Uno dei doni più grandi che un essere umano possa fare a un altro essere umano è insegnargli a vedere, nell’accezione più ampia del termine, cioè non soltanto “percepire stimoli esterni per mezzo della funzione visiva”, come riporta Treccani, ma anche — dal latino vĭdēre — notare, considerare, e, andando ancora più a fondo e più indietro nella storia del linguaggio fino alla radice indoeuropea weid-, il “vedere in quanto fonte di conoscenza” (da qui anche il nome dei Veda indiani).
Per Lorenzo Servi questo è compito dell’arte. «L’arte è comunicazione nella sua forma massima: è rendere visibili le cose invisibili», scrive nel sito che porta il suo nome d’arte, SerraGlia.
Classe 1979, Servi ha un passato come graffitista e un master in architettura conseguito a Firenze. Nel 2009 si è trasferito in Finlandia, a Helsinki, dove vive tuttora e dove ha fondato Lumart, uno studio di visualizzazione architettonica (si occupa di disegni, modelli e comunicazione relativa all’architettura), e una piccola casa editrice indipendente, la Other Editions, con la quale in passato ha pubblicato dei piccoli gioielli come City Wonders, dedicato all’arte urbana incidentale, e Backwards: The Unexpected Beauty of Spontaneity, che raccoglie foto del verso dei dipinti trovati nei mercatini delle pulci.
Ad accomunare questi progetti c’è il tentativo non solo di identificare quella che Gilles Clément chiama “l’arte involontaria” — e cioè «il felice risultato di una combinazione imprevista di situazioni o di oggetti organizzati conformemente alle regole d’armonia dettate dal caso» — ma anche di darne un’interpretazione allo stesso tempo seria (nella metodologia) e ironica (dello spirito e nei risultati).
Il medesimo approccio Servi lo usa nel suo nuovo lavoro, Signs Fiction, che si muove a partire dai misteriosi segni che chi lavora nelle imprese di costruzione traccia col nastro adesivo.
«Cosa significano questi segni? È una sorta di linguaggio segreto? O non c’è alcun significato?» si chiede il designer e architetto, che è andato alla ricerca di questo tipo di “opere” svolgendo una vera e propria indagine semiotica attraverso prove raccolte sul campo e teorie semiserie.
«Non sto cercando di rivelare la loro verità assoluta» avverte Servi. «Voglio invece mettere in discussione la percezione di ciò che ci circonda. Le cose sono sempre come sembrano?».
Sings Fiction è diventato anche un libro, composto da 48 pagine e pubblicato in due versioni, entrambe in edizione limitata: una con copertina nera (70 copie) e una con copertina arancione (30 copie). In realtà i volumi di tutte e due le serie sono in effetti pezzi unici perché ciascuno arriva con un pezzo diverso di adesivo, applicato a mano.