Ci fermiamo per qualche manciata di giorni.
Mentre tu, davanti allo schermo di un portatile, di un telefono, di una (poco biblica, molto elettronica) tavoletta, ti starai già godendo le ferie, riempiendo il tuo mondo virtuale di foto in attesa di un mi piace o di un commento che confermino il tuo status vacanziero.
Oppure sarai ancora alle prese con prenotazioni e orari, offerte dell’ultimo minuto, valigie da preparare, liste da seguire, itinerari da inventare, con la testa già in volo nonostante i piedi magari se ne andranno neanche troppo lontani da casa.
Dopotutto non serve arrivare dall’altra parte del mondo per essere in vacanza. Che, non dimentichiamocelo mai, deriva da vacante, participio presente di vacare, che per i latini significava “esser vuoto; esser libero; avere tempo”. La famiglia è la stessa di vanus, ovvero “vuoto; inutile, frivolo”.
E tra esser libero ed esser vuoto – o peggio inutile – c’è una bella differenza.
A ciuascuno la sua scelta.
Noi, nel dubbio, preferiamo prenderci un’altrettanto ambigua pausa. Anzi, a scanso di equivoci, chiamiamolo intervallo.