Due vicini di casa, che abitano in altrettante villette, l’una di fronte all’altra, sono entrambi ossessionati dai telefoni — quelli vecchia scuola, con le cornette e il driiiin che ti scava nel cervello. Ne hanno a bizzeffe sparsi per le stanze, e le loro altrimenti piatte giornate le passano a chiamarsi l’un l’altro per infastidirsi, poi escono per strada e s’abbracciano, o si menano, o tutte e due le cose.
Questa la trama — surreale, senza colpi di scena, senza buoni e cattivi, senza morale, senza altro scopo che raccontare, appunto, una storia assurda — di Dial Tone, un corto d’animazione che sorprende non solo e non tanto per l’intreccio narrativo, tanto semplice quanto vagamente disturbante, ma per un altro tipo di intreccio, stavolta letteralmente inteso: quello dei fili del feltro, materiale con cui il regista, il giovane Cole Montminy, ha realizzato l’intero delirio pastelloso e pelosetto, ideato e prodotto per la sua tesi di laurea alla San Francisco State University.
«Mi sono appassionato alla creazione di oggetti in feltro dopo aver trovato un kit per l’infeltrimento ad ago da SCRAP (un luogo di riuso artistico a San Francisco). Prima mi concentravo principalmente sul disegno, ma mi sto orientando verso oggetti morbidi e di stoffa e li sto incorporando nei miei video» spiegò un paio di anni fa Montminy in un’intervista a Shieldless Magazine. Da allora il feltro — che il buon senso vorrebbe più adatto a racconti e atmosfere innocenti, a produzioni per l’infanzia, a versioni 3D di scene all’acquerello — è indubbiamente diventato il suo materiale d’elezione per le animazioni. Ed è proprio l’evidente contrasto tra scelte estetiche e sviluppo narrativo che rende l’insieme affascinante, esaltando il lato weird della vicenda.