Less is More e More is More: minimalismo vs. massimalismo grafico in due nuovi libri

Nel 2017 la casa editrice Victionary, di base a Hong Kong e specializzata nelle arti visive, pubblicava Less is More, un volume che raccoglieva molteplici esempi da tutto il mondo di progetti grafici basati sull’uso di pochissimi colori — due, tre, al massimo quattro, talvolta anche soltanto uno — nel pieno rispetto del motto, reso celebre dall’architetto Ludwig Mies van der Rohe, che dava anche il titolo al libro: “meno è più”.
Dopotutto il minimalismo è stato per tutto il ‘900 — ed è ancora, nei primi decenni del nuovo millennio — un rifugio sicuro dal caos crescente della società, dal rumore sempre più assordante della comunicazione, dalla confusione dei linguaggi, dall’eccesso delle forme. Senza tempo, tanto nei principi quanto nella sostanza, si è fatto canone, e in quanto tale ha anche scatenato reazioni uguali e contrarie che, allergiche alla freddezza e al rigore, sono approdate all’esatto opposto, cioè a un chiassoso ed esplosivo massimalismo, brulicante di elementi e colori, strabordante di stimoli, volutamente eccessivo e capace addirittura di provocare reazioni di aperto disgusto. Al “less is more”, dunque, si contrappone il tautologico “more is more”, che negli ultimi anni ha acquistato notevole slancio in tutta quella che è la comunicazione visiva.

More is more è anche il titolo del nuovo libro di Victionary, uscito quasi in contemporanea con la riedizione aggiornata del suo “fratello” minimalista Less is More, e come quest’ultimo presenta progetti di designer, studi e agenzie di tutto il pianeta.
Entrambi i volumi si possono acquistare online e sono composti da 288 pagine e vanno a coprire molteplici campi della progettazione grafica: dal packaging ai poster, dalla pubblicità all’editoria, dalla cartellonista alle app e ai siti web.