Obon: un toccante corto racconta il dramma di Hiroshima vissuto da una superstite

Alle 8.15 del 6 agosto del 1945 un lampo incendiò il cielo di Hiroshima. Il bombardiere statunitense Enola Gay aveva appena sganciato “Little Boy”, la prima bomba atomica utilizzata su una popolazione civile.
In quel momento Akiko Takakura era appena arrivata al lavoro. Aveva 19 anni. Da poco assunta presso la Banca di Hiroshima, stava pulendo i tavoli con una sua collega quando, a trecento metri da lì, la bomba esplose. Miracolosamente, Akiko sopravvisse. Solo in dieci, tra coloro che si trovavano entro un raggio di cinquecento metri, riuscirono a salvarsi. E videro l’inferno. Lo attraversarono, e poi raccontarono ciò che avevano visto.

Il racconto di Akiko — affidato alle sue vive e vivide parole, traboccanti di semplicità e umanità — ha ispirato un corto d’animazione, Obon, realizzato qualche anno fa dal regista, produttore e sceneggiatore André Hörmann e dalla regista e animatrice Anna Samo (di lei ho già parlato in passato per altri due splendidi corti: Conversations with a whale e The opposites game).

Il trailer di “Obon”

Frutto di una serie di conversazioni che Hörmann ha registrato con l’ormai anziana Akiko Takakura, Obon prende il nome dalla tradizionale festa buddhista-confuciana che onora la memoria dei defunti, e che il regista ha pensato bene di utilizzare come escamotage narrativo per sviluppare la storia su due piani temporali: un presente in cui la protagonista è ormai una signora molto anziana che si aggira in una città in cui i ricordi si materializzano a partire dai luoghi; e il passato, che, prima della bomba e del calvario che ne seguì, attraversa l’infanzia e il difficile rapporto di Akiko bambina e ragazza con un padre molto severo che però sarà al centro di una delle scene più toccanti del corto («Per me Obon è tutto incentrato su questo esatto momento» dice Hörmann), scena in cui si rivela pure uno dei simboli-chiave del film: le mani.

Fotogramma tratto da “Obon”, di André Hörmann e Anna Samo, 2018
(fonte: obonfilm.com)

Non svelo altro per non rovinare lo stupore, ma ci tengo ad avvisare che il corto è pieno di scene forti, relative, appunto, soprattutto alle mani, e per alcuni potrebbero essere oltre i limiti del sopportabile.
«Mentre traducevo la sceneggiatura in immagini mi è diventato chiaro che c’era una storia raccontata con le mani, un arco che si estendeva per tutta la durata del film» ha spiegato Anna Samo, che ha trovato assai difficile lavorare a un progetto simile: «Realizzare Obon» ha raccontato la regista «non è stato facile. Mi ha esaurito, ha fatto a pezzi qualcosa in me, mi ha fatto crescere in un modo che non avevo programmato. Sono dovuta diventare vulnerabile in modo da riuscire a trasmettere le emozioni. Mentre cercavo le immagini per il film, ho studiato attentamente un libro di immagini realizzate dai sopravvissuti alle bombe di Hiroshima e Nagasaki. Per me, le immagini più travolgenti sono state disegnate da persone che non erano artisti. Senza mestiere o abilità artistica dietro cui nascondersi, i disegni raccontavano storie senza filtri, mi facevano sentire voci tremanti che dicevano: questo è quello che ci è successo. A mio avviso, esiste una sola possibile risposta umana. Questo non potrà mai più accadere».

Prodotto nel 2018, Obon è stato presentato in molti festival, in tutto il mondo, aggiudicandosi svariati e meritatissimi premi.
La versione integrale si può ora vedere su Vimeo. Ne consiglio la visione a un pubblico adulto: è un colpo fortissimo — al cuore, alla pancia, alla testa — ma, specialmente alla luce di questi tempi terribili che stiamo vivendo, va guardato.

Fotogramma tratto da “Obon”, di André Hörmann e Anna Samo, 2018
(fonte: obonfilm.com)
Fotogramma tratto da “Obon”, di André Hörmann e Anna Samo, 2018
(fonte: obonfilm.com)
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