Le fanta-moto di Davide Caforio

Prima di incontrarlo a Roma durante Mencraft – il festival estivo organizzato da Radio e Xister – Davide Caforio l’avevo già incrociato online in diverse occasioni. Appena ho visto la sua inconfondibile barba girare tra le splendide moto custom esposte dentro all’Aranciera di San Sisto, location del festival, ho colto l’occasione per farmi raccontare il suo lavoro, che da appassionato – seppur appiedato – di “sartoria meccanica” ho iniziato a seguire sul suo blog Ruote Fiere.

Ciao Davide, qua siamo in mezzo a due fantastici esemplari di moto custom che hai realizzato. Ma tu nella vita fai anche altro, giusto?

Sì, anche se è difficile definire con una parola il mio mestiere.
La partita iva l’ho aperta come designer ma faccio un po’ di consulenza, allestimenti per esposizioni, realizzo mobili – anche quelli fatti custom per il cliente – e a volte faccio illustrazioni. In pratica un po’ tutto quello che concerne l’aspetto visual.

Parlami dei mobili.

Cerco di essere onesto: non sono un falegname. Ho delle competenze che arrivano fino ad un certo punto però mi piace tanto fare ricerca per cui vado a trovare materiali poco costosi che possano essere lavorati con delle tecniche semplici. Quindi ho iniziato ad usare dei legni industriali, multistrato, da cantieristica. Poi acciaio, ferro… Con questi materiali però cerco di tenermi lontano dal “già visto” e di realizzare qualcosa che abbia una sua eleganza. Qualcosa di – concedimi il termine – “fine”.

Da quanto hai iniziato a realizzare moto customizzate?

Per me non è un vero lavoro. Lo faccio solo per passione. Ogni tanto un amico o qualcuno che ha visto quello che faccio mi chiede una moto, ma sono comunque lavori lunghi, complicati, costosi.
In realtà sono appassionato di moto da pochi anni, meno di una decina, e ci “metto le mani” da circa sei/sette anni.

Hai imparato il mestiere da qualcuno?

No, ho iniziato da solo, curiosando, informandomi con internet. Comunque non sono un meccanico e mi occupo principalmente del concept della moto. Cerco innanzitutto di capire il modello da cui partire, dove voglio arrivare e cosa modificare nella moto per arrivare a quel risultato.
Durante il percorso, alcuni lavori che vengono effettuati sulla moto non li faccio io ma mi affido ad artigiani di fiducia, molto più capaci di me, che so già faranno un lavoro impeccabile.

Quindi sei una sorta di art director…

Esatto. In qualche modo è così. Poi comunque scelgo la moto, la smonto, divido tutti i pezzi, tolgo auello che non mi serve, vado a spulciare cataloghi, foto, riviste storiche per capire che vecchi componenti potrei utilizzare, cosa si può montare, cos’è reperibile. Poi raggruppo tutto il materiale nuovo e per le lavorazioni speciali, uniche mi appoggio appunto ad uno o più artigiani.

Immagino tu faccia molta ricerca.

Sì, in realtà la gran parte del mio lavoro consiste proprio in questo. La mia abilità, se così si può chiamare, è questa. Di ogni moto mi faccio un’idea ben precisa di come connotarla storicamente per arrivare ad un risultato finale contestuale al periodo della moto.
Non faccio mai delle modifiche che sembrino totalmente “inventate”, ci dev’essere sempre qualcosa che richiami l’epoca della moto.

Fammi capire: un potenziale cliente arriva da te e ti porta la moto oppure ha già in mente il modello e ti commissiona il lavoro?

Faccio quest’attività solo ed esclusivamente per passione quindi faccio fatica ad accettare un lavoro che mi viene proposto da qualcun’altro.
Non ne ho il bisogno, perché mi occupo di altro.
Le poche volte che ho fatto una moto su commissione – è successo in tre casi – le persone sono venute da me perché avevano già visto altri miei lavori, avevano innanzitutto voglia di una Guzzi customizzata.

A proposito di Guzzi, vedo che in fatti ti sei in un certo senso specializzato sulle moto di questo storico marchio italiano…

Mi piace la Guzzi e ho sempre e soltanto fatto Moto Guzzi. Comunque finora ne ho fatte poche: sette.

Visto il lavoro che c’è dietro, non sono mica poche!

TI ringrazio [sorride n.d.r] Comunque i clienti che mi hanno commissionato dei lavori mi hanno sempre chiesto quello. Guzzi.
Abbiamo sempre deciso insieme che cosa fare. Ovviamente se la moto è del cliente è chiaro che dev’essere lui il primo a dover essere soddisfatto.
Ti faccio un esempio: nel caso del modello da corsa esposto qui, è arrivato il proprietario della moto che aveva poco più di uno “scheletro” e mi ha chiesto di proporgli qualcosa. Aveva già avuto modo di vedere come lavoravo e voleva una moto fatta da me.

Come con i tatuatori bravi. Ti cito un Pietro Sedda, ad esempio. Se vai da lui è perché sai già quello che fa e ragioni insieme a lui su cosa fare su di te. Io ad esempio gli lascerei carta, anzi “pelle bianca”.

Esattamente. Sai qual è il suo stile e non andresti da lui a farti un tribale.
Con la moto da corsa in quel periodo avevo un “trip” mio. Stavo cercando e “sbroccando” sopra a delle immagini di moto giapponesi degli anni ’80, che correvano in alcune gare speciali in Giappone, con notevole riscontro di pubblico, un grosso giro d’affari, pubblicità.
Avevo trovato l’immagine di una Suzuki dell’83 e la trovavo fantastica, piena di “accrocchi”, era un’esemplare davvero grezzo, sembrava proprio una vera moto da corsa di quel periodo.
L’ho fatta vedere al proprietario, gli ho spiegato che volevo partire da un progetto del genere.
Devi sapere che la Moto Guzzi non ha mai partecipato a gare di quel genere e soprattutto in quegli anni, perché la dirigenza del marchio non era interessata a farlo. A quel punto ho pensato: «se avesse partecipato, che moto avrebbe fatto?».
Dunque ho preso come ispirazione alcune carene di quel periodo, dalle forme un po’ squadrate dato che passando dagli anni ’60 agli anni ’80 le forme da morbide e bombate che erano hanno iniziato a diventare più squadrate. Cercando pezzi dell’epoca pian piano è venuta fuori quella moto.

I pezzi li trovi su internet, negli sfasciacarrozze, da collezionisti?

No, purtroppo una volta si riuscivano a trovare da vecchi rivenditori o appunto sfasciacarrozze, magazzini ma ora è raro e quelle poche volte che trovi pezzi originali i prezzi sono altissimi.
La maggior parte dei componenti che uso nelle mie customizzazioni sono prodotti apposta. Il resto è recuperato da chi riproduce pezzi originali per i collezionisti, che devono per forza avere quel pezzo lì, uguale, ma magari non si trova più.
Per la moto nera, invece, l’intento era di fare un modello anni ’70, uno che all’epoca non c’era ma che fosse storicamente plausibile.
La moto di partenza era molto pesante, con un manubrio grosso e alto.

Dunque moto “che sarebbero potute esserci”. Fanta-moto?

Esattamente.
Di gente che fa belle moto ce n’è già tanta…

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