(foto: Frizzifrizzi)

Orlo: una nuova “bookzine” che parla di marginalità e di co-progettazione

Prodotta in Giappone fin dalla metà degli anni ’80 e pensata per scopi tutt’altro che artistici—l’idea era quella di avere una fotocopiatrice low cost capace di “sfornare” fino a 10.000 copie a un costo per copia piuttosto inferiore rispetto a quello di una fotocopiatrice tradizionale e di una tipografia—a partire dai primi anni 2000 la Risograph è stata riscoperta dal mondo delle autoproduzioni editoriali, degli illustratori e dei graphic designer.

I motivi fondamentali di questa “riesumazione di cadavere” tecnologico sono principalmente tre: innanzitutto un certo mercato parallelo a quello ufficiale, su siti come eBay e simili, poi la rapidità e la buona qualità offerte dalla macchina, e infine—ben più importante per l’uso creativo—per la sua imprevedibilità, che offre a chi sa sfruttare a proprio vantaggio il concetto di “errore” la possibilità di sperimentare e tirar fuori dalla stampante pezzi unici o giù di lì.

Non c’era tecnica che si prestasse meglio, dunque, alla stampa di questa nuova bookzine chiamata Orlo (il sito è ancora in costruzione quindi rimando alla pagina facebook), che ha proprio l’errore come tema centrale del numero zero, presentato qualche giorno fa a Bologna durante la Fruit Exhibition.

(foto: Frizzifrizzi)
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Prodotta in duplice lingua italiano/inglese e in sole 200 copie (ma presto arriverà anche una versione digitale, oltre a un blog), ciascuna pressoché unica per i risograph-motivi che ho appena spiegato, Orlo è un progetto della graphic designer lucana Mariangela Savoia, aiutata da un gruppo di collaboratori.

«Si chiama così perché si interessa ai luoghi di margine», mi ha spiegato lei, «luoghi che di solito non sono toccati né dalla progettazione né dall’attenzione dei mass-media».

Lo scopo è quello di trovare e indagare casi di co-progettazione e auto-progettazione lì dove lo sguardo di chi non è del luogo (e spesso neanche il loro) raramente si sofferma.

(foto: Frizzifrizzi)
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Il numero zero è pensato come un viaggio, che va dal quartiere napoletano di Bagnoli fino a Drapia, in provincia di Vibo Valentia, toccando Campania, Basilicata, Puglia e Calabria. Viaggio che tra le prime pagine del libro è rappresentato come un’evocativa serie di costellazioni che si stagliano sul nulla del foglio bianco, quasi a voler decontestualizzarne la geografia, togliendo tutti i punti di riferimento che una mappa potrebbe dare.

Ma che significano co- e auto-progettazione? Significano che ad esempio in questa primissima uscita ci siano un guida su come costruire da sé un rifugio, un reportage fotografico sul mondo dell’autoproduzione e della condivisione nella Basilicata di fine anni ’70/primi anni ’80, un approfondimento su un gruppo di architetti che sta cercando di fare di Bagnoli un immenso laboratorio di bonifica…

In pratica si va alla scoperta dei progetti di alcune di quelle tante realtà virtuose che si rimboccano le maniche e provano, dal basso, a cambiare le cose.

(foto: Frizzifrizzi)
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Nei prossimi numeri, che non usciranno a cadenza regolare, saranno altre le zone indagate: «magari», dice Mariangela, «anche fuori dall’Italia o dall’Europa».

Tra l’altro a chi acquista la rivista viene regalato un segnalibro-santino che rappresenta una Madonna nera, come ce ne sono tante. Ma questa è idealmente la Madonna Nera di Boreano, la minuscola contrada semi-abbandonata fuori Venosa, in provincia di Potenza, tristemente famosa perché ci abitano (in condizioni disastrose) praticamente soltanto gli immigrati sfruttati nelle campagne della zona, che intanto imparano l’italiano dentro ad una chiesa. Quella chiesa, i ragazzi di Orlo, sono andati a visitarla.

Orlo nasce dalla meraviglia per tutto ciò che non è progetto, dalla sapienza dell’errore.
Crediamo sia importante procedere incerti verso scenari sorprendentemente lontani da modelli e processi a cui facciamo spesso riferimento.
Crediamo che la marginalità rappresenti un punto di forza, che i suoi luoghi siano quelli dove si sviluppano nuovi linguaggi significativi

(foto: Frizzifrizzi)
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