An Atlas about Letterforms: un progetto di laurea di Fabio Mario Rizzotti

Il termine atlante, in ogni sua accezione, ci informa sull’arduo compito di chi si trova a dover sorreggere un peso, concreto o metaforico, che va al di là di ciò che si considera umanamente possibile.
Dall’omonimo titano della mitologia greca, costretto da Zeus a tenere sulle spalle l’intera volta celeste, alla prima vertebra cerebrale, che dal dio prende il nome avendo compito analogo (sostenere il cranio, che dopotutto a un globo assomiglia), fino alla raccolta di carte geografiche che, prima delle mappe a portata di smartphone, più o meno tutti avevano in casa.

La conoscenza — nella forma (e nelle forme) del mondo, e della mente che lo pensa — è un peso; un meraviglioso peso da portare, e gli atlanti — dei, ossa o libri che siano— se ne fanno carico.
E se l’atlante-libro è considerato, per definizione, come una “raccolta sistematica di carte geografiche”, il concetto è in realtà riduttivo perché, come sostiene il graphic designer olandese Joost Grootens, che di atlanti ne ha progettato parecchi, «l’atlas riguarda la traduzione visiva di dati e conoscenze», e le carte geografiche sono solo un’ambito specifico di tale traduzione visiva.

Fabio Mario Rizzotti, “An Atlas about Letterforms”, 2019 (courtesy: Fabio Mario Rizzotti)

Proprio prendendo spunto da una chiacchierata con Grootens, il giovane designer italiano Fabio Mario Rizzotti ha cominciato a lavorare, innanzitutto per la sua tesi di laurea magistrale presso la Basel School of Design, in Svizzera, a un atlante delle letterform, termine che non ha un equivalente in italiano, usato in tipografia per indicare la forma delle lettere.

Perché associare l’atlante alla forma delle lettere?
Per saperne di più ho chiesto allo stesso Fabio Mario di spiegarmi di che si tratta. Di seguito, insieme al testo del designer, alcune immagini del suo progetto, uscito in forma di libro col titolo di An Atlas about Letterforms.
Per ora soltanto un prototipo, il libro potrebbe vedere la luce grazie a una campagna di crowdfunding che verrà presto lanciata.

Fabio Mario Rizzotti, “An Atlas about Letterforms”, 2019 (courtesy: Fabio Mario Rizzotti)

La domanda iniziale che ha dato il via alla ricerca è stata: che cos’è un Atlas? Cioè cos’è che definisce un libro come tale?
Guardando i libri di Joost Grootens vedevo, ad esempio, che non si trattava dei classici atlanti geografici, andando a coprire argomenti completamente differenti, eppure venivano chiamati Atlas.

Quindi ho iniziato la fase di studio, innanzitutto ho cercato di capire la struttura degli atlas contemporanei per poi lanciarmi in una ricerca storica, a partire dall’origine stessa del termine, ovvero il dio greco Atlante che teneva sulle sue spalle il mondo, per poi passare al “primo” atlante moderno, il Theatrum Orbis Terrarum.

Ho avuto anche la fortuna di parlarne con lo stesso Joost Grootens — venuto a tenere una conferenza a scuola da noi a Basilea —, il quale concordava con me sul fatto che oggi l’atlante non sia solo un formato ma più che altro un tipo di approccio al contenuto.

Fabio Mario Rizzotti, “An Atlas about Letterforms”, 2019 (courtesy: Fabio Mario Rizzotti)

Basandomi su mia personale definizione di Atlas che avevo ormai sviluppato, ho confrontato diverse tipologie:
·
Atlas of the Copenaghens;
·
The Collection Book del Museum Boijmans Van Beuningen, dello stesso Joost Grootens;
· l’
Atlas Exhibition di Fondazione Prada;
· l’
Atlas of Shrinking Cities;
·
An Atlas of Typeforms di Alan Bartram e James Sutton;
· il
Palermo Atlas di Manifesta 12;
·
I swear I use no art at all, ancora di Joost Grootens;
· l’
Atlas di Gerhard Richter;
· lo
Mnemosyne Atlas di Aby Warburg.

Da qui ho estratto alcune caratteristiche comuni: le informazioni dell’Atlas devono essere oggettive, il più possibile; le informazioni e i dati devono essere collezionati in maniera da dare una visione generale al lettore ma allo stesso tempo devono anche essere molto dettagliati; deve avere un indice; la fruizione può essere non lineare, in modo da dare al lettore la possibilità di “saltare” da un punto all’altro.

Da un iniziale introduzione all’argomento, questo viene diviso in diverse parti, analizzandole una ad una, per poi compararle e collegare tra loro le informazioni che sono state estrapolate.

Fabio Mario Rizzotti, “An Atlas about Letterforms”, 2019 (courtesy: Fabio Mario Rizzotti)

Negli anni, il progresso umano e tecnologico ha portato ad una maggiore complessità.
In ogni istante vengono generati miliardi di dati. L’Atlas, in maniera molto naturale, si configura come il formato in grado di poter spiegare questa complessità tramite l’uso di diversi linguaggi visivi: una vera e propria geografia dell’informazione.

Per il mio progetto ho deciso di utilizzare le forme delle lettere perché, come l’Atlas si è evoluto per adeguarsi all’evoluzione, anche le forme delle lettere si sono dovute adattare alle diverse applicazioni, dall’incisione nella pietra dei Romani ai monitor di oggi.

Fabio Mario Rizzotti, “An Atlas about Letterforms”, 2019 (courtesy: Fabio Mario Rizzotti)

Il mio Atlas about Letterforms è suddiviso in 4 sezioni, quelle che ho individuato in tutti gli atlanti analizzati:
· OSSERVAZIONE
· DECOSTRUZIONE
· ANALISI
· CONNESIONI

Dopo un lunga ricerca sulle forme delle lettere ho individuato 6 parametri che ne definiscono la forma di una lettera:
· le proporzioni (stretto, equilibrato, largo);
· la forma (geometrica, circoscritta, umanistica);
· il peso (leggero, equilibrato, pesante);
· il contrasto (nullo, basso, alto);
· l’attitudine (statica, dinamica);
· le terminazioni (con o senza grazie).

Con questi parametri, studiati anche con l’aiuto di Kate Wolff (oltre a Matthias Pauwels, Philipp Stamm, Jinsu Ahn e Leander Eisenmann) è possibile trovare, definire e leggere una lettera.
Basandomi su di essi, ho deciso di confrontare i due estremi di ciascuno e di conseguenza ho identificato 12 font.

Fabio Mario Rizzotti, “An Atlas about Letterforms”, 2019 (courtesy: Fabio Mario Rizzotti)

Il primo capitolo, Osservazione, ha lo scopo di far osservare appunto al lettore i 12 font, dandone le informazioni relative ai parametri, oltre a quelle su designer, fonderia e anno di progettazione.

In questo capitolo le lettere non sono in ordine alfabetico ma suddivise per forma, quindi cerchio, quadrato e triangolo, doppio cerchio, doppio quadrato e doppio triangolo.

Fabio Mario Rizzotti, “An Atlas about Letterforms”, 2019 (courtesy: Fabio Mario Rizzotti)

Nel secondo capitolo, la Decostruzione, ho fisicamente distrutto tutte le lettere e ne ho mostrato le parti più interessanti per categoria (bowls, counter, stems, curves, junctions…).

In questo capitolo l’obiettivo era di decontestualizzare le lettere facendole sembrare dei corpi fisici. Per questo per ogni lettera, a sinistra, c’è una pagina con la lettera corretta in coppia con il suo opposto, mentre nella pagina di destra ci sono solo gli elementi analizzati.

Fabio Mario Rizzotti, “An Atlas about Letterforms”, 2019 (courtesy: Fabio Mario Rizzotti)

Il terzo capitolo, Analisi, analizza tutti i dati estrapolati dai font e dalle singole lettere, creando delle visualizzazioni atipiche.
Queste, in un certo senso, tendono a decontestualizzare le lettere e a guardarle da un’altra prospettiva.

Per quanto riguarda invece l’ultimo capitolo, Connessioni, si tratta di una sorta di metafora dei collegamenti finali di cui abbiamo parlato prima.
Connettendo le diverse forme escono fuori composizioni che possono sembrare assurde, come assurde possono apparire le connessioni che potremmo tracciare tra due o più informazioni.

L’attività di connessione tra elementi, però, non è mai del tutto inutile, anche quando è arbitraria e finisce per rivelarsi sbagliata, quindi da escludere.
Allo stesso modo, le forme create dalle connessioni tra opposte tipologie di lettere possono rivelarsi strumenti utili a capire gli elementi fondamentali di una lettera.

Fabio Mario Rizzotti, “An Atlas about Letterforms”, 2019 (courtesy: Fabio Mario Rizzotti)

Ho anche inserito delle immagini che servono a raccontare, su un’altro “livello”, l’evoluzione delle lettere.
Sono 12 e ne ripercorrono lo sviluppo, dalle incisioni romane alla tipografia digitale.

Ho deciso quindi di realizzare un volumetto di dimensioni relativamente contenute: 10.5 x 21cm, con stampa Indigo a un colore e rilegatura a mano.
Perché questo formato? Perché di solito gli Atlas sono oggetti molto grandi — tutti ricordiamo i libroni da consultare sulla scrivania.
In questo caso ho voluto “sfidare” anche il formato, cercando di fare qualcosa che i graphic designer possano idealmente portare sempre con loro.

Fabio Mario Rizzotti, “An Atlas about Letterforms”, 2019 (courtesy: Fabio Mario Rizzotti)
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