Un video mostra l’arte giapponese dell’intaglio del vetro, l’Edo-kiriko

Per secoli il rapporto del Giappone con il vetro è stato quanto meno “freddino”.
Sviluppatasi in Mesopotamia circa 5000 anni fa, la lavorazione del vetro è arrivata in Oriente molto più tardi. In Giappone, in particolare, la scarsa produzione vetraria, in epoca antica, era affidata agli artigiani coreani. Per il resto, si importavano prodotti in vetro dall’India, dalla Cina, finanche dal Mediterraneo.
A partire dall’VIII secolo questo materiale sparì quasi del tutto nelle isole dell’arcipelago giapponese — dove si preferiva l’uso delle ceramiche e del legno (per i contenitori) e della carta (per le finestre) — per ritornarvi solo a partire dal ‘500, introdotto dall’Europa e dai paesi arabi, oltre che dalla Cina, diventando poi, in epoca Edo, un vero e proprio bene di lusso.

Le prime vetrerie locali aprirono nel ‘700, e i processi di produzione derivavano direttamente da quelli europei, principalmente olandesi e inglesi. Si trattava perlopiù di piccoli laboratori, con una produzione assai ridotta, e il vetro era ancora considerato come prezioso, molto delicato e poco adatto all’uso quotidiano.
Solo nel secolo successivo — quando giunse a termine il sakoku, il lungo periodo di autarchia durante il quale i commerci e le relazioni con l’estero furono ridotte all’osso — si risvegliò nei giapponesi un interesse per questo materiale e fiorì un primo esempio di artigianato artistico legato al vetro: il Satsuma kiriko (kiriko significa “vetro intagliato” mentre Satsuma era il nome di una provincia e di un feudo nella parte più meridionale e occidentale dell’arcipelago), caratterizzato dall’intaglio a mano del vetro colorato.

Un fotogramma del video “Edo-kiriko (cut glass)”, di Aoyama Square, 2023
Un fotogramma del video “Edo-kiriko (cut glass)”, di Aoyama Square, 2023

Nel 1873 aprì a Tokyo, nella zona di Shinagawa, la prima, vera fabbrica di vetro del paese organizzata secondo i metodi occidentali. Inizialmente si trattava di una piccola attività privata, ma tre anni più tardi, per via del crescente bisogno di lampade per la navigazione e di lastre di vetro per edifici in stile occidentale, l’azienda venne acquistata dal governo e ingrandita.
Per istruire gli operai e gli artigiani locali, e per migliorare le tecniche di produzione, furono invitati, per delle brevi residenze, dei vetrai inglesi. Fu uno di loro, Emanuel Hauptmann, a dare la spinta decisiva a quella che è oggi un’arte tradizionale giapponese: l’Edo-kiriko.

Come il già citato Satsuma kiriko, l’Edo-kiriko (da Edo, antico nome di Tokyo) consiste nell’intaglio del vetro. In origine questa tecnica, diffusa appunto nella zona di Tokyo, si praticava con degli scalpelli, realizzando disegni con pattern simili a quelli dei tessuti per kimono.
Fu Hauptmann — un giovane ma abilissimo artigiano proveniente da una famiglia di vetrai della Boemia, la patria del vetro decorativo — a introdurre l’uso delle mole, che permettevano di fare lavorazioni più rapide, precise e profonde.
Grazie alla tradizione giapponese dell’andare a bottega per imparare dai maestri, l’Edo-kiriko, rivitalizzato da Hauptmann, ha continuato a vivere attraverso le generazioni, tramandato di maestro in allievo. Oggi si realizza ancora, con procedimenti praticamente identici a quelli di fine ‘800, mostrati in un bel video prodotto da Aoyama Square, negozio e galleria d’arte di base a Tokyo che promuove il meglio dell’artigianato giapponese.
Protagonista del filmato, che mostra e spiega tutte le fasi della lavorazione, è il maestro intagliatore Kazutoshi Ohba.

Un fotogramma del video “Edo-kiriko (cut glass)”, di Aoyama Square, 2023
Un fotogramma del video “Edo-kiriko (cut glass)”, di Aoyama Square, 2023
Un fotogramma del video “Edo-kiriko (cut glass)”, di Aoyama Square, 2023
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