In punta di penna: Marcello Carrà

Interviste ad artisti della Bic

Prima di cominciare questa serie di interviste non lo sapevo ma il primo a ideare una penna a sfera fu Leonardo Da Vinci. Come molte sue invenzioni, non riuscì mai a realizzarne una, ma nel 2011, l’artigiano Amerigo Bombara riuscì nell’intento, costruendo un prototipo funzionante.
In seguito, è stato un americano, John J. Loud, a concepire, a fine Ottocento, una penna a sfera che però funzionava soltanto su superfici dure. Negli anni ’30 però un giornalista ungherese scoprì il suo progetto e decise di tentare di migliorarlo.
Si chiamava László Bíró ed è considerato universalmente il padre della penna a sfera.

L’artista della Bic di oggi è Marcello Carrà.

Marcello Carrà, “Stanza dove una ragazza suonava un liuto”, penna biro su carta incollata su legno, 45 x 41 cm, 2014

Innanzi tutto dimmi: Bic blu, nera o rossa?

Ho sempre usato il nero, per vari motivi. In primis perché amo utilizzare carta con fondo giallo e trovo che il nero si sposi meglio con questa tinta. Secondo, perché inizialmente mi piaceva che la mia tecnica ricordasse il disegno antico, che è tipicamente nero. L’ultimo motivo è legato a problemi di conservazione: il nero, rispetto ad altri colori, dura per più tempo se sottoposto a fonti luminose, le quali devono essere comunque ridotte, altrimenti il segno della biro, a lungo andare, tende a sbiadire.

Raccontaci un po’ chi sei e cosa fai.

Sono laureato in ingegneria civile e lavoro nell’ambito delle costruzioni da circa 20 anni, parallelamente però ho sempre dipinto e disegnato. A partire dal 2008 ho cominciato ad utilizzare la penna biro come tecnica preferita, realizzando gigantografie di insetti (anatomicamente non scientifiche), passando poi ad altri animali che l’uomo uccide senza tanti sensi di colpa, come maiali e pesci.
Più recentemente ho rivisitato dipinti antichi di Bruegel, Bosch, Vermeer e Zurbaran, per poi passare a opere che mixano figurazione con testi scritti a mano.

Marcello Carrà, “La sindrome del pallone. La sirena annoiata”, 28 x 18 cm
Marcello Carrà, “La sindrome del pallone. Lo spettro del calcio pervade il mondo”, 28 x 18 cm
Marcello Carrà, “La sindrome del pallone. L’amorosa pratica del calcetto”, 28 x 18 cm

Il tuo lavoro mi sembra molto ispirato all’incisione d’epoca. Come mai la scelta della penna biro come strumento per disegnare?

Sono effettivamente appassionato di incisioni antiche, da cui ho preso spesso spunto per iniziare alcuni miei cicli di disegni.
La penna biro è in grado, nel segno, di rendere alcuni effetti simili a quelli dell’incisione, ma sicuramente è uno strumento più rapido. L’ho scelta anche perché, dopo anni di pittura a olio, che prevede gesti rituali e un’attenzione particolare ai tempi e ai mezzi utilizzati, desideravo una tecnica più immediata, che potesse essere interrotta e ripresa (e anche trasportata) in modo più agevole. 

Quanto tempo impieghi per ogni opera? E quante penne?

Ogni opera ha i suoi tempi e dipende dal grado di “scuro” presente nel soggetto. Tendenzialmente però servono ore e ore, com’è facilmente presumibile. Per alcune opere servono mesi, per altre basta qualche giorno; il tutto è legato, più che alle dimensioni, al numero di dettagli e a particolari effetti che si vogliono ottenere.
Per il numero di penne invece le dimensioni contano! Per fortuna ogni singola penna è in grado di tracciare segni per un paio di chilometri, quindi dura parecchio. Per opere molto grandi (amo molto il formato 150×200) arrivo a utilizzare anche 6 o 7 penne, ma in genere non ci faccio molta attenzione e non le conto. Ogni disegno comunque deve essere una sfida, una divertente fatica: se non c’è difficoltà nella realizzazione e nella composizione, allora non c’è gusto! 

Tu se non sbaglio realizzi opere uniche, o fai anche tavole riprodotte?

Prediligo le opere uniche, anche se in passato ho realizzato qualche acquaforte, la cui tecnica mi incuriosiva molto.
In generale comunque non mi occupo di tavole riprodotte, ho sempre cercato di offrire ai miei acquirenti un disegno che fosse unico, anche perché non amo molto ripetermi nei soggetti.

Marcello Carrà, “La Malapolitica. Il venditore di escrementi”, penne a inchiostro e china su carta, 170 x 150 cm, 2015
Marcello Carrà, “Donna che fugge” (testo con i divieti della Sharia), 30 x 40 cm
Marcello Carrà, “Marte e Venere”, 30 x 40 cm
Marcello Carrà, “Torre di Babele”, 114 x 155 cm
Marcello Carrà, “Isola dei morti”, 110 x 170 cm
Marcello Carrà, “Il baronismo. Il pesce grande e il pesce piccolo”, penne a inchiostro e china su carta, 150 x 300 cm, 2016
Marcello Carrà, “Pesci grandi mangiano pesci piccoli”, penna biro su carta incollata su legno, 80 x 120 cm, 2014
Marcello Carrà, “Moscone”, 150 x 333 cm

Marcello Carrà è nato a Ferrara, nel 1976.
Laureato in Ingegneria Civile, inizia a dipingere nel 1995, durante gli studi universitari. Dopo 13 anni di pittura, con soggetti legati a surrealismo, metafisica e cartoon, dal 2008 intraprende un nuovo percorso, realizzando disegni di grandi dimensioni unicamente con la penna biro, cercando di unire la perizia disegnativa con l’aspetto concettuale.

Nel 2021 ha pubblicato con La nave di Teseo il suo primo libro scritto e illustrato, La sindrome del pallone, in cui tratta la passione per il calcio come una vera e propria malattia, analizzandone tutte le varianti tramite un ricco apparato grafico.

Marcello Carrà, ritratto da Vittorio Colamussi

Intervista a cura di Davide Calì

editorialista
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