BBB14 | Dolores: intervista a Paper Resistance

dolores

Fine ottobre. Bologna. Sotto a un cielo color del piombo cerco il Museo delle Cere Anatomiche Luigi Cattaneo, uno dei luoghi più magici ma forse meno conosciuti della città, “nascosto” com’è al primo piano di una delle tante sedi dell’Università.

Il museo l’ho già visitato anni fa. Ho già ammirato in religioso silenzio quei capolavori in cera del Sette/Ottocento, quei corpi decorticati, quegli organi nudi, devastati dalle malattie, quei feti malformi, tutti sapientemente e artigianalmente realizzati a scopo didattico in un’epoca in cui il corpo umano era ancora una frontiera in parte inesplorata.
Ci sono già stato ma devo di nuovo chiedere informazioni. Un gruppo di studentesse, all’ingresso, mi indica una porta. La attraverso, seguo un corridoio pieno di studenti, chiedo di nuovo, salgo le scale, vedo le prime bacheche del museo. Le voci degli studenti lì non arrivano più. C’è un silenzio assoluto. E dietro un’altra porta, al lavoro nella grande sala della biblioteca, trovo Paper Resistance e Daniel Muñoz “SAN”.

Paper e Daniel, insieme a James Kalinda e Scarful, sono i protagonisti di Dolores, mostra/residenza che ha visto i quattro artisti “dialogare” con le opere del museo per produrre una serie di lavori ad hoc. Lavori che proprio nei giorni del festival diventeranno un libro.

Nello stanzone, dove ogni movimento — anche lo scricchiolar di una sedia — produce eco, entra una bellissima luce fredda. I due sono seduti a un grande tavolo. Muñoz è al lavoro e intinge il pennello nella scatoletta di acquerelli portatili. Di tanto in tanto consulta il suo taccuino, pieno di bozzetti e di appunti.
Paper Resistance è seduto di spalle alla porta. Guarda fuori dalla finestra. Mi sentono arrivare dall’eco dei miei passi. Inizio a fare domande e Paper, l’ideatore di tutto, a voce bassa e tranquilla, da domenica mattina, comincia a raccontarmi di Dolores.

* * *

il Museo delle Cera Anatomiche di Bologna
il Museo delle Cera Anatomiche di Bologna

Perché hai scelto il Museo delle cere anatomiche?

Innanzitutto perché è un posto molto bello e poi perché questo posto qua non è che lo conosca molta gente. Il fatto è che le cere, per la maggior parte, sono focalizzate sulla patologia. E poi il museo, come hai potuto vedere, è piuttosto “imbucato”. Questo però ci ha dato modo di poter lavorare in assoluta tranquillità e da parte del museo e di chi ci lavora dentro abbiamo avuto la massima disponibilità.

Com’è nato il progetto?

Ho avuto questa idea circa due anni fa, poi è rimasta per un po’ nel cassetto. Alla fine l’ho proposta a quelli di Hamelin [l’associazione culturale che organizza il festival BilBOlbul] e loro — nonostante mi renda conto che non si trattasse esattamente di un’idea “piaciona” — mi hanno dato carta bianca sia su come realizzarlo sia su chi coinvolgere.

Museo delle Cere Anatomiche, Daniel Muñoz
Museo delle Cere Anatomiche, Daniel Muñoz

E come hai scelto, tu, chi coinvolgere?

Daniel, James e Scarful sono innanzitutto amici e hanno, come me, una certa fascinazione verso questi temi, verso questa… — chiamiamola “zona d’ombra”. E sapevo anche che sarebbero stati entusiasti di lavorare a un progetto come questo.

Puoi raccontarmi le varie fasi del lavoro?

Ho iniziato fotografando praticamente tutto ciò che c’è nel museo e poi ho inviato il materiale agli altri artisti, più che altro perché arrivando ciascuno da un posto differente, una “residenza” preparatoria sarebbe risultata un po’ difficile.

E che indicazioni hai dato?

L’input era semplice: «nel museo c’è questo, facciamo un po’ quello che ci pare» [ride, ndr].
D’altro canto a me non interessava fare un tipo di illustrazione prettamente scientifico. Mi sembrava invece interessante reinterpretare, ciascuno col proprio stile, il materiale del museo.

Museo delle Cere Anatomiche, Daniel Muñoz
Museo delle Cere Anatomiche, Daniel Muñoz

Immagino che comunque il fatto di avere a che fare con delle cere che, come hai detto tu prima, si rifanno sopratutto alla patologia, abbia dato un’impronta forte all’interpretazione che ne avete dato.

Io spesso e volentieri mi sono ritrovato a prendere il pezzo di un soggetto e a metterlo insieme a un pezzo di un altro soggetto, ottenendo un’altra cosa.
Daniel invece ha fatto tutto un lavoro sulla contrapposizione, utilizzando nella maggior parte dei casi soltanto gli scheletri che ci sono qui, e sono scheletri di feti malformi e cose simili.
Probabilmente come contenuti Dolores è un progetto un po’ estremo, però non c’è niente di splatter.

Niente di “compiaciuto”.

Esatto. E comunque tutto ciò che è riprodotto nel museo delle cere si riferisce a qualcosa di reale. Non è che prendi una patologia e la porti all’estremo solo per il gusto di farlo. Qui prendi una patologia e la rappresenti per quello che è, punto.
Comunque da disegnatore, da illustratore, confrontarsi con questi soggetti è una sfida molto interessante e per certi versi pure divertente, una sorta di esperienza ludica.

Museo delle Cere Anatomiche, Daniel Muñoz
Museo delle Cere Anatomiche, Daniel Muñoz

Come si mettono in relazione le vostre opere con il materiale che c’è qua?

Vista la disponibilità che abbiamo avuto dal museo, l’idea era di non dividere il contenuto illustrato da quello originale esposto.
Infatti abbiamo chiesto e ottenuto di poter inserire la maggior parte dei disegni dentro alle teche insieme alle cere.

In una sorta di dialogo.

Questo da un certo punto di vista gioca a nostro sfavore perché le cere, sia per i soggetti rappresentati sia per la loro incredibile manifattura, sono certamente più affascinanti di quelli che possono essere ad esempio i miei disegni.
In teoria non è una scelta molto arguta, quella di mettere le opere nelle teche. Ma il concetto era di fare un tutt’uno, portare lo spettatore a fare un viaggio utilizzando tutto ciò che c’è qua: il museo, le cere, le nostre opere.
E il nostro ego [ride, ndr] se ne deve stare buono e tranquillo.

Dolores, serigrafia

Hanno organizzato altre mostre, qui, in passato?

Sì ma il museo in quei casi era solo una cornice. Nel caso di Dolores invece il museo è il protagonista.

A proposito di opere: quante sono?

Circa 70. E andranno a comporre anche un libro, che verrà prodotto nel periodo della mostra. Lo pubblicherò io con la mia piccola casa editrice, ZOOO print & press.
C’è tantissimo materiale ed è giusto che venga anche documentato.
I disegni saranno sparsi nelle teche e qui, nella sala della biblioteca, faremo dei lavori ad hoc, tipo quello a cui sta lavorando Daniel, che nei giorni del festival purtroppo non ci sarà perché è impegnato in Portorico.

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[Faccio qualche domanda a Daniel Muñoz, che durante l’intervista a Paper Resistance non ha smesso un minuto di lavorare. Daniel parla un ottimo italiano ma ogni tanto ficca dentro alle frasi delle “parole chiave” in spagnolo, che lascio perché danno ulteriore colore alle sue risposte] Daniel, tu che il museo non l’avevi mai visto dal vivo, che effetto ti ha fatto?

Daniel Muñoz: dopo aver ricevuto le immagini di Paper mi sono fatto un’idea generale del posto ma dopo essere arrivato qui ho deciso di cambiare completamente quella che era l’idea iniziale.

Cioè?

Daniel Muñoz: il posto, il museo, è molto stricto, serio, molto scientifico. Quindi ho deciso di fare un esperimento un po’ loco, mischiando immagini prese dal giornale futbolista [la Gazzetta, ndr], immagini di altre mostre che si sono svolte qua dentro…

Paper Resistance: Uno può pianificare tutto quanto, poi arriva qua e si rende conto che può fare tanto altro.

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[Lascio Daniel lavorare e torno a Paper] Ti aspetti che succeda anche con gli altri?

Sicuramente sì. È inutile pianificare tutto. E anche la disponibilità del museo, in questo senso, è stata fondamentale. Perché poi appunto gli altri arrivano qua e magari hanno un’idea che io non ho avuto ed è bello che sia così.

Oltre alla mostra e ai disegni c’è qualcos’altro, se non sbaglio.

Sì, un set di serigrafie che ruoteranno attorno al simbolo della mostra, che è una croce rossa.
Poi visto che due di noi quattro — Scarful e James Kalinda — di lavoro fanno i tatuatori, durante i giorni del festival faremo una session di tatuaggi presso uno studio.
Questo progetto è anche un po’ una scusa per fare tante produzioni parallele, visto che nessuno di noi “disegna” e basta.
E credo che Dolores, anche al di fuori da queste mura, abbia comunque la sua dignità, credo che possa funzionare anche altrove.

James Kalinda, serigrafia
James Kalinda, serigrafia

Sia come mostra che come libro.

Il libro sarà di livello molto alto perché molto alta sarà la qualità dei disegni di quelli che ci hanno lavorato — non parlo per me, eh, che sono il più scarso di tutti!
Poi faremo anche un sito apposito, su tumblr [nel frattempo è gia uscito: cuatrodolores.tumblr.com, ndr], che raccoglierà tutto il materiale del progetto, compresa la lavorazione.

Che ti aspetti da chi visiterà la mostra?

Non mi aspetto niente. Non ho aspettative. Ma sono convinto della potenzialità, sia di questo posto, del museo, che dei lavori che saranno esposti. Poi magari la mostra potrà piacere o meno ma sono convinto che sarà una cosa che poi non dimentichi.
Credo però sia meglio venir qui totalmente “vergini”, senza saperne molto.

Paper Resistance, serigrafia
Paper Resistance, serigrafia

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preview del libro “Dolores” | cover
preview del libro “Dolores” | cover
preview del libro “Dolores” | James Kalinda
preview del libro “Dolores” | James Kalinda
preview del libro “Dolores” | James Kalinda
preview del libro “Dolores” | James Kalinda
preview del libro “Dolores” | Daniel Muñoz
preview del libro “Dolores” | Daniel Muñoz
preview del libro “Dolores” | Daniel Muñoz
preview del libro “Dolores” | Daniel Muñoz
preview del libro “Dolores” | Paper Resistance
preview del libro “Dolores” | Paper Resistance
preview del libro “Dolores” | Paper Resistance
preview del libro “Dolores” | Paper Resistance
preview del libro “Dolores” | Scarful
preview del libro “Dolores” | Scarful
preview del libro “Dolores” | Scarful
preview del libro “Dolores” | Scarful
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