In un libro del 1880 di Édouard Guichard dei meravigliosi esempi di lettering ricamato

In Europa, attorno alla metà del XIX secolo, il mondo delle arti fu attraversato da un profondo slancio riformista. Poggiando sul pensiero illuminista e reagendo al galoppante processo di industrializzazione della società, cominciò a diffondersi l’idea di unificare le arti, eliminando le gerarchie tra discipline “alte” (le cosiddette “belle arti”) e “basse” (le arti applicate), combinando il concetto di “bello” a quello di “funzionale” e ridando dignità — come nel Medioevo — al lavoro artigianale.
Nel giro di pochi decenni nacquero molti dei movimenti che oggi conosciamo bene (Arts and Crafts nel Regno Unito, Art Nouveau e Art déco in Francia, Liberty in Italia, Jugendstil in Germania, Secessione viennese in Austria) e che rivoluzionarono il panorama estetico, produttivo, commerciale e artistico tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX, contribuendo alla nascita di scuole come il Bauhaus e allo sviluppo del modernismo.
In Francia, uno dei padri di questa rinnovata attenzione nei confronti delle arti applicate fu l’architetto e decoratore Édouard Guichard.

Nel 1845, insieme al collega decoratore tessile Amédée Couder e allo scultore Jules Klagmann, Guichard — all’epoca appena trentenne — fondò la Société du progress de l’art industriel, un’associazione che si proponeva di rivendicare i diritti di coloro che lavoravano nel mondo delle arti applicate, chiedendo ad esempio di partecipare al Salon des beaux-arts (per definizione riservato alle belle arti) e di poter firmare i loro pezzi: non più artigiani-operai ma artigiani-artisti.

Édouard Guichard, “Les petits alphabets du brodeur”, Parigi, 1880
(fonte: artvee.com)
Édouard Guichard, “Les petits alphabets du brodeur”, Parigi, 1880
(fonte: artvee.com)

Guichard era un conservatore riformista, convinto della necessità di puntare proprio sulle arti applicate per far sì che la Francia potesse conservare il primato in quanto a “gusto estetico” internazionale, titolo che riteneva a rischio, insidiato soprattutto dagli inglesi, che tanto avevano investito nella promozione, nella formazione e nella comunicazione nell’ambito delle “arti basse”.
Per i francesi, infatti, la Grande esposizione delle opere dell’industria di tutte le Nazioni, tenutasi a Londra nel 1851 (fu la prima Esposizione universale) e la nascita, in quella stessa occasione, del Museum of Manufactures (che poi sarebbe diventato il South Kensington Museum, antenato dell’odierno Victoria and Albert Museum) furono un grosso trauma.
Qualche anno dopo, in un suo discorso, Guichard, che nel frattempo era diventato il primo presidente della Union centrale des beaux-arts appliqués à l’industrie, evoluzione della precedente Société du progress de l’art industriel, scrisse:

«Può succedere che i primi diventino gli ultimi e che gli ultimi siano a loro volta i primi. Quattrocento anni fa, cosa eravamo noi stessi, in termini di gusto, nella maggior parte delle belle arti? Quelli che Voltaire chiamava “i Welches” [che si può tradurre come “i barbari”, ndr]. Gli italiani, al contrario, hanno avuto la palma. La ruota della fortuna ha girato: l’Italia non conta più nelle belle arti, musica esclusa, salvo il suo passato, e il primo posto è toccato a noi. Non c’è, in questa inversione di tendenza, una lezione eloquente del destino che ci potrebbe essere riservato se smettessimo di impegnarci? Se la nostra superiorità, in termini di gusto, rimanesse incontrastata, se nessuna rivalità sorgesse tale da turbare la nostra supremazia, potremmo rimanere come siamo e addormentarci sul nostro trionfo di cui ci lusingheremmo di godere in perpetuo; ma non esiste un brevetto perpetuo per l’eccellenza artistica, né per nessun’altra. Abbiamo degli imitatori e, se non stiamo attenti, il primato della Francia nel campo del gusto potrebbe presto essere scosso. […] ora, mentre noi siamo fermi, altri salgono. Il movimento al rialzo è visibile, soprattutto tra gli inglesi. Tutti sono rimasti colpiti dai progressi che hanno fatto, rispetto all’ultima esposizione, nel disegno dei tessuti e nella distribuzione dei colori, così come nell’intaglio e nella scultura, e, in generale, negli articoli di arredamento. Fino ad allora, va detto, erano piuttosto rinomati per il loro cattivo gusto. Ma hanno capito che è una questione di educazione. E perciò hanno istituito, con grande intelligenza e con quella perseveranza a loro consueta, l’insegnamento delle belle arti, in vista del progresso della loro industria».

Édouard Guichard, “Les petits alphabets du brodeur”, Parigi, 1880
(fonte: artvee.com)

Guichard rimase presidente dell’associazione fino al 1875, e fu anche grazie a lui che, in seguito, in Francia nacquero musei, scuole e biblioteche relative alle arti decorative, al design, alla moda, alla grafica, alla pubblicità e al tessile, oggi riunite nell’istituzione Les Arts décoratifs.
Una volta lasciata l’attività politica, continuò comunque a lavorare. In tarda età curò alcuni libri illustrati: sui tessuti antichi, sui maestri delle arti decorative, sull’armonia dei colori e sulla grammatica del colore.
Un altro gioiellino è Les petits alphabets du brodeur (I piccoli alfabeti del ricamatore), pubblicato nel 1880 e dedicato alla principessa polacca Izabella Elżbieta Czartoryska, moglie del conte Jan Kanty Działyński, pittrice e grande amante delle arti applicate.
Nel libro Guichard presenta, in forma di ricami, decoratissime lettere e frasi più o meno celebri, come citazioni, proverbi e motti, tra i quali almeno un paio firmati da lui stesso. Uno di essi dice: «La libertà è di essenza divina, tutto ciò che respira aspira ad essa».

Édouard Guichard, “Les petits alphabets du brodeur”, Parigi, 1880
(fonte: artvee.com)
Édouard Guichard, “Les petits alphabets du brodeur”, Parigi, 1880
(fonte: artvee.com)
Édouard Guichard, “Les petits alphabets du brodeur”, Parigi, 1880
(fonte: artvee.com)
Édouard Guichard, “Les petits alphabets du brodeur”, Parigi, 1880
(fonte: artvee.com)
Édouard Guichard, “Les petits alphabets du brodeur”, Parigi, 1880
(fonte: artvee.com)
Édouard Guichard, “Les petits alphabets du brodeur”, Parigi, 1880
(fonte: artvee.com)
Édouard Guichard, “Les petits alphabets du brodeur”, Parigi, 1880
(fonte: artvee.com)
Édouard Guichard, “Les petits alphabets du brodeur”, Parigi, 1880
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