Dall’adolescenza in poi, le mie esplorazioni nel mondo della letteratura sono sempre andate “all’incontrario”: mentre a scuola cercavano di ficcarmi a forza in testa Dante e Petrarca, io la mattina svuotavo lo zaino, lo riempivo con Hemingway, Fitzgerald, Bukowski, Fante, Dick o Ballard e saltavo le lezioni godendomi lunghe passeggiate e intense letture.
Questo “vizio” di partire dalla contemporaneità, e da lontano, per poi proseguire a ritroso nel tempo e nello spazio, in una continua ricerca delle ideali fonti dalle quali sgorgavano le parole e gli immaginari che di volta in volta amavo, è rimasto anche dopo la fine della scuola, lasciandomi enormi lacune ma anche un intatto, costante e bruciante impulso a risalire l’albero genealogico della letteratura.
Per riscoprire Calvino, ad esempio, sono dovuto prima passare per il postmodernismo americano: una strada che mi ha portato da Foster Wallace e Lethem a De Lillo, Pynchon, Barthelme e Barth, per poi approdare finalmente, transitando attraverso le sue Lezioni americane, che tanta influenza hanno avuto sulla scrittura statunitense della generazione X, a Il sentiero dei nidi ragno, Le città invisibili e la trilogia de I nostri antenati.
«Quanto a me» scriveva John Barth nel suo L’algebra e il fuoco sacro. Saggi sulla scrittura, «non voglio far parte di nessun club letterario che non comprenda l’espatriato colombiano Gabriel García Márquez e il semi-espatriato italiano Italo Calvino», del quale poi si spingeva a dire che «come tutti i grandi scrittori fantastici, Calvino radica i voli della sua immaginazione nel dettaglio specifico, palpabile: insieme alle nebulose, ai buchi neri e al lirismo troviamo una sostanziosa dose di pasta, di bambini e di gran belle donne guardate per un solo attimo e poi perse per sempre. Da vero scrittore postmoderno, Calvino tiene sempre un piede nel passato letterario — e tipicamente nel passato letterario italiano di Boccaccio, Marco Polo, o delle fiabe popolari italiane [ecco, sono “link” come questi a dare benzina alla mia vita di lettore, ndr] — e un piede, potremmo dire, nel presente strutturalista parigino; un piede nella fantasia, uno nella realtà oggettiva, e così via».

(fondo Agenzia Letteraria Internazionale-Erich Linder | courtesy: Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori)
Che scoperta fu, quando nei testi critici che riguardavano gli scrittori che più amavo nei primi anni 2000 trovai citato Calvino come nome di punta tra gli autori studiati e analizzati nei corsi di letteratura e nei laboratori di scrittura creativa delle università statunitensi! Non che questo aggiungesse qualcosa al suo valore, ma — come ho già detto — io ho bisogno di “link”, e l’autore delle Cosmicomiche si rivelò, attraverso quel percorso, un nodo fondamentale di una rete che, potenzialmente, potrebbe andare a coprire la letteratura di mezzo mondo.
Proprio a questo “Calvino internazionale” — tradotto in quasi cinquanta lingue — è ora dedicata un mostra, Calvino qui e altrove1, organizzata, in occasione dei 100 anni dalla nascita dello scrittore, dalla Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori presso il Laboratorio Formentini per l’editoria.
Curata da Andrea Palermitano e Francesca Rubini, l’esposizione presenta i volumi delle edizioni straniere delle sue opere, accompagnati dalle lettere che l’autore scambiava col suo agente Erich Linder, con cui collaborò tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’80 (si tratta di materiali originali, provenienti dal fondo Agenzia Letteraria Internazionale-Erich Linder, conservato presso la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori).
«Il carteggio» spiega il comunicato stampa dell’evento «offre uno spaccato eccezionale sul mondo dell’editoria culturale del Novecento, permettendo di osservare in diretta le dinamiche che legano autori, agenti letterari e editori». E se c’era un autore che aveva in grandissima considerazione le traduzioni, quello era proprio Calvino, che «di fronte alle sue traduzioni provava un senso di estraneità, di frustrazione: per questo cercava di colmare la distanza fra la sua parola letteraria e la reinvenzione in un’altra lingua con un dialogo costante con i suoi traduttori, gli “autori” delle sue opere apocrife»2.
Oltre ai volumi e alle lettere, la mostra è composta anche da pannelli in cui appaiono le copertine dei suoi libri, sia delle edizioni italiane che di quelle straniere, provenienti dal fondo librario del Laboratorio Calvino.
Il giorno dell’inaugurazione, infine si terrà un incontro realizzato insieme a Mimaster Illustrazione e intitolato Semplice, giocosa e flessibile: una nuova veste grafica per Calvino, nel quale Luigi Belmonte, a capo della collana Oscar Mondadori, Cecilia Flegenheimer, art director della casa editrice, e Jack Smyth, designer e illustratore, parleranno della genesi della nuova veste grafica che lo stesso Smyth ha progettato per le più recenti edizioni delle opere di Calvino negli Oscar Mondadori.

(fondo Agenzia Letteraria Internazionale-Erich Linder | courtesy: Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori)