Berlin What?

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A un certo punto se ne andavano tutti a Berlino. Ve ne stavate tranquilli fuori dal bar a bere il vostro Varnelli con ghiaccio, uno intento a fissare le siepi muoversi al vento, l’altro di vedetta a controllare le poche auto che s’arrampicavano su per la salita alle due e mezza del pomeriggio, un altro ancora a scandagliare le notizie del quotidiano locale in cerca di qualcosa, qualsiasi cosa, mentre i vecchi, dentro, nella penombra, bestemmiavano per un asso di coppe tirato al momento sbagliato. Tintinnio di bicchieri, alla radio i successi di dieci anni fa, due rintocchi e poi ancora due, ma più acuti, dalla campana del comune. E alla fine qualcuno se ne usciva con un «che fine ha fatto coso?».
Lanciando il mozzicone di sigaretta in mezzo alla strada un altro rispondeva: «Non lo sai? È andato a Berlino».
«Ah», grattandosi il mento, «e a fare che? A cercare lavoro?»
«No, sta a casa di amici e sta cercando un posto per farsi lo studio»
«Sì che là ci sono tante di quelle case…»

A un certo punto Berlino era diventato il paradiso. Le case, là, te le tiravano dietro. Aprivi i giornali e gli Speciale Berlino non si contavano. Leggevi parole come meltin’ pot, multiculturale, fermento. Leggevi di opportunità. Nel familiare mortorio in cui ti trovavi a vivere potevi solo invidiare la vitalità e il fatto di stare lì dove il futuro lo stanno già vivendo.

Nel giro di qualche anno gli speciali su Berlino cominciarono a diminuire. I giornali iniziavano a parlare di disoccupazione ma Berlino continuava lo stesso a inghiottire amici come un buco nero. C’era quello che aveva aperto un’etichetta discografica. Quello che doveva gestire un regime di droghe piuttosto impegnativo per portare avanti lavoro e ricerca artistica. Quello che abitava in una comune e di cui nessuno poi ha più sentito parlare. Quello che poi si è trasferito altre mille volte continuando a cercare sé stesso in metropoli sempre più grandi, sempre più multiculturali per poi tornare al paesello e chiudersi in casa. Quello che fa ancora il cameriere nel ristorante italiano.

Ma alcuni alla fine ce l’hanno fatta. E sono diventati Berlino forse addirittura di più di chi a Berlino ci è nato e cresciuto davvero, riuscendo a mescolare la propria, personalissima voce, il proprio stile, a quel coro polifonico che è la scena artistica della capitale tedesca.
A quelli, amici tuoi, miei, e di tutti quegli altri che da qualche parte nel mondo se ne stavano alle due e mezza al bar a contare i superstiti… A quelli è dedicato Berlin What?, un libro che raccoglie le opere di 102 artisti di base a Berlino, alcuni tedeschi, molti altri no, attivi nella fotografia come nella pittura, nell’illustrazione come nel collage.

Prodotto da Uwe Neu e Oliver Thobe, fondatori di una delle gallerie più interessanti della città, la Neonchocolate Gallery, Berlin What? si acquista online.

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co-fondatore e direttore
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