Outdoor IV | Urban Art Festival

Le città sono degli insiemi. Come i cerchi che la maestra disegnava col gesso sulla lavagna alle elementari. Dentro a un cerchio ci sono tutte mele. Dentro a un altro solo pere. Se fai un cerchio più grande intorno agli altri due avrai mele e pere insieme, una spesa dal fruttivendolo. E la maestra scriveva UNIONE, in maiuscolo, col gesso bianco. Ma invece di mele, pere e fruttivendoli le città sono insiemi di persone (che le vivono) e di spazi (che le definiscono), che a loro volta sono altri insiemi che s’intersecano, si uniscono e disgiungono. Spazi pieni e spazi vuoti: le vie del centro e le grandi periferie più o meno anonime. I primi con un’identità ben definita, spesso uno stereotipo congelato nel tempo. Le seconde, invece, alla continua ricerca di quell’identità. In mezzo, nella zona grigia, i cantieri urbani. Scrive l’antropologo francese Marc Augé: «Oggi quel fascino [del cantiere urbano] dipende, mi sembra, dal suo anacronismo. Contro l’evidenza, esso mette in scena l’incertezza. Contro il presente, sottolinea la presenza ancora palpabile di un passato perduto e al tempo stesso l’imminenza incerta di quanto può accadere: la possibilità di un istante raro, fragile, effimero, che si sottrae all’arroganza del presente e all’evidenza del “già qui”. I cantieri, eventualmente a costo di un’illusione, sono spazi poetici nel senso etimologico della parola: vi si può fare qualcosa; la loro incompiutezza contiene una promessa.»

E i quartieri in trasformazione, circondati dai nodi stradali che dirottano l’umanità di passaggio da qualche altra parte, stretti tra gli echi del passato e tensioni verso un futuro da non-luogo (per tornare ad uno dei concetti coniati da Augé), assediati da centri commerciali, multisala, negozi in franchising e fast-food a distruggerne ogni caratteristica peculiare, diventano la tela ideale per quegli artisti che attraverso le loro opere provano ad instaurare un dialogo con la città e soprattutto a risvegliare i cittadini, mostrando che gli spazi basta prenderseli per ritornare a vivere l’urbe in maniera attiva, senza diventare ospiti di un albergo immenso o elementi di una catena di montaggio: lavora, compra, mangia, dormi, lavora…

Salutiamo quindi il ritorno di Outdoor—festival romano dedicato alla urban art, curato da Nu Factory e giunto alla sua quarta edizione—come ad un’occasione. Per ripensare la città attraverso le opere di una serie di street artist di livello internazionale.
All’ottimistico grido di What a wonderful city! e dopo tre edizioni che hanno visto la partecipazione di artisti del calibro di L’atlas, C215, Sten & Lex, JB Rock, Herbert Baglione, Kid Acne, Agostino Iacurci, Momo, Zedz, Borondo e Sam3, Outdoor tornerà a Roma dal 6 al 14 settembre.
Gli artisti coinvolti in questa nuova edizione saranno all’altezza delle aspettative (anzi anche di più) ma per ora non li riveliamo. Ché a pensare a come viverselo, il proprio quartiere, nessuno ci vieta di iniziare a farlo anche da soli.

Visual:
Direttore Creativo Gregorio Pampinella
Photo Concept Barbara Oizmud
Poser Rhò, Valeria Aretusi
Calligraphy Christian Marino

Un messaggio

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