Abitare le lettere: l’alfabeto illustrato dello studio Divisodue

Per abitudine tendiamo a dimenticarcene ma il modo in cui scriviamo le lettere, usando i caratteri stampati maiuscoli e minuscoli, assomiglia molto alla costruzione di una struttura — tira su un muro qui, metti un arco lì, qua serve un ponte, là una trave a reggere il tutto…
L’analogia diventa palese quando si utilizzano quei normografi modulari, ed è da secoli che l’homo scribens immagina lettere abitabili edificate come palazzi o parte di essi, dai capolettera miniati dei manoscritti medievali all’ottocentesco Alfabeto Pittorico di Antonio Basoli, dalle lettere-case di Scott Teplin agli edifici animati di Florian Schommer, i collage di Lola Dupre o i più metaforici Alfabeti Abitati di Anonima Impressori.

Più di recente, su questo stesso tema hanno lavorato anche Gaia Ascone e Silvia Sanchietti, due giovani designer che vivono e lavorano a Roma.
Rispettivamente classe 1994 e 1993, Ascone e Sanchietti si conoscono da molti anni e hanno intrapreso il medesimo percorso di studi in interior ed exhibit design, percorso che è infine culminato, nel 2015, con la creazione di Divisodue, un piccolo studio che si occupa di illustrazione, direzione creativa, comunicazione grafica e motion design.

Tra i progetti realizzati dal duo c’è Abita, un alfabeto che mette insieme design, architettura e illustrazione, mostrando degli essenziali scenari in cui le lettere sono abitabili e diventano stanze, zone della casa e interi edifici, talvolta potenzialmente realizzabili, altre totalmente surreali.

(courtesy: Divisodue)
(courtesy: Divisodue)

«Abita è un progetto nato da una riflessione fatta sul linguaggio, sull’importanza della parola nel quotidiano e, restringendo all’essenziale, sulle lettere che generano le parole. Come con una grande lente di ingrandimento, abbiamo scoperto all’interno delle lettere tanti scenari, immaginari evocativi che raccontano storie. Le lettere diventano così dei luoghi, architetture possibili o utopiche, che riflettono il quotidiano o l’impossibile, e che i nostri personaggi abitano con delicatezza», mi hanno raccontato Ascone e Sanchietti, che hanno progettato le singole lettere esattamente come avrebbero fatto con una struttura architettonica: prima degli schizzi su carta e poi la modellazione 3D, dividendosi equamente il lavoro (da qui il nome dello studio: Divisodue).

In un’epoca in cui al linguaggio si associano immediatamente concetti come l’eccesso di informazioni, l’odio, l’intolleranza, la divisione e — paradossalmente — l’incomprensione, le due designer hanno appositamente scelto di lavorare su soggetti positivi come la socialità, l’incontro, l’attesa, la quiete, il coraggio, la meraviglia, la scoperta.

(courtesy: Divisodue)
(courtesy: Divisodue)
(courtesy: Divisodue)

Le due designer hanno pure scritto un “manifesto” che accompagna la serie, e che recita:

«Il primo strumento di comunicazione è la parola, il linguaggio. Un insieme di lettere che generano discorsi, riflettono emozioni, manifestano idee, connettono persone. Ogni lettera è un luogo che cominciamo ad abitare fin da piccoli, uno spazio protetto in cui muoversi distesi.
Impariamo a scrivere partendo da piccoli segni; gli stessi che poi ci permetteranno di esprimerci, identificarci.
Ogni parola produce un suono, genera una visione, disegna uno spazio.
È solo abitando le nostre parole che possiamo comprenderne la leggera potenza e lo sconfinato peso.
Architetture variabili che parlano di noi.»

Le illustrazioni di Abita sono anche in vendita: basterà contattare Divisodue oppure andare a visitare la mostra in esposizione fino al 17 novembre presso Materia, a Roma.

(courtesy: Divisodue)
(courtesy: Divisodue)
(courtesy: Divisodue)
(courtesy: Divisodue)
(courtesy: Divisodue)
(courtesy: Divisodue)
(courtesy: Divisodue)
(courtesy: Divisodue)
(courtesy: Divisodue)
(courtesy: Divisodue)
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(courtesy: Divisodue)
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(courtesy: Divisodue)
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