Tesori d’archivio: Marimekko sta mettendo online il suo enorme archivio di stampe

Era il 1949, la guerra era finita da pochi anni e in Finlandia, come nel resto d’Europa, si raccoglievano ancora le macerie — fisiche e mentali — causate da un conflitto che nel paese scandinavo diventò particolarmente complesso, arrivando a sfociare in ben tre diverse guerre: quella “in solitaria” contro l’URSS, quella insieme ai nazisti contro l’Armata Rossa (la cosiddetta guerra di continuazione) e infine, con un repentino cambio di fronte, al fianco di Stalin contro la Germania (per capire meglio cosa successe consiglio il bell’articolo di Davide Maria De Luca sul Post).

All’epoca Armi Ratia era una designer che lavorava alla Printex, azienda specializzata nella stampa di tessuti, acquistata poco tempo prima dal marito Viljo. Classe 1912, anno in cui la Finlandia non era ancora una nazione indipendente e faceva parte dell’impero dello zar russo, Ratia crebbe in Carelia, oggi parte della Federazione Russa, e arrivò a Helsinki per studiare design. Dopo gli studi si sposò, e con lo scoppio della guerra russo-finlandese, nel ’39, lei e il marito persero tutto ciò che avevano.
«Con nient’altro che un impermeabile e una maschera antigas che perdeva», come ebbe modo di raccontare molto tempo dopo, Ratia fu impiegata nel quartier generale delle forze armate a Helsinki, mentre Viljo venne mandato a combattere e poi a insegnare in una scuola militare.
Nel ’42 la giovane designer venne assunta in un’agenzia pubblicitaria, dove rimase per sette anni, al termine dei quali decise di mettersi a scrivere un libro. Non riuscì mai a completarlo, perché nel frattempo il marito, insieme a un socio, Arvo Nurmi, aveva acquistato un’azienda che produceva tessuti in tela cerata, chiedendole di andare a dare una mano. La fabbrica non dava i frutti sperati, ma con l’arrivo di Armi le cose iniziarono a cambiare. Fu lei a suggerire di lasciar perdere la tela cerata e focalizzarsi su una produzione tessile più moderna.

(foto: Tony Vaccaro, 1964 | courtesy: Marimekko)

Alla Printex Ratia iniziò a sperimentare con la stampa di tessuti e a commissionare colorati e audaci pattern a giovani designer. Le stampe, tuttavia, non suscitavano grande interesse, così decise di usarli per confezionare degli abiti. Battezzò il progetto Marimekko, cioè “abito di Mari”, essendo Maria il suo secondo nome e Mari un anagramma di Armi.
Il successo fu immediato, prima in patria — dove il debutto si tenne nel maggio del 1951 presso l’hotel Kalastajatorppa di Helsinki — e poi, soprattutto a partire dagli anni ’60, nel resto del mondo, complice anche la futura First Lady Jacqueline Kennedy apparsa con un abitino Marimekko sulla copertina di Sports Illustrated del 1960.
Il resto, come si suol dire, è storia, e negli anni, seppur tra alti e bassi, passaggi di proprietà e rilanci, il marchio è diventato sinonimo di splendidi pattern, applicati non solo agli abiti ma anche ad accessori e prodotti per la casa.

(foto: Bryan Saragosa | courtesy: Marimekko)

L’anno scorso l’azienda ha compiuto 70 anni e li ha celebrati con tante iniziative: innanzitutto un libro — Marimekko: The Art of Printmaking (pubblicato anche in italiano da Marsilio) —, e poi con il lancio di diverse collezioni nate dalla collaborazione con designer come Wataru Tominaga (Giappone), Sasu Kauppi (Finlandia) e Antti Kekki & Matts Bjolin.
Ma il progetto forse più interessante è la creazione di Maripedia, che, come suggerisce il nome, è una sorta di enciclopedia del mondo Marimekko, e raccoglie alcune tra le più belle stampe realizzate nel corso dei decenni. Una su tutte: la celeberrima Unikko, cioè “papavero”. Opera di Maija Isola, è ormai diventata una sorta di emblema non ufficiale del brand.

Delle oltre 3500 finora prodotte, per ora online ce ne sono 365, in un coloratissimo archivio digitale che inizia con due esemplari del ’49 e arriva fino 2020.
C’è anche la possibilità di ricercare una stampa a partire da una foto, così da scoprire in che anno è stata disegnata, da chi, e qualche storia curiosa dietro al progetto.

(courtesy: Marimekko)
(courtesy: Marimekko)
(courtesy: Marimekko)
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