Era il 1932 e in una trattoria milanese in via della Asole, a pochi passi dal Duomo, si riuniva abitualmente un gruppo di lavoratori dell’industria grafica. C’erano un paio di grafici, altrettanti tipografi, un gallerista, un pubblicitario, un amministratore e molti operai. Tra vino, ossi buchi e cotolette, ai tavoli si parlava del mestiere: aspetti tecnici ma anche teorici, in un periodo in cui la grafica italiana era appena agli inizi e dalla Germania arrivava l’esempio del Bauhaus, che di lì a poco sarebbe stato fatto chiudere dai nazisti.
A riunire la comitiva erano stati Carlo Dradi e Attilio Rossi — i due grafici, entrambi usciti dalla Scuola del Libro di Milano — e da quelle riunioni informali usciva forte e chiaro un bisogno comune: svecchiare il settore in cui tutti quanti lavoravano, ancorato a concezioni, tecniche e pratiche che ormai avevano fatto il loro tempo.
Mettendo insieme le forze, e potendo usufruire del lavoro volontario degli stessi fondatori e del supporto di amichevoli sostenitori appartenenti al mondo dell’arte e a quello dell’architettura, oltre che del libero accesso, nei giorni non lavorativi, agli spazi e alle macchine di alcune tipografie, l’anno successivo le riunioni in trattoria “partorirono” una rivista: si chiamava Campo Grafico e chi ne faceva parte si autoproclamava “campista”.
«Ai grafici volenterosi, che appoggeranno con la loro collaborazione la nostra opera, mandiamo il miglior saluto, nella certezza che l’utile intesa e la comunanza di sforzi saranno fecondi di ottimi risultati» dichiaravano le righe finali dell’editoriale di presentazione del primo numero, uscito nel gennaio del 1933. E l’appoggio, fin da subito, non mancò. Venduta su abbonamento, la rivista veniva tirata in 500 copie, e attirò immediatamente a sé altri professionisti, tra cui alcuni dei fondatori della grafica italiana moderna: Bruno Munari, Guido Modiano, Antonio Boggeri, Luigi Veronesi, Enrico Bona, Ezio D’Errico.
Sulle pagine di Campo Grafico — che usciva ogni mese cambiando veste grafica ogni volta — si faceva la storia del graphic design italiano, si discuteva, si sperimentava. «Obiettivo centrale di Campo Grafico» scrisse qualche anno fa il docente, ricercatore e storico del design e della comunicazione visiva Carlo Vinti su Quaderno di Cultura Tipografica 01.TIF Campo Grafico, «era combattere contro una visione della tipografia come Arte con la A maiuscola: i motti in latino e i simboli come “il torchio inghirlandato di lauri, l’aquila che stringe negli artigli il compositoio o altri arnesi”1 andavano messi da parte per restituire alla tipografia una dimensione pratica e tecnica. Adeguarsi alla modernizzazione in atto nell’industria e nelle arti era sentito come un “imperativo morale”».
Tra alti e bassi, l’avventura editoriale di Campo Grafico, vissuta in un periodo travagliato come quello del ventennio fascista (non mancarono scontri più o meno aspri con il regime) andò avanti fino al 1939. L’ultimo numero, all’insegna del futurismo, uscì nella primavera di quel terribile anno che avrebbe poi visto l’inizio della Seconda guerra mondiale, e chiuse idealmente una delle stagioni più creative della grafica e della tipografia del nostro paese.
Oggi le collezioni complete di tutti e 66 i numeri pubblicati sono rarissime da trovare, ma per fortuna l’eredità del progetto è stata preservata dall’Associazione Campo Grafico.
Fondata nel 2013 — quindi a 80 anni dal primo numero — da Gaetano Grizzanti, designer ed esperto di branding, insieme al giornalista e scrittore Mauro Chiabrando e ai figli dei fondatori della rivista, Massimo Dradi e Pablo Rossi, l’associazione ha anche messo online i numeri del magazine, che si possono quindi esplorare comodamente da browser.
Ci sarà però occasione di vederli dal vivo, esposti per la prima volta tutti insieme, nella mostra Campo Grafico 1933/1939, organizzata dall’Associazione Campo Grafico presso l’ADI Design Museum di Milano in occasione della prima edizione del Milano Graphic Festival, evento dedicato alla grafica diffuso in tutta la città, in programma dal 25 al 27 marzo prossimi.
L’esposizione inaugurerà domani sera (24 marzo) alle 17,15 e chiuderà il 10 aprile. Sarà accompagnata da un catalogo, a cura di Gaetano Grizzanti, edito da Aiap Edizioni e tirato — come la rivista — in 500 copie, tutte numerate.
IL CATALOGO
Campo Grafico 1933/1939. Nasce il visual design
a cura di Gaetano Grizzanti
Il catalogo — oltre alla narrazione dei tratti salienti della storia di Campo Grafico corredata con oltre 100 immagini — include un poster illustrato con tutte le 66 copertine e la trascrizione e la traduzione in inglese di 12 articoli originali della rivista.
Progettato da Gaetano Grizzanti e Giancarlo Tosoni, la pubblicazione è esplicitamente concepita con un’ispirata grafica “campista”, esprimendo tutte le sfacettature di un fenomeno multiforme.