150 liste della spesa, in un libro che racconta, tra le righe, chi siamo

Come ci insegna il grande Gianni Rodari nel suo saggio Grammatica della fantasia, uno degli strumenti più efficaci per la creazione di una storia è quello che lui chiama il “binomio fantastico”. Accostando due termini distanti e solitamente estranei, “spaesando” una parola in un contesto inedito, si riesce a mettere in moto l’immaginazione.
I binomi fantastici si possono consapevolmente fabbricare (ad esempio estraendo parole a caso) ma talvolta li si trova già bell’e pronti, quasi come se esistessero in natura, pronti a scorrazzare per il mondo. A crearli, pur senza la minima intenzione di farlo, sono menti che in quel momento hanno altro da fare e sono completamente assorbite in tutt’altra attività, tipo stilare liste della spesa.

Chi dovesse imbattersi negli elenchi che persone completamente sconosciute portano con sé per non dimenticare cosa acquistare, infatti, di binomi (e polinomi) fantastici ne troverà a bizzeffe. Ne è pieno, effettivamente, un curioso libro appena uscito per i tipi de Il Saggiatore.
Si intitola Prosecco, pannolini e pappa per il gatto ed è opera di Giulio Castoro, che, oltre a inventare e sviluppare format per la tv e per il web, ormai da anni raccoglie le liste della spesa altrui, pubblicandole sul suo seguitissimo account Instagram @insta_della_spesa.

Classe 1988, originario di Udine, Castoro ha cominciato raccogliendo le liste che trovava nei carrelli o nei cestini della spesa del supermercato, per poi recuperarne ovunque. Ha continuato a farlo in tutti i suoi traslochi da città in città e, quando ha aperto l’account Instagram, hanno pure cominciato a inviargliene da tutta Italia.
Oggi ne ha migliaia, e 150 tra le migliori sono finite nel libro, suddivise in sette capitoli in base agli “indizi” formali o contenutistici delle liste stesse: bambini, coinquilini, single, coppiette, famiglia, anziani (questi, così come i bambini, si riconoscono dalla grafia) e artisti.

Prima parlavo di binomi e polinomi fantastici, ed ecco dunque, nel capitolo “single” il binomio definitivo: «prosecco e biscotti». Chi l’avrà scritto? Che faccia avrà? Che avrà fatto dopo essere tornata o tornato a casa col suo prosecco e i suoi biscotti? Forse la sua vicenda, tutta da scrivere, prima o poi incrocerà quella di chi, sulla sua lista, ha segnato un’altra accoppiata assurda come «aglio, grappa».

Che dire poi di chi, torturando la lingua italiana, ha annotato «scoter, casa, burro» — che sarebbe Scottex Casa e burro ma è sicuramente più bello immaginare di uscire per acquistare, in un solo viaggio, un motorino, un appartamento e un panetto da 250g.
A proposito di storie: in nuce, tra le pagine di Prosecco, pannolini e pappa per il gatto ce ne sono in quantità. Per quel che appare sulle liste — «banca nonna, usa e getta, pile orecchie nonna, tampax, pillola», qui ci tiri fuori una serie tv; o «per favore comprami carbone per non scureggiare la notte» — ma anche per come sono scritte: c’è quella con un’intera mappa del supermercato, ci sono quelle piene di disegnini, quelle sottolineate in tanti colori, o frutto di virtuosismi di calligrafia e lettering. E poi i supporti: al classico foglietto quadrato c’è chi ad esempio preferisce uno schema delle parole crociate.

Ciascuna lista è accompagnata da un commento dell’autore, che nell’introduzione descrive il progetto come «una sedia messa fuori dal pianerottolo per spettegolare sulle vite di chi ci passa davanti. Un tentativo ancora inesplorato per indagare la famosa “pancia del Paese”, provando proprio a guardare cosa ci sia all’interno di essa».

Castoro cita anche Umberto Eco, sostenendo, tuttavia, che per una volta il grande intellettuale ha avuto torto. Se infatti Eco diceva che «C’è una sola cosa che si scrive solo per se stesso, ed è la lista della spesa. Serve a ricordarti che cosa devi comperare, e quando hai comperato puoi distruggerla perché non serve a nessun altro. Ogni altra cosa che scrivi, la scrivi per dire qualcosa a qualcuno», Castoro, dopo averne collezionate migliaia, è arrivato invece a capire che «Le liste della spesa sono un diario segreto, una confessione che facciamo a noi stessi su ciò di cui abbiamo bisogno per sopravvivere». Che talvolta possono essere semplicemente dei «chigui» (kiwi) o dei «peti di polo», il succitato «scoter» o le «briose» (brioche), della «invidia» (indivia), delle «carotte» (carote) o un «deotorante abbiente» (deodorante ambiente) — anche qui torna in mente Rodari e il suo capitolo su quello che chiama “errore creativo” — ma che di tanto in tanto rivelano richieste d’aiuto inserite strategicamente: tipo «una vita», dopo biscotti, tè, camomilla, crostini, zucchine, pomodori e pasta; o della «dignità», da ritrovare dopo detersivo per pavimenti, alluminio e caffè, il tutto seguito da un inequivocabile «guardami ogni tanto!!!».