Non capisco un’acca
di Maurizio Ceccato
Hacca 2011 | acquista
Accampato in una sacca impataccata di saccarina, con giacca di fusciacca, accappatoio e sopraccalza, accanto ad accattoni traccagnotti, raccattacicche e spaccatimpani che s’accapigliano con distaccati accademici baccalaureati e maccartisti per maccaroni, insaccati e baccalà, accaldato accanitamente accarezzo una bislacca ed ammaccata placca di ceralacca che – raccapriccio! – si stacca dalla sacca. D’accapo. Si sbaracca. Attaccaticcio, m’accaso da una polacca accappucciata e attaccabottoni e fiaccamente contraccambio accatastando con straccaggine da spaccalegna cacca di vacca, poi m’accascio accanto all’attaccapanni, con la tabaccaia cecoslovacca, accanita attaccabrighe, che almanacca l’accaduto con un accapo:
l’accabolario spacca!
Ecco una delle cose che puoi fare con questo piccolo capolavoro illustrato di Maurizio Ceccato: imparare a scriver filastrocche usando solo parole con dentro l’acca, la lettera che si scrive ma non si dice mai, almeno in italiano, un recinto (H) aperto al mondo che rende le parole più interessanti. Ché senz’acca Cher avrebbe cantato mai? E il Che la rivoluzione l’avrebbe fatta? E un bicchierino di cherry che sapore avrebbe? Il ghepardo correrebbe come un treno?
Ceccato la sa lunga: dalle eliche di Ifix alle scosse di Watt, affida ad un editore coraggioso (che si chiama Hacca – come poteva essere altrimenti? – e arriva dalle Marche, plurali e acca-munite) il suo progetto più ambizioso, un virtuosismo linguistico fatto di misteri e citazioni, lettere anonime (un’H arrivata per posta mesi fa, insieme allo sticker col faccione sfacciato che campeggia sul sito del libro) e 39 filastrocche che giocano con le illustrazioni, con tanto di accabolario finale che raccoglie tutte le parole, usate democraticamente una volta e una sola da uno dei pochi, veri anarchici del segno.