Usare i vecchi libri come arredi: i “Mobiletti” di Jacopo Bridda

Ho un vicino di casa col quale faccio di tanto in tanto due chiacchiere in cortile. Lui abita nel palazzo accanto e siamo separati da una rete, attraverso la quale, quando ci incontriamo, scambiamo qualche parola: battute sulla situazione politica, maledizioni ai rispettivi amministratori condominiali, “recensioni” sul clima in città e sulle nostre rispettive giornate. Quello che capita in qualunque condominio, di qualunque quartiere in qualunque città, insomma.

Qualche mese fa, quando per pratiche questioni di spazio il vicino doveva liberarsi della sua vecchia enciclopedia, mi ha chiesto se la volessi. Odiava l’idea di buttarla via e avrebbe preferito darla a qualcuno.
Si trattava della medesima Grande Enciclopedia De Agostini sulla quale avevo passato infanzia e gioventù io stesso, tra ricerche per la scuola e pomeriggi ad aprire pagine a caso e leggere lemmi altrettanto a caso. Una ventina di volumi, rilegati in tela verde con caratteri dorati.
Appena il vicino me l’ha descritta e io l’ho riconosciuta, ecco che mi è tornato in mente tutto: l’odore, il suono delle pagine, i miei pomeriggi sulla moquette dello studio nella casa dei miei.

Mi presi un paio di giorni per rifletterci su. Più che alle mie figlie pensavo a me: prendendola avrei ripreso un pezzetto di passato. Ma poi la razionalità ha avuto la meglio: nonostante continui a pianificare nuove mensole in angolini assurdi, di spazio per venti volumi e rotti di quelle dimensioni e di quel peso non ce n’è in casa mia. Dunque, gentilmente, rifiutai.
La Grande Enciclopedia non so che fine abbia fatto, ma mi è venuta subito in mente quando, qualche giorno fa, mi ha scritto uno studente di design della Libera Università di Bolzano per presentarmi il suo progetto: Mobiletti.

(courtesy: Jacopo Bridda)

Lui si chiama Jacopo Bridda e ha sviluppato un’idea tanto interessante quanto (volutamente) provocatoria: «se cerchiamo nella nostre case e nelle nostre librerie, non possiamo fare a meno di notare volumi che non guardiamo da anni: cataloghi di mostre, cataloghi commerciali, vecchi libri scolastici, elenchi telefonici, romanzi, guide turistiche, atlanti. A volte li buttiamo, a volte li teniamo dicendoci che un giorno li apriremo di nuovo. Questo è un problema non solo nell’ambito domestico, ma anche in contesti pubblici. Librerie e biblioteche sono costrette, ad intervalli regolari, a sbarazzarsi di libri vecchi per far spazio ai nuovi. Questi libri possono avere destini diversi: alcuni vengono regalati o rivenduti, altri finiscono al macero», sostiene Jacopo, che ha quindi pensato a un modo per utilizzare i volumi obsoleti come arredi e sedute: mobili + libri letti = mobiletti.

(courtesy: Jacopo Bridda)

Considerando il libro unicamente nella sua essenza materiale, il giovane designer ha sviluppato un serie di giunti e di fermacorda per utilizzare i volumi come dei veri e propri mattoncini.

«Unire libri tra loro non è difficile, ma i volumi hanno spesso dimensioni molto variabili tra loro. Mi sono concentrato quindi su libri prodotti in serie che mantengano quasi sempre gli stessi valori per lunghezza, altezza e spessore. Pensandoci, questo capita più spesso di quello che si creda: è il caso delle vecchie enciclopedie, degli atlanti stradali, oppure dei cataloghi periodici. Anche le collane di libri di letteratura hanno lo stesso formato», racconta Jacopo, che ha quindi creato un tavolino da caffè coi classici coffee table book — i libri da tavolino da caffè, appunto — e dei resistenti giunti metallici. E poi delle sedute con giunti a 90° stampati in 3D, sgabelli con a corde e fermacorda per formare i pilastri, oltre a una scatola a muro/mensola, sempre coi giunti ad angolo retto.

Mobiletti è stato sviluppato nell’ambito del progetto After the End of the Book, condotto dai docenti Pietro Corraini, Gianluca Camillini e Valeria Burgio, che hanno stimolato gli studenti a pensare l’oggetto-libro in relazione alle attuali, rapide trasformazioni in campo editoriale.

A saperlo prima, ne avrei parlato col mio vicino, e forse ora staremmo bevendoci un caffè seduti sui volumoni dell’enciclopedia.

(courtesy: Jacopo Bridda)
(courtesy: Jacopo Bridda)
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