Paola Ressa e le cucine in quarantena

Per anni, soprattutto tramite Instagram, siamo stati abituati a vedere cucine quasi perfette: pulite e fotografate con la medesima cura degli stylist delle riviste di arredamento. Oppure svelate solo dettaglio dopo dettaglio, in micro-composizioni che opportunamente evita(va)no la visione d’insieme (l’equivalente della riunione su Skype con la giacca e la cravatta sopra ai pantaloni del pigiama e alle babbucce).

Con la quarantena è improvvisamente cambiato tutto. Le cucine sono ritornate a essere il centro della vita domestica di tutti, non solo nella realtà quotidiana (lì, in fondo, lo è sempre stata, come il focolare nei grandi salotti borghesi d’altri tempi) o nella “realtà” esibita da food influencer e affini. La cucina è diventata lo sfondo delle migliaia di dirette via social che stanno coinvolgendo più o meno tutti, dalle celebrità alla gente comune, tra concerti improvvisati, tutorial per fare il pane, letture serali, lunghi elenchi con consigli di lettura, estemporanee recensioni, tribune politiche in ciabatte, e i famigerati aperiskype.

(courtesy: Paola Ressa)
(courtesy: Paola Ressa)

Tra il fornello e il lavello, tra la cappa e il frigorifero, una legione di italiani ha allestito il set della propria “vita in diretta”, chi sperimentando nuovi modi di essere e di apparire, chi ritrovando il tempo per qualche passione messa nel cassetto per anni, chi reinventando per cause di forza maggiore il proprio modo di fare personal branding, chi semplicemente buttandosi nella mischia perché «beh, lo fanno tutti».
Mai come in questi giorni di clausura ci è stato possibile sbirciare nelle case degli altri: da quelle dei prof. che tengono lezione in streaming a quelle dei personaggi famosi. Coi “fondali” delle precarie e disturbate riprese girate con smartphone e webcam talvolta più interessanti dei soggetti in primo piano.

Finché qualcuno in vena di poesia, nel diabolico e delirante labirinto burocratico italico, non inserirà nel quotidiano “nuovo” modulo di autocertificazione per uscire di casa il permesso di tornare a sbirciare dalle finestre per immaginare le case e le vite degli altri, dobbiamo accontentarci delle cucine in streaming.
Da flâneur e flâneuse a voyeur e voyeuse.

(courtesy: Paola Ressa)
(courtesy: Paola Ressa)

La fotografa Paola Ressa, incuriosita da questa nuova aura “mediatica” della stanza più animata della casa, ha deciso di renderlo esplicito, questo voyeurismo, chiedendo a conoscenti e non di farla entrare nelle loro cucine.

Tarantina, classe 1989, Ressa vive in Toscana da quando aveva 18 anni. Dopo una laurea in cinema al Dams e tre anni di studi di fotografia alla Fondazione Studio Marangoni, oggi lavora come freelance e — come racconta lei stessa — «mi nutro di persone, perché amo farmi raccontare le loro storie e ciò che loro vedono».
In questi giorni di quarantena, ha trovato il modo di placare l’inquietudine entrando nelle vite degli altri attraverso le cucine.
Ce ne sono di minimal e di caotiche, di scure e luminose. Ci sono fornelli accesi, sughi pronti, torte che qualcuno ha già iniziato a gustare, caffettiere, quadri appesi, piante nel lavello, calamite sulle cappe, soprammobili. Sono tracce di vite reali, dentro a cucine non “pettinate”, assai più preziose di quelle delle riviste, che quasi sempre sembrano non poter davvero ospitare forme di vita corporee.

«Quello che ti allego», mi ha scritto l’autrice, «è una parte di ciò che ho raccolto, che secondo me racconta tantissimo la quotidianità di ognuno di noi».

(courtesy: Paola Ressa)
(courtesy: Paola Ressa)
(courtesy: Paola Ressa)
(courtesy: Paola Ressa)
(courtesy: Paola Ressa)
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(courtesy: Paola Ressa)
(courtesy: Paola Ressa)
(courtesy: Paola Ressa)
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(courtesy: Paola Ressa)
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co-fondatore e direttore
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