Gianni Serra | FW2011/12

Parte della nuova generazione di fashion designers che tengono alto il nome del made in Italy di cui parla Maria Luisa Frisa nel suo dinamico saggio/manuale Una nuova moda italiana, Gianni Serra l’ho finalmente conosciuto personalmente, dopo averlo soltanto “sfiorato” in varie occasioni, proprio durante una tavola rotonda (semicerchio, a dire il vero) in occasione di una delle presentazioni del libro della Frisa.

E – hai presente quando qualcuno ti sta simpatico a prima vista, anche prima di aver aperto bocca, e poi quando lo senti parlare ti dici che, sì, le prime impressioni sono sempre giuste, e nella testa sei già lì che prenoti da qualche parte per il pranzo, per far due chiacchiere con lui e saperne di più della sua storia, poi la cosa ti sfugge di mano ed organizzi gran pranzi virtuali con i fashion designers che ti piacciono, ché non sono solo l’oggetto del tuo battere quotidiano sulla tastiera, non solo contatti su una rubrica, ma gente di cui vuoi vedere armadi e librerie, da cui vuoi ascoltare storie che vanno ben al di là dell’ultima collezione e di cosa ha detto di loro questo o quel blogger o giornalista, poi (finisce il viaggione istantaneo e torni con i piedi per terra) – il Serra in carne ed ossa seduto a pochi passi da me mi ha confermato il Serra designer: il suo sguardo, la voce e le parole sono quelle dello sperimentatore calmo, uno che non urla, uno che toglie invece di aggiungere, uno che lavora con una lente d’ingrandimento puntata su linee e materiali e gioca sul dettaglio, sulle proporzioni.

La comodità può essere complessa. La linearità può nascondere mille segmenti da mettere insieme in equazioni da navigato matematico e la collezione autunno/inverno di questo giovane fashion designer sardo, fatta, a partire dai tessuti – Tasmania, panno, tweed vs. seta – di contrasti maschili/femminili, né è il perfetto esempio.

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