Osservatorio Gabii, un fundraising di Mine Studio per promuovere l’area archeologica di Gabii

A circa 20 chilometri ad est della Roma antica, sul ciglio di un cratere vulcanico, una volta lago, sorgono i resti di una città latina, Gabii. Si tratta di un insediamento protostorico — ovvero risalente a quel periodo intermedio tra la Preistoria e l’Età Antica — che aveva un certo peso, di tipo culturale e politico, prima dell’ascesa di Roma e che oggi è un sito archeologico tra i più importanti della Capitale.

A differenza delle zone vicine, dove nuove costruzioni e trasformazioni hanno cancellato ogni traccia del passato, a Gabii, dall’XI secolo, nulla è accaduto, permettendo alla vecchia città di riposare indisturbata al di sotto del terreno di campagna. Solo recentemente, grazie ad indagini della Soprintendenza Speciale e le collaborazioni con enti di ricerca italiani e stranieri, si è cominciato a cercare risposte sulla storia di questa città latina, di cui in pochi sembrano interessarsi.

In tempi decisamente più attuali, sempre nel comune di Roma, l’agenzia creativa Mine Studio ha ottenuto la certificazione di B Corp e ha creato Dopamine, un hub interno che raccoglie progetti per il territorio e per le persone che lo abitano. Per iniziare questo nuovo percorso e per portare luce lì dove ne è sempre arrivata poca, nasce Osservatorio Gabii, un progetto di fundraising in collaborazione con la Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggi e con il FabLab dell’Istituto Comprensivo Elisa Scala di Roma.

L’obiettivo è quello di partecipare alla valorizzazione dell’area archeologica di Gabii, attraverso aperture straordinarie con visite guidate, l’acquisto e la produzione di materiali per l’accessibilità ampliata e interventi di restauro a monumenti specifici; così come anche quello di finanziare attività formative per la comunità e per gli studenti dell’Istituto Comprensivo Elisa Scala, situato non molto distante dal sito archeologico.

Si può partecipare alla raccolta fondi acquistando una maglietta in edizione limitata, a scelta tra 6 magliette realizzate da altrettanti illustratori e illustratrici, o con una donazione libera attraverso la piattaforma di crowfunding Produzioni dal Basso, ricevendo in cambio una toppa, ispirata, come anche le magliette, ai merit badge dei boyscout. Qualunque sia la modalità scelta, una volta dato il proprio supporto, si entra a far parte del Club di Radical Change-Maker di Mine Studio, ricevendo contenuti editoriali esclusivi sull’iniziativa.

Mi sono fatta raccontare meglio da Alessandro Cassani, uno dei partner di Mine Studio, e Fabio Silei, professore dell’I.C. Elisa Scala, l’importanza e il significato di Osservatorio Gabii.

(courtesy: Mine Studio)

Sono stati mesi di grandi cambiamenti per Mine Studio: siete diventati B Corp, avete dato vita a un hub interno all’agenzia, Dopamine, e da lì ha preso forma Osservatorio Gabii. Come è nato questo progetto di fundraising?

Alessandro

Dalla fine del 2020 abbiamo iniziato il percorso per diventare B Corp, quindi siamo diventati società benefit e abbiamo cominciato a fare una parte di assessment, che andava presentata. Da piccola realtà, ci siamo subito scontrati con un mondo che va ben oltre la parte più specifica dedicata al design, quindi, mentre seguivamo questo iter, si sono palesate due necessità. La prima è che volevamo riuscire a creare un intervento sulla comunità e sul territorio a noi vicino: nel percorso di B Corp c’è questo concetto di vicinanza con la sede che è molto interessante, perché in teoria dovresti lavorare con quello che è intorno a te entro 80 chilometri, un’area comunque limitata. La seconda è che volevamo lavorare su un progetto in cui le competenze delle persone che sono in agenzia potessero creare un valore.

Cercavamo sia una realtà con cui poter incidere veramente, sia qualcosa su cui fare una donazione. Ci piaceva l’idea di lavorare con qualcosa che riguardasse le nostre competenze. Poi è arrivata una conversazione con Fabio, con cui siamo amici da una vita, che mi ha raccontato appunto di Gabii. Conoscevo già la scuola, perché avevano fatto un crowdfunding per creare il FabLab, perciò sapevo che erano in grado di muoversi nel modo giusto. Fabio mi aveva accennato che ci sarebbe stato un accordo con la Soprintendenza Speciale e lì ci siamo infilati con tutta la determinazione possibile. Non è facile entrare all’interno di un’istituzione scolastica e raccontare alla Soprintendenza che non hai un obiettivo commerciale, ma vuoi portare un vantaggio economico e di competenze.
Dopamine nasce per cercare di dare una forma al progetto di Osservatorio Gabii. Abbiamo deciso che Osservatorio Gabii sarebbe stata la nostra attività principale per il 2023 a livello di intervento sul territorio e l’anno prossimo, quando a dicembre finirà questo progetto, ci sarà un’altra attività: ogni anno identificheremo un beneficiario e con quel beneficiario cercheremo di creare un progetto, in cui le competenze dell’agenzia possano creare valore.

Andare a fare una lezione all’interno del FabLab, perciò a bambini tra gli 11 e i 14 anni, per un designer, può essere molto strano, perché sono due linguaggi completamente diversi che si incontrano tra loro. L’ho vissuto sulla mia pelle quando sono andato a presentare il progetto durante una loro assemblea: credo di essergli sembrato un alieno. Per questo è fondamentale avere professori come Fabio al nostro fianco.
È bello, comunque, riuscire a raccontare le proprie cose in un contesto di periferia dove sai che puoi incidere, piuttosto di un quartiere come Monti. Ti rendi conto immediatamente della differenza e delle diverse possibilità che i ragazzi hanno. Fare quell’ora e mezza di workshop può avere un peso importante per loro.

Faccio un passo decisamente indietro: cos’è l’area archeologica di Gabii e cosa rappresenta sia a livello storico, che a livello sociale?

Fabio

Il tesoro dell’antica città di Gabii accanto a noi è ancora tutto da scoprire, e scavare. Ci siamo avventurati a piedi l’anno scorso attraverso la tenuta Pantano Borghese inventandoci un percorso mai battuto se non dai Grand Tourists come l’inglese Hamilton, che lo riscoprì a fine XVIII secolo e si portò via preziosi souvenir, oggi al Louvre. Ci siamo tornati quest’anno dalla porta principale, aperta dalla Soprintendenza Speciale di Roma con un protocollo d’intesa, e grazie a Mine e al fundraising, vorremmo andarci quando ci pare.
Si dice che Gabii sia stata la scuola di Romolo e Remo. Grazie a chi vorrà donare, sarà anche la nostra.

L’Istituto Comprensivo Elisa Scala e l’area archeologica di Gabii non sono affatto distanti, anzi. C’erano già stati rapporti tra voi e questo spazio?

Fabio

Siamo molto vicini a Gabii, in linea d’aria credo siano meno di 3 chilometri, in macchina forse si può arrivare a 4. Dal parcheggio di scuola riusciamo a vedere una delle torri medievali.
L’anno scorso il nostro vicepreside, il professor Francesco Ferulli, che adesso è andato via e che ha partecipato alla costruzione del plesso della scuola media 8 anni fa, si è incuriosito quando ha saputo dell’apertura straordinaria dell’area archeologica, solitamente chiusa. Assieme ad altri docenti abbiamo portato i ragazzi a visitare Gabii, accompagnati dal responsabile della Soprintendenza Speciale di Roma Rocco Bochicchio, e alla fine dell’anno scolastico la nostra Dirigente Scolastica Claudia Gentili e la Soprintendenza Speciale sono riusciti a stringere un protocollo di intesa.

Mentre Alessandro mi ha tenuto aggiornato nel tempo riguardo il loro glorioso percorso per diventare B Corp, io, di contro, gli raccontavo di questo protocollo d’intesa con l’area archeologica, situata proprio alla fine della città, nel quartiere Borghesiana. In maniera molto naturale, Alessandro ha deciso di indirizzare la loro attività nei nostri confronti, perciò quello che era un protocollo d’intesa è esploso in una nuova forma. L’apporto di Mine Studio alla nostra relazione è diventata una condivisione di competenze: se noi abbiamo una relazione con l’area archeologica, come può Mine Studio aiutare noi e i nostri ragazzi a rendere questa relazione fattiva, anche dal punto di vista didattico?
Alessandro, allora, ha subito pensato ad una serie di passi, oltre al crowdfunding, in cui le competenze di Mine Studio fossero messe a disposizione della scuola. Il problema è che quando si fanno le cose a scuola bisogna farle giustamente per tutti, soprattutto perché è una scuola statale, ed è difficile farle per tutti da un punto di vista numerico. Così abbiamo pensato di organizzare in FabLab una serie di appuntamenti a cadenza mensile, in cui un gruppo di studenti vengono preparati dal personale di Mine Studio su argomenti come la fotografia, la progettazione grafica, la serigrafia e, in futuro, il copywriting. Cerchiamo di far passare questa esperienza attraverso il filtro del FabLab, il nostro spazio di progettazione, e utilizziamo poi questi 40/50 studenti “pilota” per irradiare contenuti e competenze alla didattica mattutina.
La prima visita è avvenuta subito dopo il workshop sulla fotografia di Sara Pellegrino di Mine Studio, in questo modo, quando sono arrivati all’area archeologica gli studenti avevano un compito, oltre alla visita del luogo: dovevano realizzare 5 tipi di fotografie, mettendo in pratica quanto appreso durante il workshop. Ovviamente la cosa si ripete per ogni attività formativa.

Quanti anni hanno i ragazzi coinvolti?

Fabio

La loro età varia dagli 11 ai 14 anni, perciò sono studenti delle scuole medie. Al FabLab, però, partecipano anche ex studenti, dunque è possibile che ci siano anche ragazzi di 16, 17 anni.
L’implementazione, grazie al crowdfunding, ci permetterà di proporre le attività attuali alle prime e offrirne di nuove alle seconde e alle terze. Si è innescato un percorso che continuerà senza dubbio negli anni e che vorremmo si attivasse anche nei plessi di scuola primaria.

Il workshop di fotografia
(courtesy: Mine Studio)

Avete già raccolto qualche riscontro da parte loro?

Fabio

La formazione attraverso i workshop li ha resi più consapevoli del contesto che andavano a visitare e di quello che stavano facendo. La differenza importante, infatti, la fa il compito: se viene detto loro cosa fare, durante la visita, loro vengono preparati.
Ho notato, osservando i contributi filmati il giorno in cui dovevano mettere in pratica quanto appreso durante il workshop di fotografia, che una delle cose che piaceva loro era che potevano finalmente usare i cellulari, che in classe non possono mai usare. In quel caso erano autorizzati ad usarli e avevano anche un obiettivo. Il telefono tornava ad essere uno strumento da usare in modo nuovo. Diamo per scontato che loro amino fare le foto, ma la realtà è che non le sanno fare, né sanno esprimersi con la giusta terminologia.
Inoltre, terminata la visita, portano sempre a casa qualcosa: hanno infatti il compito di selezionare le foto scattate e caricarle su Google Classroom. Di quelle foto abbiamo fatto una mostra il 18 maggio.

Perché è importante far sì che si crei un legame tra i ragazzi e il territorio?

Fabio

Lavoro in questa scuola da 8 anni, ma non sono del quartiere. Faccio circa 16 chilometri, ogni giorno, per arrivarci, perché vivo in un’altra zona. Arrivare qui significa arrivare dove finisce la città. Dietro la scuola si sentono i fischi della metro C, che, giunta al capolinea, gira letteralmente intorno a noi per ricominciare da capo la sua tratta.
In un luogo come la Borghesiana, è importante che i ragazzi facciano cose per la prima volta, rispetto anche ai loro genitori. La scuola, ad esempio, lo vedo che la percepiscono come un luogo sicuro, perché è nuova rispetto alle altre scuole della zona.

In tanti non hanno radici nel territorio e Gabii non è un luogo nuovo solo per loro, ma anche per molti dei loro genitori, che non hanno idea di dove sia l’area archeologica. Ci sono invece tanti luoghi di socialità che hanno nomi che rimandano alla ricerca di legalità, come biblioteche o giardini, ma i ragazzi andrebbero legati a qualcosa di più propositivo, non al disagio sociale della periferia. Perché loro, a 11 anni, devono già sapere di doversi riscattare da un disagio, che per giunta non è loro responsabilità? Devono partire da qualcosa di nuovo, qualcosa di solo loro e di cui possono andare fieri. Gabii è chiusa, ma apre solo per loro.
Per esempio, l’altra volta, durante il workshop di serigrafia, abbiamo stampato delle cartoline, che riportano il logo di Gabii e raccontano la storia di Osservatorio Gabii. Perché le cartoline? Perché le cartoline si consegnano a mano e volevo che fossero loro i primi a darle alle loro famiglie.

Alessandro

Uno dei motivi per cui, come Mine Studio, abbiamo preso con entusiasmo il progetto è perché ci siamo resi conto quanto una scuola può diventare un presidio per la comunità all’interno di un territorio. È chiaro che l’Istituto Comprensivo Elisa Scala è molto di più dell’istruzione mattutina, grazie ai professori, alla preside, alle iniziative. Sa fare la differenza ed è promotore di una serie di buone pratiche che è importante e per niente scontato trasmettere ai ragazzi. È molto interessante come il percorso poi si inverta: non è più la famiglia che porta formazione ai giovani, ma sono i giovani che, grazie alla scuola, si fanno promotori di buone iniziative con i genitori.

Tornando, invece, al progetto, ci sono due forme di ricompensa: si può acquistare una maglietta in edizione limitata, realizzata da 6 illustratori/illustratrici, o fare una donazione libera e ricevere in cambio una toppa. Come mai questi due oggetti e come avete scelto, invece, i creativi da coinvolgere nella loro realizzazione?

Alessandro

Sia le magliette, che le toppe giocano sul concetto del percorso degli scout, perciò ognuna nasce da un’idea legata al percorso di consapevolezza civile e di rapporto con il territorio. Volevamo realizzare un prodotto lineare e sostenibile da un punto di vista di produzione: la maglietta è 100% cotone organico, la stampa è artigianale e la spedizione è carbon neutral. È stato fatto anche per raccontare ai ragazzi che comprare una maglietta e riceverla anche un mese dopo è decisamente meglio che alimentare il sistema del fast fashion, dove la maglietta sicuramente arriverebbe molto prima, ma con un impatto ambientale maggiore.

Come illustratori abbiamo coinvolto Cecilia Sammarco, Irene Rinaldi, Davide Salvemini, Alessandro Kalla, Lorena Spurio, Alice Arcangeli. Lavoriamo spesso con illustratori e in questo caso l’illustrazione era perfetta per raccontare il progetto su oggetti di uso comune, come le t-shirt. Eravamo anche curiosi di scoprire come gli artisti avrebbero letto e dato forma al concept proposto. Abbiamo contattato persone che ci piacevano o con cui avevamo già collaborato, chiedendo loro di realizzare 6 magliette diverse, ognuna delle quali sarà in edizione limitata. La prima è già uscita, dunque dal mese prossimo non si potrà più acquistare quella, ma un’altra. La seconda arriverà questa settimana.

Ora che siete diventati una B Corp, credi che questo vi abbia dato più libertà creativa o più responsabilità?

Alessandro

Sicuramente più responsabilità, che era quello che volevamo.
In Italia c’è molto l’idea per cui la sostenibilità è principalmente legata alla parte ambientale ed è comprensibile, ma per noi, come agenzia creativa, non è mai stato difficile essere carbon neutral. In realtà la parte interessante era capire cosa succede quando un creativo deve fare i conti con un linguaggio o un’idea diversi dal solito.
A livello strutturale, il percorso B Corp si porta dietro diverse cose legate alla governance, legate all’intervento che si riesce a fare sul territorio e lì l’agenzia deve riuscire a creare progetti che abbiano un valore. Per una realtà piccola come la nostra, Osservatorio Gabii è un progetto molto sfidante.

Questo progetto vi ha dato spunti per il futuro?

Alessandro

Tutta la parte legata all’istruzione per noi è molto interessante. Ma nei prossimi anni ci piacerebbe lavorare su progetti che hanno più a che fare con l’ambiente e la natura, su cui si può fare tanta comunicazione e su cui si può lavorare molto anche a livello creativo.

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