Issues | Hunger #6 e le venti copertine differenti

The Mighty Blighty issue - Imogen Poots
The Mighty Blighty issue – Imogen Poots | © Rankin

John Rankin Waddell, in arte Rankin, è forse l’artista che più di ogni altro, negli ultimi vent’anni, è riuscito a raccontare e a incarnare l’intricatissimo rapporto tra moda, musica ed editoria indipendente, sia come fotografo che come fondatore ed editore di alcuni tra i magazine più importanti dagli anni ’90 a oggi, prima con Dazed & Confused (che ha co-fondato insieme a Jefferson Hack ventun’anni or sono, quando entrambi erano freschi di laurea) poi con AnOther Magazine (undici anni fa, sempre con Hack) e ora con Hunger, la sua ultima creazione, inconfondibilmente british come le precedenti e arrivata di recente alla sua sesta uscita.

E di questo sesto numero—intitolato the Mighty Blighty issue, una celebrazione e insieme una dichiarazione d’amore per la cultura e la creatività britannica—ne parliamo direttamente con Rankin, che in barba alla crisi ha deciso di far uscire la rivista con ben 20 copertine diverse, ciascuna con un personaggio diverso, tutti “ambasciatori” dello stile, del cinema, dell’arte e della musica inglese nel mondo.

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Riviste storiche si ridimensionano o addirittura chiudono, invece Hunger rilancia e fa addirittura un numero con 20 copertine diverse. Cosa vi è saltato in testa?

Negli ultimi 3 anni o giù di lì credo di aver notato che il talento britannico, in campo musicale come nella moda e nel cinema, è come decollato. Alcuni dei più grandi show della tv, come Game of Thrones e Homeland, sono interpretati da attori inglesi. I musicisti britannici, come i personaggi che abbiamo messo in copertina, Jake Bugg e Ellie Goulding, hanno fatto sold out nei loro tour mondiali e sono numero uno in classifica in un sacco di paesi in tutto il mondo. È un tipo di successo che pochissime persone riescono a raggiungere di questi tempi in un’industria dello spettacolo già satura. Mi è sembrato che la nostra piccola isola stesse vivendo una vera e propria rinascita culturale negli ultimi 10 anni quindi ho pensato fosse giusto celebrarla nel nuovo numero di Hunger.
Per quanto riguarda le 20 copertine, beh è stata dura non farne ancora di più! Abbiamo ritenuto che la Gran Bretagna fosse caldissima, creativamente parlando, e questo è un ottimo motivo per festeggiare!

Rankin
Rankin | © Rankin

Immagino che per te, in più di vent’anni di editoria, questa non sia la prima crisi (del settore ed economica in generale) che ti sei ritrovato a dover affrontare. Hai sviluppato una ricetta segreta per superarle? Cos’è cambiato dalla recessione nell’era Thatcher ad oggi per chi dirige una rivista indipendente?

È strano ma in tempi di instabilità economica capita spesso che la creatività fiorisca. Ci sono aperture e nuove opportunità che nei periodi di prosperità di solito sono chiuse, e in questi tempi di instabilità la gente pensa in maniera “laterale” e s’ingegna creativamente per spingere il proprio messaggio. Anche per me, con Hunger, si è trattato di far conoscere, in modo ancora più ampio, quella che è la mia visione. Erano più di dieci anni che non mi mettevo in gioco così tanto con un magazine. Cos’è cambiato? Non molto in realtà. Continuiamo a fare ciò che abbiamo sempre fatto. Forse sono meno turbolento e un po’ più saggio. Forse…

The Mighty Blighty issue - Amber Anderson
The Mighty Blighty issue – Amber Anderson | © Rankin

A proposito di segreti: credi ce ne sia uno che aiuti voi inglesi ad essere sempre il paese più attento alle avanguardie, soprattutto in campo musicale e per quanto riguarda la moda?

Noi inglesi riusciamo ad apprezzare le sub-culture e le avanguardie: abbiamo una maggiore consapevolezza in questo senso. Abbiamo la fortuna di stare su una piccola isola che ha tantissime influenze multiculturali e questo è evidente in campi come la moda, l’arte e la musica.
In realtà abbiamo scelto di chiamare questo numero di Hunger Mighty Blighty proprio per uno degli aspetti della cultura british che volevamo celebrare, che è ovviamente l’umorismo inglese, assolutamente anticonformista. Il titolo è ironico ma anche rappresentativo—siamo orgogliosi dei risultati raggiunti e vogliamo celebrare il nostro paese senza sembrare troppo pomposi o nazionalistici. E penso che questo spirito sia ben espresso anche dalle star che abbiamo messo in copertina; in ogni scatto tutti e venti i personaggi sono stati felici di partecipare e di farsi qualche risata con tutta la nostra squadra.

The Mighty Blighty issue - Plan B
The Mighty Blighty issue – Plan B | © Rankin

Per restare in tema moda: qui in Italia abbiamo eccellenze che ci invidiano in tutto il mondo, dalle grandi case di moda ai piccoli artigiani eppure facciamo una gran fatica a comunicarle, queste eccellenze, sia all’esterno che all’interno. Il “made in Italy” è in crisi da anni. Quale potrebbe essere, secondo te, il modo per uscirne?

Wow, questa è una bella domanda. Onestamente non ho una risposta definitiva ma ciò che so è che la maggior parte del mondo occidentale è immersa in una nuova forma di comunicazione, che ha molte sfaccettature e che si basa sul fatto di riuscire, per quanto riguarda i marchi, a creare più di un semplice insieme di prodotti e di valori ad essi associati, ma anche una storia che poi va comunicata anche attraverso i propri mezzi e non solo tramite i media tradizionali. Non è solo questione di farsi una pagina Facebook o di stare su Twitter: bisogna trovare il modo di allacciare un rapporto coi propri clienti, di farli sentire parte di una famiglia, di farli impegnare oltre che divertire.
Abbracciando questa filosofia tanti marchi hanno avuto un successo incredibile. Basta guardare Burberry, Red Bull o Beats by Dr Dre.
Tuttavia non si tratta solo di puntare sul nuovo ma di trovare un giusto equilibrio tra progresso e tradizione.

The Mighty Blighty issue - Hayley Atwell
The Mighty Blighty issue – Hayley Atwell | © Rankin

Parliamo di editoria indipendente. Negli ultimi cinque o sei anni, parallelamente alla crisi della carta stampata, c’è stata un’esplosione di nuove realtà editoriali che partendo dal basso sono riuscite a ritagliarsi una propria nicchia e un proprio pubblico fedele, magari rinunciando all’advertising e affidandosi solo ai lettori, anche grazie a strumenti come il crowdfunding. Come credi sarà il panorama editoriale nei prossimi dieci anni?

Questa è una domanda difficile visto che l’editoria è in piena trasformazione e per sopravvivere bisogna riuscire a sposare questo cambiamento e ad adattarsi a esso. Ma come dici tu la stampa non è morta. Lunga vita alla stampa.
Penso ci sia un mercato enorme per le riviste indipendenti che riescono ad avere una “voce” originale. Penso anche che mentre diventiamo tutti più esperti in ambito digitale iniziamo ad accorgerci che la carta e il web possono lavorare insieme, quasi in simbiosi.
Però non ho idea di cosa ci aspetterà da qui a 10 anni. Credo solo che un posto per le riviste su carta ci sarà sempre.

co-fondatore e direttore
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