Millo apre la sua “capsula del tempo” presso la Dorothy Circus Gallery di Roma

Lo street artist italiano, conosciuto in tutto il mondo, presenterà 13 opere, che ripercorrono in maniera soggettiva altrettanti eventi che hanno segnato la nostra storia collettiva e sono rimasti intimamente legati ai nostri ricordi personali, dalla caduta del Muro di Berlino all’11 settembre

Tu dov’eri quando…? Che stavi facendo nel momento in cui è arrivata la notizia di…?
Sono le classiche domande che periodicamente riemergono quando cadono gli anniversari di quegli eventi che hanno segnato l’immaginario collettivo — via Fani, Ustica, la strage di Bologna, Černobyl’, il Muro, Capaci e via D’Amelio, Genova 2001 e Carlo Giuliani, l’11 settembre — innescando inevitabilmente il riaffiorare degli strati geologici dei ricordi personali, rimasti pressoché intatti sotto la superficie del vivere quotidiano, come cristallizzati dall’immane potenza della Storia.

Per la mia generazione, troppo giovane per avere reminiscenze vivide dell’epoca degli anni di piombo e della strategia della tensione, il processo di stratificazione potrebbe essere iniziato in quella primavera dell’86 in cui il terrore strisciante avanzava su mezza Europa, alla velocità della Grande Nube Mortale che appariva sulle mappe dei Tg dopo il disastro Černobyl’ e che costringeva noi bambini a starcene chiusi in casa col naso appiccicato alla finestra, come vedette cui fosse affidato il compito di avvistare il male invisibile che si avvicinava da Est, in quei pomeriggi in cui avremmo invece potuto essere fuori a giocare (guai a toccare l’erba!, avvertivano dalla tv, mentre le mamme sfregavano nervosamente e ripetutamente le foglie di insalata sotto all’acqua).

Millo, “Leave them kids alone”, 2023, acrilico su tela, 100 x 120 cm
(courtesy: Dorothy Circus Gallery / Millo)

«Ho trascorso un lungo giovedì pomeriggio a fare i compiti, la pizza è stata appena consegnata e finalmente, con mio cugino, sto saltando sul letto. Improvvisamente il volume della televisione prende il sopravvento; i miei genitori sono in salotto, la televisione continua ripetere: “È caduto!“.
Il muro di Berlino è caduto».

— Millo

In un ipotetico carotaggio della memoria, lo strato successivo rivelerebbe probabilmente la gioiosa confusione che accompagnava le immagini dei picconi che abbattevano il Muro di Berlino (eravamo a pranzo, il televisore acceso, e mio padre, serissimo, mi intimò di far silenzio: quel giorno, in un’aria fredda e densa di aspettative ma anche di sotterranea preoccupazione, era iniziata la fine del “secolo breve”, come ci avrebbe poi spiegato Hobsbawm qualche anno dopo), seguite dalle stragi di mafia (nella libreria dei miei trovai un saggio su Cosa Nostra: non ricordo il titolo ma aveva la copertina gialla. Lo iniziai e non lo finii mai, sia perché era troppo complesso sia perché — complici lo sceneggiato La piovra e il film Gli intoccabili — iniziai a fare brutti sogni, convinto che la mafia fosse ovunque, pure nel nostro paesino, e che qualcuno sarebbe arrivato e avrebbe fatto fuori tutti a colpi di mitra come il commissario Cattani).
E poi la crisi del ’92, Tangentopoli, la Discesa in campo, la prima guerra del golfo, la guerra in Jugoslavia, il Cermis (che riaccese a sua volta un altro ricordo di infanzia: su quella stessa funivia, anni prima della strage, da bambino, per il divertimento e il terrore di tutti quelli che erano lì dentro con noi, dissi «ora si apre un botola sul pavimenti e cadiamo tutti giù. Anzi no, ora passa un aereo americano e ci bombarda. Anzi no, ora passa un aereo americano e con l’ala taglia il filo»), il G8 di Genova (Giuliani a terra, colpito dal proiettile, lo vidi in diretta sul televisore del circoletto del paese: avevo pensato di andare pure io, ma non ebbi il coraggio, e da più di vent’anni rimugino ancora su quella scelta), le Due Torri (stavo guardando la tv, a casa. Fumavo una Gauloise blu quando partì l’edizione straordinaria del tg. Chiamai mia madre al lavoro: «degli aerei si stanno schiantando su New York!». «Ma che dici?!» rispose lei).

Millo, “I will never surrender”, 2023, acrilico su tela, 200 x 70 cm
(courtesy: Dorothy Circus Gallery / Millo)

«Come la Vergine Maria che piange sul sangue di suo figlio.
Il momento in cui sei arrivata da me, afferrandomi le mani e trascinandomi davanti al tuo albero preferito.
Era ormai andato, steso a terra, a fare una croce con le punte dei nostri piedi.
Hanno bisogno di spazio per costruire di più, e poi hai detto “io non mi arrenderò mai”».

— Millo

Sono, questi, ricordi “dormienti”, collettivi e allo stesso tempo personalissimi, cristallizzati dalla Storia e risvegliati di tanto in tanto, come in una sorta di capsula del tempo che le celebrazioni e gli anniversario riaprono.
E una capsula del tempo è — non solo metaforicamente — la mostra Non Aprire Prima del 2023, che lo street artist di fama mondiale Francesco Camillo Giorgino, in arte Millo presenterà il prossimo 30 giugno a Roma presso la Dorothy Circus Gallery, dove esporrà 11 tele e due dipinti inediti (realizzati su radice di legno) che rappresentano la sua prospettiva soggettiva su altrettanti fatti che hanno segnato la sua e — in molti casi — la nostra vicenda umana, accaduti in un periodo di enormi trasformazioni su scala planetaria (la fine della guerra fredda, la globalizzazione, il mondo post-11 settembre) che andavano a riflettersi, in modalità di cui spesso ci siamo accorte e accorti solo molto tempo dopo, anche a livello personale (Millo è del 1979, come il sottoscritto, e in quel periodo la nostra generazione passava dall’età infantile a quella adulta).

Millo, “Time Capsule”, 2023, acrilico su tela, 80 x 80 cm
(courtesy: Dorothy Circus Gallery / Millo)

«Millo dedica al suo pubblico italiano il magico momento di aprire insieme a lui una scatola misteriosa tenuta segreta finora» spiega il comunicato della mostra. «Con l’opera Time Capsule inizia un viaggio di percezioni che attraversa la complessa trama dell’esistenza umana. Siamo con lui mentre inseriamo il codice segreto, giriamo la chiave e solleviamo con emozione quel coperchio impolverato da cui si sprigionano memorie collettive che tornano a farci battere il cuore e ci riportano indietro a quel tempo cosi lontano e cosi vicino che tutti insieme abbiamo vissuto. Mentre guardiamo i ricordi dell’artista che ancora si stropicciano gli occhi mentre si svegliano dopo essere stati dormienti per anni, ripercorriamo i lunghi corridoi per rientrare nelle nostre stanze di ragazzi e quasi ci riusciamo ad osservare da fuori, mentre riavvolgiamo il nastro di una cassetta, alziamo quella cornetta pesante e ne sentiamo l’odore metallico dei cavi raggomitolati dentro, quei cavi che ci portavano chiamate tanto attese quanto inaspettate. Torna viva la voce di coloro che abbiamo amato e il cuore ci si gonfia quasi a scoppiare, quando capiamo cosa stiamo vedendo…».

Millo, “The Fall”, 2023, acrilico su tela, 100 x 100 cm
(courtesy: Dorothy Circus Gallery / Millo)

«Quell’estate l’ho trascorsa viaggiando per progetti universitari e questo era l’ultimo prima del grande esame.
Devo occuparmi del video. Sono le 15:00, mi aggiro nella stanza decidendo cosa fare, cambio le stazioni radio e per errore inciampo su di un cavo. Il televisore si spegne.
È l’undici settembre 2001».

— Millo

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