Mio padre morì perché era un ladro. Rubò per tre volte nei campi di Zò, e alla quarta l’uomo lo prese. Gli sparò nella pancia, gli strappò la gallina di bocca e poi lo legò a un palo del recinto come avvertimento. Lasciava la sua compagna con sei cuccioli sulla testa, in pieno inverno, con la neve.
Nella notte burrascosa, tutti assieme nel grande letto, guardavamo nostra madre disperarsi in cucina, alla penombra di una lampada e del soffitto basso della tana.
«Maledetto, Davis, maledetto!», piangeva. «Ora cosa faccio? Stupida faina!».
Noi la guardavamo senza fare rumore, vicini per il freddo. Alla mia destra c’era mio fratello Leroy, dall’altra parte invece Giosuè, che non ho mai conosciuto. Doveva essere morto poco dopo il parto, forse schiacciato dal peso di nostra madre, quando si era stesa per riposare.
«Disgraziato, disgraziato!», piangeva lei. «E adesso chi li cresce questi figli di nessuno?».
Quei primi giorni la vita era una bella sensazione. Respirando piano piano sotto le coperte, scivolavi nel sonno più vivace. Eri fragile e forte allo stesso tempo, nascosto dal mondo, in attesa di uscire.
«Chi li cresce? Chi li cresce?», diceva nostra madre. Poi si avvicinava al letto e si stendeva, lasciandoci la pancia. Appena la sentivo, mi ci attaccavo con tutte le forze. Gli altri miei fratelli cominciavano subito una piccola zuffa. Leroy era il più grande e si avventava di prepotenza, le femmine, Cara e Louise, facevano squadra. Otis, il più piccolo, veniva spesso lasciato fuori.
«Chi li cresce? Chi li cresce?», diceva nostra madre. Ogni tanto la sentivo sussultare dal dolore, se qualcuno di noi la mordeva troppo. Giosuè spuntava da sotto la sua pelliccia, immobile.
Comincia così I miei stupidi intenti, romanzo d’esordio del giovane scrittore sarzanese Bernardo Zannoni. Pubblicata da Sellerio nel 2021, questa “favola per adulti” è stata un vero e proprio caso letterario, vincitrice, l’anno successivo, di numerosi premi, tra cui il Campiello.
Narrata in prima persona dal protagonista — Archy, una faina zoppa che imparerà a leggere e scrivere, in un mondo in cui si mescolano istinti ferini e abitudini umane — la storia (che ho appena iniziato, restandone ammaliato) racconta le sue molte avventure, soprattutto in seguito all’incontro con la vecchia volpe Solomon, incamminandosi su un accidentato percorso, alla scoperta di concetti generalmente estranei al mondo animale: il potere della letteratura, la coscienza di sé, la morte, il tempo, Dio e il senso della vita.
Visto il successo, la casa editrice ha pensato bene di dare alle stampe una nuova edizione, stavolta arricchita dai disegni dell’autore probabilmente più indicato e titolato a tradurre in immagini la trama e le atmosfere che questa evoca: il grande Lorenzo Mattotti, che nelle sue tavole ha lavorato per sottrazione — del colore, innanzitutto — andando a dipingere con un sottilissimo pennello e con una china color sanguigna scene che si rifanno agli immaginari favolistici classici, ma lasciando a lettori e lettrici spazio per popolarle con le umanissime sensazioni che l’immersione nella narrazione de I miei stupidi intenti lascia sul palato di lettrici e lettori.
A poche settimane dall’uscita di questa nuova edizione, le tavole originali saranno in mostra a Milano, presso il Laboratorio Formentini per l’Editoria, dall’11 gennaio al 19 febbraio 2024, in un’esposizione a cura di Mimaster Illustrazione, in collaborazione con Fondazione Mondadori, Laboratorio Formentini per l’editoria, Lorenzo Mattotti e Sellerio.
In occasione dell’inaugurazione (l’11 gennaio alle 18,30, via Formentini 10) saranno presenti sia l’artista sia l’autore, che presenteranno il libro.
Se non l’avete ancora letto, non fatevi scappare l’occasione di procurarvi il volume illustrato.