Nicholas Van Der Rohe | FW2012/13

Da quando ho deciso di integrare le letture notturne con interminabili viaggi in rete attraverso siti di paranoica quanto interessante contro-informazione, a mo’ di parassita che nel laboratorio del fornaio svolazza qua e là nella speranza di depositare un po’ di uova (nel mio caso quelle della curiosità) nella farina, mi capita di vedere simboli e connessioni dappertutto, una trama che s’intreccia tutt’attorno, seguendo i fili della quale arrivi a una serie di telai (riti cristiani, massoneria e società segrete, culti magici) tutti collegati in qualche modo – attraverso nodi a volte vistosissimi, altre quasi invisibili – al paganesimo pre-cristiano, alcuni semplificandone il disegno altri sofisticandone gli intrecci.

Inutile dire che di fronte alle stampe della nuova collezione di Nicholas Van Der Rohe ho passato la mattinata, soprattutto perché visto il personaggio – quasi un eremita che dalle fiandre, appassionato d’alchimia, crea i suoi foulard con una cura maniacale, affidandone poi la produzione a laboratori italiani – considerarne solo l’estetica senza rimuginare un po’ sul simbolismo mi sarebbe sembrato un vero affronto verso chi (a differenza dei designers con la poetica dell’accozzaglia) è evidente che s’affanna in ricerche spaccatempie, disseminando di concetti quelli che all’occhio poco paranoico potrebbero sembrare semplici foulard.

Ma il Van Der Rohe, devo dire, mi ha fregato, perché a parte il riconoscibilissimo omaggio a La dama e l’unicorno, misteriosa quanto magnifica serie di arazzi quattrocenteschi carichi di simboli esoterico-massonici, offerti pure in abbondanza in un altro esemplare (colonne, occhi divini, grandi G, geometria, cazzuole, cuori fiammeggianti…); a parte le mappe astrologiche; a parte le montagne sovrapposte le une alle altre (una parete di pietra a conservar segreti o sulle quali scolpire simboli?); a parte la mano radiografata sul cui indici sembra sia spuntato un fiore (la conoscenza, espressa dal toccare e dall’indicare, è vita); a parte l’intreccio vegetal-autostradale a fornire al meno esperto la chiave iconografica del tutto… a parte tutto questo non sono invece riuscito ad identificare tante altre cose. Ma forse è anche per questo che trovo le creazioni del designer belga tanto affascinanti.

Un messaggio
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