Piccioni, passeri, merli, topi, ratti, lucertole, pipistrelli e una moltitudine di insetti: sono alcuni gli esemplari più visibili di quella che è la cosiddetta fauna urbana, cioè l’insieme degli animali selvatici che si sono adattati alla vita cittadina. Nelle nostre città, infatti, il cibo è più facile da trovare, la temperatura media è più alta, soprattutto durante la stagione fredda, e i predatori naturali scarseggiano rispetto a quanto succede in natura.
Quello dell’inurbamento specie selvatiche è un fenomeno dalla lunga storia ma che attualmente è in crescita e al centro di un’attenzione sempre maggiore. E se per decenni è stato analizzato quasi esclusivamente dalla prospettiva delle problematiche a livello sanitario ed economico, oltre che di decoro urbano (verde pubblico, edifici e monumenti) e di disagi alla popolazione, più di recente sono aumentati gli studi relativi alla biodiversità, che considerano quello urbano come un ecosistema a tutti gli effetti (anche perché sono gli ecosistemi-città quelli che continuano a espandersi, sottraendo territorio agli habitat naturali e spesso costringendo molte specie a spostarsi, a cambiare abitudini e convivere con noi per sopravvivere).
Per chi progetta, la fauna urbana, composta da centinaia di specie diverse, può anche rivelarsi come una potenziale e inedita tipologia di “cliente”. Un cliente che non indìce concorsi e non paga le fatture ma che d’altra parte non mette direttamente bocca (metaforicamente, ma magari lo fa fisicamente) sulle soluzioni adottate.
Ed è proprio con in mente i bisogni di alcuni animali urbani che diversi gruppi di studentesse e di studenti del Corso di Laurea in Design del prodotto industriale dell’Università di Bologna hanno lavorato sotto la guida di Francesco Toselli, designer e professore a contratto del Diapartimento di Architettura che ha dato vita a un laboratorio di disegno industriale — denominato Habitat, nuovi spazi per animali urbani — allo scopo di creare prodotti pensati per alcune specie che abitano la città.
Con l’aiuto di Luca Barbieri, assegnista di ricerca, Toselli — che qui su Frizzifrizzi abbiamo già conosciuto al di fuori dei suoi panni da prof. come co-fondatore del marchio Papertype — ha assegnato a ciascun gruppo il compito di «progettare piccoli sistemi che aiutino la fauna fornendo riparo, nutrimento e interazione con l’uomo e i “suoi” spazi».
Le studentesse e gli studenti che hanno preso parte al laboratorio, suddividendosi in 14 gruppi, sono Nicola Mengoli, Alberto Peron, Andrea Santi, Francesco Sernaglia, Flora Liberati, Simone Martelli, Riccardo Martinelli, Emilia Panzetti, Yasmine Lazzari, Federico Marsili, Emily Menni, Sofia Migliorini, Cristian Negraia, Dario Romano, Marta Pasini, Vittorio Summa, Elisa Magnani, Natalie Morandi, Ilinca Pirlog, Arianna Zanardo, Mattia Manaresi, Federico Marzi, Fabiano Piovan, Edoardo Venturelli, Francesca Montroni, Giovanni Piccolantonio, Giulia Pradella, Mattia Stefanelli, Martina Montebugnoli, Alessia Lombardo, Federico Primosa, Marzia Di Cesare, Giuseppe Parlato, Giacomo Pasi, Matilde Piva, Maria Polistina, Filippo Mattioli, Simone Milanesio, Riccardo Lipparini, Enrico Testoni, Carlotta Santini, Giovanni Pasquali, Megersa Venieri, Mila Pagliarani, Andrew Sorrentino, Ludovica Severi, Giacomo Tozzola, Lorenzo Savini, Manuel Raspanti, Matteo Masciarelli, Marco Sarti, Nicola Peiris Suriyapperuma, Nikita Moretti e Diego Losi.
Sopra e di seguito alcuni dei progetti che secondo Toselli sono i più riusciti tra quelli proposti.
Tutte le immagini sono state gentilmente concesse da Francesco Toselli.