Città (in)visibili: la tesi di Camilla Pilotto è un progetto editoriale sul celebre romanzo di Calvino

In un suo breve saggio di diversi anni fa, lo scrittore americano Jonathan Lethem ipotizzava un mondo in cui L’arcobaleno della gravità — capolavoro assoluto di Thomas Pynchon — avesse vinto, nel 1973, il premio Nebula, che è tra i più importanti riconoscimenti nell’ambito della letteratura fantascientifica e che quell’anno andò invece a Incontro con Rama di Arthur C. Clarke.
Dato a Pynchon, autore complesso e prodigo di fuochi d’artificio stilistici e narrativi (fin troppi, sostengono i detrattori), quel premio, secondo Lethem, per la fantascienza avrebbe significato l’uscita ufficiale dal ghetto della letteratura di genere e l’abbraccio con la Letteratura con la L maiuscola.

«Perché quello che rende la fantascienza stupenda e complicata è quel misto di speculazione e di favoloso: la fantascienza è al tempo stesso narrativa di pensiero e narrativa di sogno» scriveva Lethem. «Per i primi sessanta e passa anni del secolo la narrativa americana era stata carente proprio di quegli attributi che la fantascienza offriva in abbondanza, per quanto in modo rozzo. Mentre all’estero affabulatori come Borges, Abe, Cortazar e Calvino fiorivano, qui da noi una vena di puritanesimo letterario bandiva dall’ambito della rispettabilità la scrittura fantasiosa e surreale».
Cita Calvino — quel Calvino che è stato studiato e amato con passione nelle università americane e nei corsi di scrittura creativa che hanno poi contribuito a costruire quella generazione di autrici e autori di cui Lethem stesso fa parte (con lui David Foster Wallace, Donald Antrim, Dave Eggers, A.M. Homes, Rick Moody, Aimee Bender, Julia Slavin, Jeffrey Eugenides) e che è arrivata in Italia tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000 soprattutto grazie a una casa editrice, minimum fax. Quel Calvino che, a sua volta, è stato anche lui a un passo dal vincere un premio Nebula: nel 1975 il suo Le città invisibili, venne infatti nominato nella categoria “miglior romanzo”.

Il picturebook e le 9 città invisibili
(courtesy: Camilla Pilotto)

Servirebbe un altra grande mente come quella di Lethem per speculare sul significato che avrebbe avuto una vittoria de Le città invisibili al Nebula del ’75. Significato per la fantascienza ma anche per la letteratura-letteratura. E poi per la letteratura combinatoria, e persino per l’architettura, che è tra le discipline in cui il l’influenza del romanzo pubblicato nel ’72 da Einaudi è stata forse più profonda, ancor più che nella narrativa — «L’eredità delle Città invisibili non è nel concrete degli edifici (nel doppio senso inglese del termine, quindi né nel concreto, e neppure nel calcestruzzo), ma nel legame stretto tra immagine e immaginazione. Le città di Calvino non sono descritte nei minimi dettagli, ci sono invece tanti spazi bianchi che a loro volta danno spazio all’immaginazione. In altre parole: è proprio la scarsa visibilità delle città di Calvino che garantisce il loro successo, la loro produttività multiforme nei cervelli di artisti e urbanisti» scriveva il ricercatore Elio Baldi in un bell’articolo, uscito su Doppiozero, riguardante il connubio tra l’autore de Il barone rampante e l’architettura —, influenza che, in effetti, si è fatta sentire in tutti quegli ambiti profondamente legati alla cultura del progetto: il design, in tutte le sue forme.

Non si contano le opere germogliate a partire dalla trama e dalla struttura de Le città invisibili, un libro che, mentre lo leggi, cominci a sognare, accogliendo le possibilità suggerite da Calvino e poi andando avanti con la tua testa sulla strada che lui ha tracciato, costruendoci sopra — o dentro, sotto, di lato, in trasparenza — qualcosa di tuo.
Così ha fatto la giovane designer Camilla Pilotto, che oggi lavora in uno studio creativo di Reggio Emilia e che l’anno scorso ha conseguito il master in Design della Comunicazione presso il Politecnico di Milano con una tesi intitolata Città (In)visibili (relatrice: Elena Caratti; relatore: Giovanni Baule), in cui ha ideato un progetto editoriale per ragazze e ragazzi proprio a partire dall’opera di Calvino.

Alcuni degli schizzi di Camilla
(courtesy: Camilla Pilotto)

Classe 1995, cresciuta — racconta lei stessa — «in una famiglia dove la creatività si esprime tra disegni tecnici, pareti ormai completamente nascoste da lunghi scaffali carichi di libri, prototipi, lampade geometriche, poster e progetti grafici di qualsiasi forma e dimensione, raccolti tra viaggi lontani ed eventi da ricordare», Camilla ha frequentato il liceo artistico, ha preso una laurea triennale in Design degli interni, sempre al Politecnico e, dopo sei mesi ad ammirare aurore boreali a Rovaniemi, in Lapponia, durante l’Erasmus, a metà 2019 ha cominciato a lavorare alla sua tesi, che ha richiesto un intero anno per essere sviluppata ed è nata all’interno di una più ampia ricerca sulla relazione tra il design e la traduzione.

Il suo progetto — articolatosi da una “semplice” domanda: «In un contesto contemporaneo fortemente improntato su modalità di interazione digitale, come sviluppare una proposta editoriale destinata ai ragazzi che valorizzi l’attività di lettura attraverso le potenzialità contenutistiche e formali dell’oggetto-libro?» — mi ha lasciato davvero a bocca aperta, dall’idea alla realizzazione.
Le ho quindi chiesto di raccontarmi la genesi e il lavoro fatto.

Il picturebook e le 9 città invisibili
(courtesy: Camilla Pilotto)

Il progetto

Il progetto editoriale “Le città (in)visibili” è nato da un principale presupposto: il picturebook è un artefatto complesso che si identifica per una stretta alternanza di codici comunicativi che cooperano alla caratterizzazione di elementi paratestuali e pagine interne. Questo dialogo tra testo, immagine, formato e codice grafico contribuisce a favorire un’esperienza di lettura profonda basata proprio sull’unicità della relazione tra lettore e oggetto-libro, a favore dello sviluppo di una matura capacità immaginativa e creativa.

Tale presupposto ha indotto la mia ricerca a soffermarsi sull’importanza dell’elaborazione di proposte editoriali che si avvalgano delle caratteristiche dell’oggetto-libro al fine di favorire attività di lettura polialfabetica, evidenziando le potenzialità di interazione con il prodotto cartaceo non solo per l’infanzia, ma anche per ragazzi.

Il picturebook
(courtesy: Camilla Pilotto)
Il picturebook
(courtesy: Camilla Pilotto)

Gli obiettivi

A seguito di questo percorso di ricerca, il progetto Città (in)visibili consiste nella proposta di una traduzione intersemiotica dell’opera di Italo Calvino in dieci prodotti editoriali destinati ad un’età compresa tra gli 11 e i 14 anni: nell’alternanza di formati, immagini e testo, i prodotti elaborati si propongono come dimostrazione delle potenzialità del picturebook e come materiale utile agli educatori nello sviluppo di attività di lettura e sperimentazione creativa.

La traduzione operata in relazione al testo specifico può esser intesa come modello e sistema traduttivo applicabile a differenti opere, anche classiche, dotate di peculiarità simili.
Nel sottile spessore di una pagina, risiede un potenziale infinito.

Il picturebook
(courtesy: Camilla Pilotto)
Il picturebook
(courtesy: Camilla Pilotto)

Struttura della collana editoriale

Il testo Le città invisibili è un’opera letteraria dalla struttura fortemente poliedrica e articolata: il libro è composto da un filone narrativo principale che accompagna alla scoperta della relazione e delle riflessioni condivise dai due protagonisti, Marco Polo e l’imperatore dei Tartari Kublai Kan, e da nove capitoli nei quali è suddivisa la narrazione delle 55 città invisibili immaginate dal viaggiatore.

A partire da questa struttura, la traduzione intersemiotica si compie dunque nella narrazione della sequenza principale entro un picturebook di medio formato, e nella progettazione editoriale di 9 delle 55 città invisibili, una per ciascun capitolo.

Il picturebook
(courtesy: Camilla Pilotto)
Il picturebook
(courtesy: Camilla Pilotto)

Oggetto della narrazione

A differenza di molte traduzioni esistenti incentrate sulle singole città descritte da Calvino, il mio progetto si focalizza anche sulla narrazione che intercorre tra le varie città e che definisce il contesto e lo sviluppo di un rapporto di fiducia e di dialogo tra i due protagonisti della vicenda: Marco Polo e l’imperatore dei Tartari Kublai Kan.
Ad ogni inizio e fine capitolo, vi è una sezione nella quale viene descritto l’incontro tra il messaggero e l’imperatore, e il dialogo che si instaura tra i due. Nella lettura dell’opera, la presenza di questi intermezzi che accompagnano nel viaggio alla scoperta di città effimere e immaginarie, permette al lettore di trovare un filone che conduce la narrazione discontinua entro una struttura e un contesto che si fa gradualmente più articolato.

Tanto quanto le città invisibili possono essere temporaneamente astratte dalla narrazione principale che le lega, così anche quest’ultima può essere oggetto di traduzione e diventare narrazione continua che presuppone un successivo rimando alle singole città invisibili.
La potenziale indipendenza di questa sezione deriva dunque dalla densità dei contenuti e dallo sviluppo alquanto lineare di una storia che si basa sulla conoscenza reciproca e la condivisione di pensieri riguardo un tema che è comune ai due protagonisti e a ciascun lettore, ossia il mondo (reale o immaginario) che viviamo quotidianamente.

Il timone del picturebook narrativo
(courtesy: Camilla Pilotto)

Picturebook narrativo

La sequenza narrativa è caratterizzata da una selezione di porzioni testuali dell’opera originale riportate senza modifiche. Nello svilupparsi della narrazione i due protagonisti, l’imperatore contraddistinto dal colore giallo, il viaggiatore dal verde acqua, creano un dialogo fatto di gesti e parole che man mano rende il lettore consapevole della dimensione immaginaria delle viaggio.

Nella progettazione delle pagine interne vi è una consistente riflessione in merito alle modalità di interazione che derivano dall’analisi sviluppata nella fase di ricerca: l’interdipendenza di codice verbale ed iconico con elementi del formato, quali fogli da lucido e pagine fustellate o cordonate, permettono una lettura che va oltre la visione della doppia pagina e valorizza la dimensione concreta dell’oggetto-libro.

I 9 libri
(courtesy: Camilla Pilotto)
La custodia di uno dei libri
(courtesy: Camilla Pilotto)

9 città (in) visibili

Come anticipato, il processo di traduzione intersemiotica non si conclude nel focus sulla narrazione principale, ma proprio a partire da una dichiarazione dell’autore stesso che sottolinea che «Questo libro è fatto a poliedro, e di conclusioni ne ha lungo tutti i suoi spigoli», il processo progettuale prosegue nella traduzione intersemiotica di 9 delle 55 città invisibili narrate.

Le città oggetto di traduzione editoriale sono Zora, Fedora, Valdrada, Olivia, Ottavia, Smeraldina, Clarice, Tecla e Berenice, e ciascuna di esse assume formato, rilegatura, codice iconico e grafico diversi in base alle dimensioni immaginifiche che l’autore è in grado di suscitare attraverso la sua narrazione.

La custodia, vista frontale
(courtesy: Camilla Pilotto)
La custodia, vista del retro
(courtesy: Camilla Pilotto)

Ciascun elaborato editoriale è identificato da un logo che richiama le caratteristiche salienti del formato specifico, e che unito agli altri definisce il sistema grafico identificativo della collana editoriale Città (in)visibili.
Tutti i libri sono stati progettati per rientrare entro le dimensioni di ingombro del formato A5, secondo pagine sempre in multipli di quattro e caratterizzate da un linguaggio iconico definito da disegno in outline nera.
Il testo riportato in ciascuna sequenza narrativa corrisponde ad una selezione di porzioni estrapolate dall’opera di partenza.

Zora
(courtesy: Camilla Pilotto)
Zora
(courtesy: Camilla Pilotto)
Zora
(courtesy: Camilla Pilotto)

Zora
Le città e la memoria

Zora, città della memoria, si sviluppa come le note su uno spartito musicale nel quale la fissità degli elementi determina la scomparsa della città stessa.
La traduzione in un formato a concertina lungo 2 metri e 40 permette uno sviluppo continuo della storia sino ad una dissoluzione finale di codice iconico e verbale.

Fedora
(courtesy: Camilla Pilotto)
Fedora
(courtesy: Camilla Pilotto)
Fedora
(courtesy: Camilla Pilotto)

Fedora
Le città e il desiderio

Nel secondo capitolo si incontra Fedora, città di pietra grigia nella quale risiede un museo di sfere di cristallo che rappresentano i diversi volti della città immaginati dagli abitanti, tradotti entro un sistema di pagine circolari ed inserti in acetato trasparente che determinano la dimensione tridimensionale dell’elaborato.

Valdrada
(courtesy: Camilla Pilotto)
Valdrada
(courtesy: Camilla Pilotto)

Valdrada
Le città e gli occhi

Al terzo capitolo la città di Valdrada sorge sullo specchio d’acqua di un lago, e si traduce in un formato orizzontale caratterizzato da un asse di simmetria nella piega centrale.
Codice iconico, verbale e formato si specchiano, riproducendo una realtà uguale e contraria, che non potrà mai corrispondere alla propria metà.

Olivia
(courtesy: Camilla Pilotto)
Olivia
(courtesy: Camilla Pilotto)
Olivia
(courtesy: Camilla Pilotto)

Olivia
Le città e i segni

Al quarto capitolo si incontra Olivia, città immersa in una fuliggine nella quale è difficile distinguere tra la menzogna e la verità.
Tale concetto è stato tradotto in un formato editoriale caratterizzato da pagine semitrasparenti in carta da lucido, che nella loro sovrapposizione restituiscono una dimensione vaga nella quale si instaura un labile rapporto tra codice iconico e verbale.

Ottavia
(courtesy: Camilla Pilotto)
Ottavia
(courtesy: Camilla Pilotto)

Ottavia
Le città sottili

Al quinto capitolo si erge la città di Ottavia, sospesa sul vuoto tra una serie di valli e pendii.
Tale contesto narrativo è stato tradotto in un formato pagina che ricrea la dimensione della catena montuosa e in inserti di elementi pop-up che fanno percepire la dimensione di sospensione sul vuoto di una città consapevole di esser destinata a cadere.

Smeraldina
(courtesy: Camilla Pilotto)
Smeraldina
(courtesy: Camilla Pilotto)
Smeraldina
(courtesy: Camilla Pilotto)

Smeraldina
Le città e gli scambi

Al sesto capitolo la città di Smeraldina, caratterizzata da vie acquatiche, pedonali, aeree e sotterranee, viene tradotta entro due formati ripiegati che presentano i due punti di vista sulla città: una mappa dall’alto ed una sezione trasversale, accompagnate sul fronte dal relativo testo.
Per trovare la strada a Smeraldina, non resta che perdersi tra le sue vie.

Clarice
(courtesy: Camilla Pilotto)
Clarice
(courtesy: Camilla Pilotto)

Clarice
Le città e i nomi

Al settimo capitolo si incontra la città di Clarice che si compone di elementi antichi e moderni.
In questa circostanza il lettore è direttamente chiamato a tagliare e ricomporre gli elementi del tangram della città nei suoi vari passaggi storici, sperimentando così le infinite possibilità di combinazione di componenti architettoniche del passato e del presente.

Tecla
(courtesy: Camilla Pilotto)
Tecla
(courtesy: Camilla Pilotto)
Tecla
(courtesy: Camilla Pilotto)

Tecla
Le città e il cielo

All’ottavo capitolo la città di Tecla, caratterizzata da una serie di pagine fustellate, introduce il lettore ad un enorme cantiere che solo al calar della sera, con l’aiuto della luce di una lampada, si scopre essere destinato a sostenere e costruire le costellazioni del cielo.
La quarta di copertina, una volta forata lungo i punti indicati, si trasforma in una serie di costellazioni da osservare nel buio della notte.

Berenice
(courtesy: Camilla Pilotto)
Berenice
(courtesy: Camilla Pilotto)
Berenice
(courtesy: Camilla Pilotto)

Berenice
Le città nascoste

Nel nono capitolo, si incontra l’ultima città dell’intero libro: Berenice.
In questo luogo caratterizzato da una forte ambivalenza tra elementi giusti ed ingiusti, il gioco di pagine cordonate negative e positive, chiama il lettore a ridefinire la composizione della propria versione di Berenice.

(courtesy: Camilla Pilotto)

Laboratori creativi

L’intero sistema di traduzione delle città come detto è stato progettato all’interno del contesto di una collana che prevede la distribuzione dei singoli formati entro un cofanetto apposito; sul retro della confezione, alcune brevi righe dedicate al lettore introducono il contenuto specifico della custodia invitando ad una lettura attiva e ad una traduzione personale e creativa.
All’interno del cofanetto si trova il testo originale della città, il formato risultato della traduzione intersemiotica da me operata, e un rispettivo formato bianco caratterizzato dal medesimo sistema di rilegatura, predisposto per attività creative coordinate da un educatore.

In questa occasione, alla luce della lettura e comprensione del testo originale e della successiva visione della traduzione progettuale, i ragazzi sono invitati ad esprimere una personale traduzione in testo e/o immagini della loro visione della città invisibile.

Il picturebook e le 9 città invisibili
(courtesy: Camilla Pilotto)
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