La vita e le opere di Tina Modotti in un nuovo catalogo di 24 Ore Cultura

Il libro, intitolato Tina Modotti. Donne, Messico e libertà, anticipa l’omonima mostra che verrà allestita al Mudec di Milano

Nei primi del ‘900, in un mondo in cui le idee di uguaglianza e internazionalismo del pensiero socialista vanno divampando come un incendio, ogni rivoluzione attrae a sé militanti, spiriti liberi, artistз e attivistз da ogni parte del pianeta. È in questo contesto che, nei primi anni ’20, la fotografa Tina Modotti arriva nel Messico post-rivoluzionario.

Nata a Udine nel 1896 come Assunta Adelaide Luigia Modotti, Tina non ha ancora compiuto 27 anni quando attraversa la frontiera tra Stati Uniti e Messico. Insieme a lei ci sono il fotografo americano Edward Weston e il figlio di lui, Chandler. Modotti e Wenston hanno una relazione. Si sono conosciuti anni prima, in California, dove lei lavorava come modella e attrice, dopo una vita che già sembrava tratta da un romanzo: un’infanzia tra Austria e Friuli al seguito della famiglia, poverissima, poi un lavoro da operaia in una filanda; l’arrivo negli USA, appena adolescente, per raggiungere il padre; qualche esperienza come sarta; un matrimonio col poeta e pittore Roubaix del’Abrie Richey, detto Robo, e infine la svolta del mondo dello spettacolo, tra teatro e qualche film.

Tina Modotti, “Calle”, Messico, 1924
© Tina Modotti
(courtesy: 24 Ore Cultura)
Tina Modotti, “Contadini che leggono «El Machete»”, Messico, 1927
© Tina Modotti
(courtesy: 24 Ore Cultura)

A partire dal 1921, Modotti e Wenston diventano amanti. Quando Robo muore, nel ’22, a causa del vaiolo, lei visita il Messico per la prima volta, rimanendone affascinata. Ci torna da vedova, appunto, nel 1923.
Insieme al fotografo americano si stabilisce a Città del Messico. Lui le insegna a fotografare e lei, all’inizio, assorbe lo stile formale e pittoricista del compagno. I due si inseriscono nella scena culturale e intellettuale del luogo, e conoscono artisti come Diego Rivera, David Alfaro Siqueiros e Clemente Orozco, entrando in contatto anche con il mondo dell’attivismo politico.
Quando il rapporto tra Modotti e Weston si guasta e lui ritorna negli Stati Uniti, lei rimane in Messico e comincia a usare la fotografia come strumento d’indagine sociale e di lotta politica.
Espulsa dal paese nel 1930 a causa delle sue idee comuniste, vi fa ritorno nel 1939, dopo aver viaggiato tra l’Europa e l’Unione Sovietica, lavorando come traduttrice e come militante di primo piano del Soccorso Rosso Internazionale (la Croce Rossa comunista), aiutando i perseguitati politici, partecipando alla guerra civile spagnola.

Tina Modotti, “Sombrero, falce e martello”, Messico, 1927
© Tina Modotti
(courtesy: 24 Ore Cultura)

Gli ultimi anni di vita li passa, tra mille difficoltà, con quello che è ormai da anni il suo compagno, il rivoluzionario italiano Vittorio Vidali. Muore a Città del Messico nel 1942, per un infarto, dopo una cena a casa dell’ex direttore del Bauhaus Hannes Mayer (anche se, per decenni, è circolata la voce, falsa, che fosse stata avvelenata dal compagno per questioni politiche e relative ad attività di spionaggio).

Dimenticata per decenni, sia come rivoluzionaria che come fotografa, Tina Modotti è stata riscoperta negli anni ’70 grazie a Vidali, nel frattempo diventato senatore, e al Circolo culturale Elio Mauro di Udine (sul sito del Comitato Tina Modotti c’è tutta la storia).
Oggi il suo è uno dei nomi più importanti nel panorama della fotografia del ‘900 e un luminoso esempio di donna libera, emancipata e politicamente e socialmente impegnata.
«Il nuovo Messico ha suscitato l’entusiasmo di artisti stranieri. Tina Modotti rimase per diventare una fotografa e una rivoluzionaria», compare in apertura al documentario Frida Kahlo & Tina Modotti, visibile integralmente su YouTube, girato negli anni ’80 dai due cineastз Laura Mulvey e Peter Wollen in occasione di una mostra da loro curata che ruotava, appunto, attorno all’opera delle due artiste e alla loro tormentata amicizia.

“Tina Modotti. Donne, Messico e libertà”, catalogo a cura di Biba Giacchetti, 24 Ore Cultura, 2021 (courtesy: 24 Ore Cultura)

A quasi ottant’anni dalla morte, una grande mostra al Mudec di Milano, intitolata
Tina Modotti. Donne, Messico e libertà, porterà in Italia parte delle sue opere. Prevista all’interno del palinsesto I talenti delle donne del Comune di Milano, l’esposizione non ha ancora una data precisa (causa pandemia) ma il catalogo della mostra sta per essere pubblicato da 24 Ore Cultura.

Curato da Biba Giacchetti, fondatrice dell’agenzia Sudest57 e curatrice, il libro approfondisce la vita e le opere di Tina Modotti attraverso le immagini e i saggi critici di Paolo Ferrari, Claudio Natoli e della stessa Giacchetti, facendo luce anche sul contesto del Messico rivoluzionario dell’epoca.
Il volume sarà disponibile a partire dal 4 febbraio, sia online, sul sito di 24 Ore Cultura, che nelle librerie.

Tina Modotti, “Concha Michel suona la chitarra”, Messico, 1928
© Tina Modotti
(courtesy: 24 Ore Cultura)
Tina Modotti, “Eleganza e povertà” (fotomontaggio), Messico, 1928
© Tina Modotti
(courtesy: 24 Ore Cultura)
Tina Modotti, “Le donne di Tehuantepec portano frutta e fiori sulla testa, dentro zucche dipinte chiamate jicapexle”, Messico, 1929
© Tina Modotti
(courtesy: 24 Ore Cultura)
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