Ernest e Biancaneve, un albo illustrato racconta la storia tra Hemingway e la sua gatta

Biancaneve è una bellissima gatta bianca, con una particolarità: per ogni zampa ha sei dita. Il capitano Stanley, che l’ha divisa da mamma e fratelli e messa in uno scatolone, racconta a un signore che si tratta di un segno di buona fortuna, non tanto di una stranezza. L’altro, che ascolta, la tiene tra le sue braccia, ed è felice del dono dell’amico. Biancaneve non sa che a stringerla così vicino a sé è lo scrittore Ernest Hemingway, e che quel momento è l’inizio di una bellissima amicizia fatta di affetto, tenerezza e rispetto.

Come tutto sia nato tra Hemingway e la sua “Spugna d’amore” lo racconta proprio la micia nelle 28 bellissime pagine dell’albo illustrato, Ernest e Biancaneve, edito da Orecchio Acerbo, in cui i testi di Luca Tortolini — scrittore e sceneggiatore per l’infanzia, già autore di François Truffaut, il bambino che amava il cinema (premio Andersen come miglior albo nel 2021) — si accompagnano alle delicate e realistiche illustrazioni in bianco e grigio di Alice Barberini, nota anche per Il cane e la luna e Hamelin (anche questi pubblicati da Orecchio Acerbo).

Per saperne di più sulla creazione di questa dolcissima storia e sul loro rapporto con i protagonisti, entrambi realmente esistiti e amati l’uno dall’altro, ho fatto qualche domanda ad Alice e Luca.

Come siete finiti voi due a lavorare assieme?

Luca Tortolini

Entrambi avevamo da tempo il desiderio di fare qualcosa insieme.
Ricordo che il primo libro di Alice — Il cane e la luna — uscì il mese dopo l’uscita del mio primo albo illustrato — Le case degli altri bambini. Mi colpì tantissimo, perché parlava di Méliès, le immagini erano così forti, e dopo qualche anno ci siamo sentiti e ci siamo detti «perché non fare qualcosa insieme?». È cominciata lì.
In realtà io questa idea l’avevo già, ovvero la storia di questa gatta famosa di Hemingway che lui chiamava “Spugna d’amore” o “Macchina delle fusa”. Ecco, pensando ad una cosa per Alice mi sembrava che questo testo poteva essere adatto a lei, soprattutto per il gatto, sapendola amante dei felini, così come degli animali. Sapevo anche, dai post di Alice e dai suoi racconti, che i cacciatori che fanno grandi safari con trofei come Hemingway non le erano molto a genio. Invece raccontare questa gatta che ha delle difficoltà, e vedere Hemingway da un punto di vista un po’ diverso, più tenero, speravo che potesse essere la carta vincente. Perciò appena ho scritto il racconto, l’ho inviato ad Alice.

Alice Barberini

È andata proprio così. A lui aveva colpito Il cane e la luna, a me — tantissimo — Le case degli altri bambini, quindi credo che ci siamo tenuti d’occhio per un po’. Poi ricordo che eravamo ad una fiera del libro, ho incrociato Luca e gli ho detto, molto diretta: «Luca, quand’è che scrivi una cosa per me?». E lui: «Sì, va bene, facciamolo!», e mi ha mandato Ernest e Biancaneve.
Ho sempre amato Hemingway, però lo Hemingway-uomo lo digerivo il giusto. Ho deciso comunque di andare oltre e raccontare questa amicizia molto tenera tra il grande scrittore e questa gattina; e di concentrarmi proprio sul loro rapporto e sulla magia che si crea quando nascono queste amicizie, non solo tra specie molto diverse — un gatto e un essere umano, che riescono a convivere in un modo che è magico — ma di più, perché è un’amicizia tra un cacciatore, nonché pescatore di grande portata, e una gattina. Perciò mi sono concentrata su questa parte molto tenera di Hemingway.

Luca, perché proprio questa storia?

Luca

Sono sempre stato un grande lettore di Hemingway, soprattutto dopo l’adolescenza. Perciò la sua figura è sempre stata per me un po’ uno zio, con questo viso pacifico, nonostante i suoi demoni e le fragilità, il suo rapporto con l’alcool e con le donne, il suo carattere cinico.
Come romanziere — soprattutto i suoi racconti, per me che cominciavo a scrivere e interessarmi alla letteratura — è stato un modello da seguire.
Poi ad un certo punto, non so bene dove e quando, ho incontrato questa storia della gatta. Un incontro fortuito; non ricordo bene dove l’abbia scoperta, forse guardando la casa-museo a Key West, in Florida, perché è uno di quei viaggi che ho in mente di fare, e lì viene descritta questa micia. Tra l’altro lì c’è una colonia di gatti, molti dei quali sono polidattili e discendono da Biancaneve.
Avevo voglia di vedere Hemingway da un punto di vista diverso. Molti dei miei libri o racconti illustrati presentano questo aspetto: osservare un personaggio che per me è stato importante da una prospettiva diversa. L’ho fatto con Truffaut, così come per il libro su Antoine de Saint-Exupery, in cui la volpe racconta il rapporto tra loro.
In questo caso mi sembrava che il personaggio parlasse da solo, talmente “da solo” che infatti è la gatta a raccontare la storia.

Dal modo in cui mi parli del tuo lavoro, mi sembra di capire che nelle tue storie preferisci far parlare il personaggio che non ti aspetti, come la volpe o la gatta.
Lo fai per una forma di riverenza nei confronti del personaggio famoso con cui questi animali dialogano o perché preferisci il racconto dal punto di vista dell’animale?

Luca

Entrambe le cose. Parlare di scrittori è molto difficile, soprattutto uno scrittore così importante come Hemingway. Se lo fai parlare in prima persona vuoi adoperare il linguaggio di Hemingway, perciò è difficile distanziarsi. Se lo metti in terza persona, puoi appropriarti del suo linguaggio e trasformarlo. Quindi il fatto di dar voce a un personaggio a lui legato mi sembrava un modo migliore per raccontarlo. E comunque Hemingway lo si racconta fino ad un certo punto. È piuttosto la storia di una separazione e, alla fine, di una ricongiunzione. Una storia, come dicevamo prima, tenera, anche di sentimento.
In un incontro in cui a presentarci c’era Marco Missiroli, lui diceva che leggendo questa storia aveva immaginato che la tenerezza fosse stato un sentire nella costruzione da parte nostra, e infatti è stato così.
Lo feci notare ad Alice dopo averla scritta, senza stare troppo a pensare, in realtà, a che tipo di sentimento maggiore dovesse avere la storia. Ma letta, riletta e risistemata, dopo che l’ho inviata mi sono accorto che probabilmente era la cosa più tenera tra i racconti illustrati che ho scritto. Certo, è una gatta che ha un problema genetico, che viene separata dalla sua famiglia, ovviamente la tenerezza non poteva che non venire fuori.

Alice, tu invece che rapporto hai con questa storia?

Alice

Ho un bel rapporto, mi è piaciuto molto illustrarla. Mi sono divertita tantissimo ad indagare tutte le espressioni del gatto, a riproporre tutto quello che vedo nel mio quotidiano con i miei due gatti, quindi è stato anche molto naturale.
Tra l’altro è anche uno dei primi libri in cui non sono autrice, ed è bello misurarsi con un testo scritto da qualcun altro. Sono felice di averlo fatto.

Quali sono i pro e i contro di quando la storia non l’hai scritta tu, ma qualcun altro, e tu devi illustrarla?

Alice

Tra i pro, posso dirti che è molto più facile, perché il mio linguaggio rimane quello delle immagini. Difatti quando mi ritrovo a lavorare a qualcosa di mio, quel qualcosa è un silent book. È anche più breve: perché se è vero che posso anche mettermi a scrivere una storia, avere tutto lo scheletro della narrazione prima di iniziare a disegnare può essere un processo molto lungo.
Quando illustri un testo tuo non c’è niente che stona, perché è tutto tuo, le immagini le hai già nella testa, hai già pensato tutto, ma è anche bello e divertente andare a infilarsi in cose che non ti appartengono.

Mi sembra di capire che siate entrambi lettori di Hemingway. C’è un libro dell’autore a cui siete particolarmente legati?

Luca

È difficile. Lui è un maestro dei racconti e ha fatto scuola per le generazioni successive, come Carver e altri. Nella forma breve, che è anche la mia forma, mi ha colpito moltissimo Gatto sotto la pioggia, di cui — mi sono accorto dopo — ci sono dei rimandi nella storia del libro; ma anche Le falde del Kilimangiaro, e così anche Fiesta, Il sole sorge ancora… È difficilissimo non citarne altri. Sicuramente posso dirti che la prima cosa che ho letto di Hemingway sono i racconti e poi subito dopo Fiesta.

Alice

Ti risponderei come ha risposto Luca. In realtà dipende anche dal momento della vita, nel senso che magari quindici anni fa ti avrei detto Il vecchio e il mare, poi per un certo periodo l’ho anche un po’ odiato; adesso mi viene da dirti i racconti, soprattutto Gatto sotto la pioggia.

E invece un gatto del cuore nella vostra vita?

Alice

Per me non c’è un gatto del cuore. Nella vita potresti averne duecento e non ce ne sarebbe uno uguale all’altro, mai, nemmeno simile.
Adesso ne ho due, tutti e due nerissimi come inchiostro, con due caratteri diversi; uno schivo e tontolone, mentre l’altro è un diavolo della Tasmania. Uno è il mio gatto del cuore per una cosa, uno è il mio gatto del cuore per l’altra.

Luca

È come dire quale figlio preferisci.
Ho due gatti anche io — uno si chiama Truffaut, come il regista, tutto nero, l’altro invece si chiama Otto ed è tutto bianco. Faccio un torto a Otto, ma Truffaut è il mio gatto del cuore al momento. Lui ha deciso che sono la sua mamma, quindi ogni passo che faccio è la mia ombra; l’altro invece è il gatto della mia compagna. Quando Otto è arrivato, ed era piccolissimo, Truffaut aveva già un anno e mezzo circa; una notte Otto si è permesso di venire a dormire con me e Truffaut, che non miagola, quella volta cacciò un urlo incredibile per mettere le cose in chiaro: ero di sua proprietà.

Ci sono dei momenti molto intensi nell’infanzia, che ricordo ancora. Non tutti, certo, ma alcuni sì. E per questo credo che abbiamo una grande responsabilità, letteraria e comunicativa, sia noi come autori e come illustratori sia voi come giornalisti e divulgatori, perché non è solo un momento di intrattenimento, creiamo e parliamo di cose che possono rimanere.
Ne avranno memoria diretta? Li colpiranno? Forse sì, forse no, forse indirizziamo il loro percorso nel tempo.

Nel creare un libro del genere, sapendo che sarà nelle mani dei più piccoli, vi sentite un po’ come Pollicino che lascia loro delle briciole di letteratura, in questo caso cominciando a suggerire loro che esiste uno scrittore come Ernest Hemingway?

Luca

Assolutamente sì.
Domenica ho letto Ernest e Biancaneve a dei bambini piccolissimi, di 4 e 5 anni, di quelli che, giustamente, non sanno nemmeno cosa sia uno scrittore. Però intanto sanno che c’è questa figura, questo scrittore che si chiama Ernest e che probabilmente incontreranno più avanti, quando cresceranno.
Ci sono dei momenti molto intensi nell’infanzia, che ricordo ancora. Non tutti, certo, ma alcuni sì. E per questo credo che abbiamo una grande responsabilità, letteraria e comunicativa, sia noi come autori e come illustratori sia voi come giornalisti e divulgatori, perché non è solo un momento di intrattenimento, creiamo e parliamo di cose che possono rimanere.
Ne avranno memoria diretta? Li colpiranno? Forse sì, forse no, forse indirizziamo il loro percorso nel tempo. Ad esempio, qualche pagina di un libro illustrato di quando avevo credo tre anni le ricordo ancora. Di una fiaba di Italo Calvino, tanta era l’emozione, ricordo l’immagine di un lupo sopra il tetto e mi inquieta ancora.

Alice

Sì, anche secondo me. Poi magari il bambino torna a casa, chiede ai genitori chi era veramente questo Ernest Hemingway e possono scoprilo insieme. È un aprire una porticina per invitare a scoprirlo.

La storia deve funzionare, deve essere vera, viva, dobbiamo rendere i personaggi veritieri. Se poi ci sono dei sensi che vengono fuori, ben venga, ma la cosa importante è che lo scopo della storia non sia quello di mandare un messaggio a tutti i costi.

E poi a volte le storie che si raccontano portano con sé un messaggio. Voi ne avete uno che ci tenete a trasmettere?

Alice

Io non ho un vero e proprio messaggio. Volevo trasmettere questo sentimento di amicizia tra due specie diverse, che per me continua ad essere una cosa sbalorditiva. Quando vedo anche l’amicizia tra un cane e un gatto, che sono completamente diversi tra loro ma riescono a comunicare in un modo unico, rimango sempre a bocca aperta. Quindi quello che ci tenevo a far passare io è tutto lì, nel profondo rapporto che avevano Ernest e Biancaneve. Riusciamo a comprenderci meglio tra specie così diverse che tra noi che facciamo parte della stessa.

Luca

C’è un passaggio nel racconto dove Biancaneve, per far capire che vuole essere rispettata, visto che Hemingway invita gli amici a casa per mostrare loro che la gatta ha sei dita per zampa, si mette di spalle. Da quel momento il rapporto tra i due cambia, perché Hemingway capisce questa cosa e la rispetta.
Di solito non penso mai al messaggio, quando racconto una storia. La storia deve funzionare, deve essere vera, viva, dobbiamo rendere i personaggi veritieri. Se poi ci sono dei sensi che vengono fuori, ben venga, ma la cosa importante è che lo scopo della storia non sia quello di mandare un messaggio a tutti i costi.

Vi piacerebbe creare qualcos’altro assieme?

Alice

Una cosa in ballo, io e Luca, ce l’avremmo. Ce la stiamo prendendo con calma e la vogliamo curare bene. Staremo a vedere.

Luca Tortolini, Alice Barberini

Ernest e Biancaneve

Orecchio Acerbo, aprile 2022
28 pagine
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