Ultra: a Prato la notte più lunga della fotografia

Nato nel 2016 in quel di Prato con l’intento di indagare il panorama contemporaneo della fotografia attraverso progetti dalle molte forme — mostre, incontri, laboratori, uno studio fotografico e uno spazio di formazione —, Sedici è un gruppo quasi interamente al femminile, formato da Claudia Gori, Margherita Nuti, Anita Scianò, Filippo Bardazzi, Gaia Vettori, Martina Melchionno, Paola Ressa, Naima Miriam Savioli e Serena Gallorini (alcuni nomi suoneranno familiari a lettrici e lettori di Frizzifrizzi: Scianò l’abbiamo infatti già conosciuta per il suo progetto sugli abbracci, Gori per Le sentinelle, Bardazzi per Tropographics, Nuti per Missive Selvatiche e Ressa per le cucine in quarantena).

Il collettivo Sedici
(foto: Margherita Villani | courtesy: Sedici)

Tra le tante iniziative organizzate in questi anni dal collettivo, ce n’è una particolarmente affascinante: un evento che si “consuma” nell’arco di una sola notte — una notte densissima di appuntamenti, di progetti, di stimoli che coinvolgono tutti i sensi e accompagnano spettatrici e spettatori fino alle prime luci del mattino. Una notte Ultra, questo il titolo della rassegna, giunta alla sua quinta edizione.

COSA
Ultra
Generazioni
QUANDO
22 luglio 2022 | 20,00 – 6,00
DOVE
Biblioteca Lazzerini + Castello dell’Imperatore | Prato

Dalle 20,00 della sera alle 6,00 del mattino successivo si gira per mostre, si mangia, si guardano le proiezioni dei lavori fotografici, si vedono film (il documentario L’età dell’innocenza di Enrico Maisto, vincitore del premio come miglior documentario italiano al Festival dei Popoli 2021; e un capolavoro come Boyhood di Richard Linklater), si seguono gli incontri con gli autori (i fotografi Luca Nostri e Iacopo Pasqui, oltre allo stesso Maisto) e infine ci si gode il concerto di EmiBlues & Jetta prima di fare colazione.
L’atmosfera — per chi non ha mai avuto modo di partecipare a una delle scorse edizioni — è questa.

Due i luoghi del festival, l’ex polo Campolmi, oggi Biblioteca Lazzerini, e il Castello dell’Imperatore.
Cinque le mostre: Young British Naturists di Laura Pannack, The Family di Zed Nelson, Exactitudes di Ari Versluis e Ellie Uyttenbroek, Anselmo di Luca Nostri e 1999 di Iacopo Pasqui.
Altrettante le proiezioni di progetti fotografici: Mutters Schuhe di Nina Röder, Azimuths of celestial bodies di Francesco Levy, Ritorno all’isola di Arturo di Marta Giaccone, Ginnasti di Gianluca Leonardi e A marriage story di Paola Ressa.
A legare il tutto un tema che è facile intuire anche solo dai titoli: Generazioni.

L’evento fa parte di Prato Festival 2022, realizzato in collaborazione con il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci e Casa del Cinema Terminale.
L’ingresso è libero fino a esaurimento posti. Le mostre saranno visitabili fino al 5 agosto (orario 16,00-20,00).

Di seguito immagini e informazioni sui progetti in mostra e quelli proiettati.

Young British Naturists
di Laura Pannack

«La nudità è di solito riservata al regno del privato. Siamo ben sicuri che la tenda sia chiusa prima di spogliarci ogni sera. Sulla spiaggia ci nascondiamo dietro coperte e asciugamani per preservare la nostra intimità e non appena un angolo tende a cadere non possiamo fare a meno di arrossire. Teniamo le nostre parti private nascoste alla vista, le manteniamo note solo a noi stessi o le cediamo in regalo alla persona che amiamo. È qualcosa di più di una semplice questione di pelle. La nudità può connotare innocenza o sessualità, purezza o depravazione e può significare sia potere che vulnerabilità. Quando veniamo al mondo siamo liberi da qualsiasi pregiudizio sociale rispetto all’abbigliamento, allo stile e alle pressioni consumistiche della moda».
Per realizzare questo progetto Laura Pannack ha incontrato numerosi naturisti britannici (tutti sotto i 30 anni) e ha in seguito ottenuto accesso a circa 20 siti nudisti in tuto il Regno Unito. L’interesse della fotografa è stato quello di capire come le amicizie si formano sulla semplice base comune del naturismo, mostrando queste persone non solo come rappresentanti di un gruppo sociale, ma come individui.

© Laura Pannack | courtesy: Sedici

The family
di Zed Nelson

Zed Nelson ha iniziato il progetto The Family 25 anni fa, quando la moglie di un suo amico era incinta di nove mesi. Nelson ebbe in quel momento un’idea, basata sulla fotografa time-lapse: avrebbe fotografato la coppia con il loro bambino subito dopo il parto, e poi ogni anno, da allora in poi, per sempre.
«Ho pianificato le riprese — scrive l’autore — in modo formale, quasi scientifico. Ogni anno, nella stessa data, sullo stesso sfondo, sotto la stessa illuminazione, fotografavo la stessa famiglia. In questo modo non ci sono distrazioni, solo il miracolo della crescita e i cambiamenti del tempo e dell’invecchiamento.

© Zed Nelson | courtesy: Sedici

Exactitudes
di Ari Versluis e Ellie Uyttenbroek

Ari Versluis e Ellie Uyttenbroek lavorano assieme dall’ottobre del 1994. Ispirati da un interesse comune per la ricerca dei codici di abbigliamento di diversi gruppi sociali, i due artisti hanno sistematicamente documentato numerose identità negli ultimi 28 anni. La fonte di ispirazione principale rimane l’eterogenea e multiculturale comunità urbana di Rotterdam, nonostante dal 1998 Versluis e Uyttenbroek abbiano lavorato in diverse città anche all’estero. Exactitudes è il titolo di questa serie, una parola che deriva dall’unione di due termini: “exact” (esatto) e “attitude” (atteggiamento). Inquadrando tutti i loro soggetti in una cornice identica, con pose simili e un dress-code ben definito, Versluis e Uyttenbroek creano un documento dal valore antropologico, quasi scientifico del tentativo da parte di ciascuno di noi di distinguersi dagli altri, assumendo un’identità di gruppo. In questa loro ricerca fotografica tuttavia, l’apparente contraddizione tra individualità e omogeneità è portata così agli estremi che l’aspetto artistico domina senza dubbio l’elemento puramente documentario.

© Ari Versluis e Ellie Uyttenbroek | courtesy: Sedici

Anselmo
di Luca Nostri

La ricerca di Luca Nostri si concentra su un’area della provincia di Ravenna conosciuta come Bassa Romagna, che ha indagato nel tempo con diversi progetti, sia artistici che curatoriali. Nell’estate del 2010, dopo gli anni di formazione vissuti a Bologna e a Roma, l’artista torna in Romagna per ritrovare i luoghi familiari e fotografarli. In questa serie Luca Nostri restringe progressivamente il campo al cortile di suo nonno Anselmo, che segue nelle sue peregrinazioni giornaliere. Questo microcosmo è abitato da piccole costruzioni artigianali e assemblaggi di oggetti domestici apparentemente incongrui, che l’artista contempla come presenze misteriose ed enigmatiche. Proseguendo sulla scia degli autori che negli anni Ottanta hanno indagato la provincia italiana cogliendo lo straordinario nell’ordinario, Luca Nostri esplora questo paesaggio vernacolare lentamente, assorbendo attraverso la fotografa l’essenza più intima del luogo. Il progetto ha vinto la II edizione del Premio Graziadei per la Fotografa ed è stato acquisito nelle Collezioni di Fotografa del museo MAXXI di Roma.

© Luca Nostri | courtesy: Sedici

1999
di Iacopo Pasqui

Dal febbraio 2015 e per circa un anno, Iacopo Pasqui ha cominciato a frequentare e fotografare un gruppo di adolescenti nati nel 1999. Spinto da una curiosità verso le dinamiche sociali contemporanee e da una necessità di fotografare il prossimo, ritrova in questo gruppo di giovani amici una dimensione a lui congeniale per prossimità e distanza generazionale. Partendo inizialmente con un velo di pregiudizio dettato dalla convinzione di ritrovare nelle vite di Alessio, Chicca, Flavio, Francesco, Irene e Rebecca il riflesso del marcio e della decadenza della società contemporanea, col tempo l’autore si ricrede, riscontrando nella vita dei ragazzi più ordinarietà di quel che si aspettasse.
Questo lavoro non vuole stupire visivamente i suoi fruitori, ma vuole essere una ricerca sulla poetica e sulla purezza di questa età, sull’ingenuità di questi giovani e sul loro modo di essere, in fondo, ancora un po’ bambini.

© Iacopo Pasqui | courtesy: Sedici

Mother’s Shoes
di Nina Röder

In Mother’s Shoes Nina Röder mostra tre prospettive distinte della giovinezza di sua madre: rivissuta da sua madre, da sua nonna e dall’autrice. Röder mette in risalto i momenti autoriflessivi della vita di sua madre, come il ballo di fine anno e la sua formazione come parrucchiera, per esplorare come la soggettività e la prospettiva influenzino la rivisitazione dei ricordi. Questo lavoro suggerisce che le emozioni e il tempo possono innescare una metamorfosi che altera la nostra percezione di determinati ricordi. Röder si chiede come sua madre si veda nei suoi ricordi, quali emozioni corrispondono a quali ricordi e come le sue emozioni siano cambiate nel tempo. Riflette anche su come sua nonna ricorda questi momenti della vita di sua figlia e su come si sente a riguardo. Infine, Röder considera quanto lei stessa sa di questi ricordi. Queste domande vengono affrontate attraverso esperimenti performativi e attraverso una spiegazione della complessa metamorfosi dei ricordi in generale. Le foto sono state scattate in vecchie stanze nella casa d’infanzia della madre di Nina Röder, nella provincia della Franconia. Gli abiti che indossano le tre donne sono abiti originali appartenuti alla madre di Röder e sono narrativamente legati a ogni momento rappresentato.

© Nina Röder | courtesy: Sedici

Azimuths of Celestial Bodies
di Francesco Levy

«Ci sono molti modi per raccontare una storia e altrettanti per mentire nel farlo. Il mio è un viaggio all’interno delle storie e delle persone che hanno formato il mio nucleo familiare e di come questo metaforico fiume di vite sia adesso confluito in me che sono, per adesso, l’ultimo della mia stirpe».
Le grandi guerre, che hanno sconvolto il continente europeo durante lo scorso secolo, sono il filo conduttore, il sottofondo amaro, la causa prima delle migrazioni che hanno permesso l’intreccio delle storie famigliari di Francesco Levy. Un discorso sulla discendenza, collegando quello che era con quello che è: una restituzione dei ricordi che sono giunti all’autore, che ha fatto suoi e ha reinterpretato liberamente. Un diario per immagini, la topografia illustrata di un viaggio autobiografico, per esplorare la sua geografa famigliare.

© Francesco Levy | courtesy: Sedici

Ritorno all’isola di Arturo
di Marta Giaccone

Marta Giaccone ha scoperto l’isola di Procida grazie ai suoi adolescenti. Dapprima attraverso il protagonista del libro di Elsa Morante del 1957 L’Isola di Arturo, poi con i giovani che oggi la abitano. Ispirato da Arturo, il ragazzo-eroe del libro che conduce, tutto solo, una vita selvaggia e magica in Italia alla fine degli anni ’30, il progetto dell’autrice segue un gruppo di adolescenti per raccontare questo periodo delicato e tumultuoso della loro vita.
«Mi interessa osservare e capire come questi ragazzi vivono l’adolescenza su un’isola così piccola, di soli 4 chilometri quadrati, dove senza dubbio crescono più liberi di quanto non farebbero in una città, ma forse più protetti e soggetti a meno stimoli. Mi piace entrare nelle loro vite, essere accettata quasi come loro pari, conoscere i loro post preferiti. Le loro radici sono profonde, a volte sognano luoghi lontani ma sempre con l’idea di tornare, alla fine, per restare».

© Marta Giaccone | courtesy: Sedici

Ginnasti
di Gianluca Leonardi

«Ripercorro alcuni tratti di strada che mi hanno fatto diventare ciò che sono. La palestra, la disciplina, a volte la solitudine. Sono tutti elementi che accomunano molti atleti di ogni sport a livello agonistico, sono tornato indietro e adesso ho 15 anni».
15 anni, l’esperienza di un fotografo e una macchina fotografica: Gianluca Leonardi documenta il dietro le quinte di questo mondo di cui ha fato parte per molto tempo, senza un intento critico né alcun elogio. È come se l’autore tornasse alla sua adolescenza e ci mostrasse direttamente ciò che vede.

© Gianluca Leonardi | courtesy: Sedici

A Marriage Story
di Paola Ressa

Paola Ressa costruisce il suo progetto fotografico a partire dal ritrovamento di fotografe di una famiglia sconosciuta. «Mi sento sospesa su una nuvola di ricordi. Mi sono sentita esattamente così davanti alle foto di questa famiglia. Pensavo anche di aver già visto alcune di quelle foto a casa dei miei nonni. Un ritratto in particolare — la ragazza nella vasca — somiglia alla mia nonna materna, Paola. Sorprendentemente, anche la posa è identica. Ci sono i palazzi, che ricordano quelli di Taranto, c’è il mare, le sdraio colorate che somigliano a quelle della villa alla Baia d’Argento; ci sono le tende di cattivo gusto, i mobili color pastello e c’è quell’incredibile senso di famiglia che ci unisce, in un modo o nell’altro. In un mondo o nell’altro».
Quando si tratta di amore, parliamo tutti la stessa lingua. Succede così che sorrisi e pose imperfette diventano il contenitore dei ricordi tra i quali rovistare. Ci ricordano che la nostalgia non è tristezza, ma è un’emozione che ci aiuta a non sprecare il piacere dei momenti passati e ci risintonizza magicamente con il presente.

© Paola Ressa | courtesy: Sedici

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