskij, conosce bene il concetto di “meccanicità”. Nelle sue teorie, formulate più di un secolo fa, Gurdjieff sosteneva che noi esseri umani — o per lo meno la stragrande maggioranza di noi — funzioniamo in realtà come una macchina governata da emozioni, illusioni e desideri: «Gli uomini sono macchine. Le macchine sono obbligatoriamente cieche, incoscienti, non possono essere altrimenti, e tutte le loro azioni devono corrispondere alla loro natura. Tutto accade. Nessuno fa nulla. Progresso e civiltà nel senso reale di queste parole, possono apparire soltanto al termine di sforzi coscienti. Non possono apparire come risultato di azioni incoscienti e meccaniche. Quali sforzi coscienti potrebbe fare una macchina? E se una macchina è incosciente, cento macchine lo sono pure, e mille e diecimila e milioni di macchine. Ora, l’attività incosciente di milioni di macchine deve necessariamente concludersi in sterminio e rovina. È precisamente nelle manifestazioni incoscienti e involontarie che sta tutto il male» spiegava il saggio, che per buona parte della sua vita dapprima sviluppò e poi divulgò un metodo — lo chiamò “Il Lavoro” ma è conosciuto perlopiù come “Quarta Via” — per svegliarsi dal sonno, dalla condizione di macchina, e prendere coscienza, essere presenti a sé stessi, o come, diceva lui, «ricordarsi di sé».

È un concetto questo, che ho ritrovato pienamente in un piccolo ma straordinario cortometraggio d’animazione, intitolato Chutes, cioè “scivoli”, e realizzato dalla pluripremiata animatrice e regista statunitense Kenzie Sutton.

Protagonista del filmato è una bambina che, in occasione del suo sesto compleanno, se ne sta in disparte, annoiata e pensierosa, a tormentare una fetta di torta mentre gli altri si divertono. Finché, scuotendo la palla magica 8, ha una visione del suo futuro, un futuro “meccanizzato”, già segnato dalle regole della società contemporanea capitalistica e consumistica, dove tutto è codificato e tutto è merce: il lavoro, il divertimento, la vita privata.

Per rappresentare l’uomo-macchina e l’impossibilità di poter davvero agire come entità pienamente cosciente, Sutton ha pensato — ecco il suo colpo di genio — di usare dei giocattoli: dentiere a carica, molle, pupazzi, matriosche, giocatori del biliardino… Simboli dell’infanzia e del tempo “non produttivo” che vanno invece a incarnare l’inesorabilità di una vita da automa, fino a un finale molto toccante.

Vincitore, di recente, del Gran Premio della Giuria all’AFI Fest, uno dei più importanti festival cinematografici a livello mondiale, Chutes è in lizza per una candidatura come Miglior Corto d’Animazione ai prossimi Academy Awards.

Fotogramma del cortometraggio “Chutes” di Kenzie Sutton
Fotogramma del cortometraggio “Chutes” di Kenzie Sutton
Fotogramma del cortometraggio “Chutes” di Kenzie Sutton
Fotogramma del cortometraggio “Chutes” di Kenzie Sutton
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