Uno degli esercizi più interessanti, durante i laboratori di scrittura creativa, è dare agli studenti tre parole chiave fisse (verbi, nomi, avverbi, semplici o desuete, evocative o banali: dipende poi dall’insegnante), uguali per tutti, e chiedere loro di usarle come “ingredienti” per costruire una breve storia.
Un esercizio di questo tipo (io l’ho usato, nel tempo, sia coi bambini che con gli adulti) è indispensabile per due motivi: chi ha il terrore del foglio bianco e sente addosso la pressione di “dover scrivere qualcosa di interessante in maniera originale” può usare le tre parole come appigli per non scivolar giù nelle infinite potenzialità di una pagina vuota da riempire; quando finisce il tempo, tutti consegnano le loro storie e pian piano vengono lette ad alta voce in modo che ascoltino tutti, ciascuno ha la meravigliosa possibilità di capire come altre teste hanno affrontato in maniera più o meno diversa lo stesso problema, imparando così l’incredibile potere della prospettiva.
Lungi dal poter essere applicato solo alla scrittura, un lavoro di questo tipo si presta ad ogni attività creativa, dalla pittura alla fotografia al design. Basta eventualmente tradurre le tre parole in elementi materiali, in segni o in concetti.
Il sito tedesco Ignant ha deciso di fare un esperimento simile, coinvolgendo artisti provenienti da vari campi e con stili e approcci molto differenti, e chiedendo loro di “giocare” creando ognuno una serie di lavori a partire da tre oggetti.
Dallo scorso aprile, a cadenza irregolare, due artisti si sono misurati con la medesima tripletta di input per scoprire come dagli stessi punti di partenza potessero svilupparsi visioni, suggestioni, concetti, filosofie e tecniche a volte diametralmente opposte.
Il progetto si chiama Two of a kind ed è tuttora in corso.