The book is on the table

PUNTO OMEGA
Don DeLillo
Einaudi 2010

Prima di ogni altra cosa, prima di leggere questa recensione; prima, soprattutto, di aprire il libro di DeLillo e cercare il Punto Omega, guardatevi questo video.
E’ solo un breve estratto dell’opera 24 Hour Psycho, dell’artista inglese Douglas Gordon, che riesce appena a dare l’idea dell’incredibile senso di spaesamento, di ossessiva ricerca di se stessi, della sorpresa nell’assenza di sorprese (chi non ha visto Psycho?), del battito del tempo – per come lo conosci – che rallenta sullo schermo e dentro di te, di fronte ad una versione di Psycho che si trascina fotogramma dopo fotogramma fino ad arrivare a ben 24 ore di durata.

Con questa immagine si apre il romanzo, e ritrovi il DeLillo che in Underworld “proiettava” morbosamente il celeberrimo filmato Zapruder in loop continuo e a diverse velocità: filmato che era il punto chiave della coscienza, della cultura e della contro-cultura americana (con le varie teorie della cospirazione). O quello de L’uomo che cade, con le immagini dell’11 settembre – nuovo punto chiave – che aleggiano fin dalla copertina del libro.
In Punto Omega, però, non c’è il DeLillo che si diverte ad entrare con una lente di ingrandimento nella società americana, né (senza divertirsi) quello che cerca di spiegare il suo paese post-Twin Towers ma un autore che prova a fare il punto: sul tempo e la sua percezione, sulla vecchiaia e la fine.

In una casa sperduta nel deserto californiano troviamo un film-maker con un matrimonio a pezzi alle spalle, uno che vede il cinema come una ricerca ossessiva e auto-referenziale, uno la cui opera prima è un video di 87 minuti fatto di soli spezzoni di Jerry Lewis (altra icona) durante i Telethon. Un Jerry Lewis “depurato” del mondo circostante, senza musica, pubblico, ospiti, ballerini: un comico tragico che come Psycho si dilata, si sfascia, si consuma per tutta la durata dello spettacolo.
Jim, il film-maker, è lì, in ritiro in mezzo al nulla, insieme al soggetto del suo secondo film: Richard Elster, anziano stratega della guerra in Iraq. Jim cerca di convincerlo a partecipare al suo progetto, il grado zero del documentario, un film in presa diretta e senza montaggio dove Elster semplicemente parla a ruota libera, spalle alla parete, senza interruzioni. Ma nel tempo senza tempo e nello spazio non spazio del loro rifugio, Elster diventa maestro e Jim allievo. Fino all’arrivo della figlia di Elster: creatura quasi eterea che sconvolgerà non poco il giovane Jim e che poi diventerà, con la sua misteriosa scomparsa, l’interruttore che permetterà al regista di riconoscere, vivere il suo Punto Omega, lasciando te, lettore, con una certa nostalgia di non sai bene cosa ed uno spaesamento temporaneo – come quando esci dal cinema dopo la “potente lunghezza” di Apocalypse Now (in mancanza di 24 Hour Psycho) – spaesamento che cerchi poi di prolungare più che puoi, tanto è rassicurante non capire dove sei e chi è quella gente che si affanna a vivere attorno a te.

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