80 Ossessione: a Ferrara una mostra sull’arte cartellonistica del capolavoro di Visconti e degli altri film girati in città

A 80 anni esatti dall’uscita di Ossessione, un’esposizione permanente curata da Luca Siano dell’Archivio Sandro Simeoni porta nella città estense quasi 100 esemplari tra locandine, manifesti, foto di scena e riviste d’epoca

Tra la metà degli anni ’30 e l’inizio degli anni ’40, nelle sale cinematografiche italiane erano in voga i film storici a carattere trionfalistico, tanto cari al regime fascista, e il filone dei cosiddetti “telefoni bianchi”, cioè quelle commedie sentimentali borghesi così chiamate perché spesso vi apparivano, appunto, degli apparecchi telefonici bianchi, simbolo di benessere (mentre i poveracci il telefono non ce l’avevano o, al massimo, possedevano dei duplex scuri in bachelite).
In quello stesso periodo, sulle pagine della rivista Cinema, diretta all’epoca da Vittorio Mussolini, figlio di Benito, si faceva le ossa una generazioni di critici che — a partire proprio da una posizione di biasimo nei confronti di quel genere di lungometraggi — di lì a poco avrebbero cambiato per sempre il cinema: su tutti Michelangelo Antonioni e Luchino Visconti.
Quest’ultimo iniziò a scrivere su Cinema nel ’41, grazie all’incontro con alcuni degli intellettuali che animavano il periodico, tra i quali il grande critico Umberto Barbaro, e due futuri direttori de l’Unità e deputati del PCI, Pietro Ingrao e Mario Alicata.
Visconti, rampollo di una nobile famiglia milanese, si era avvicinato al cinema in gioventù, quando aveva girato a sue spese un film amatoriale in cui recitava sua cognata. Aveva poi lavorato in Francia come aiuto regista di Jean Renoir, che lo avvicinò agli ideali del comunismo, per poi andare negli Stati Uniti a visitare i leggendari studios hollywoodiani e rientrare infine in Italia nel ’39, in seguito alla morte della madre, giusto in tempo per assistere allo scoppio della guerra.

(courtesy: Ferrara Città del Cinema)

«Andando per certe Società cinematografiche capita che si intoppi, troppo sovente, in cadaveri che si ostinano a credersi vivi. Sarà toccato ad altri, come a me, di incontrarne, e non li avrà identificati lì per lì: perché, quando sono in circolazione, vanno vestiti come me e come voi» scriveva il giovane Visconti in un articolo intitolato Cadaveri, uscito sul n.119 di Cinema il 10 giugno del 1941.
I cadaveri di cui parla sono di coloro che rappresentano il cinema di regime, quelli che «vivono, già morti, ignari del progredire del tempo, del riflesso di cose tutte estinte, di quel loro mondo trascolorato, dove si circolava impuniti sui pavimenti di carta e gesso, dove i fondalini vacillavano al respirare d’un uscio improvvisamente aperto, dove in perpetuo fiorivano rosai in cartavelina, dove stile ed epoche si fondevano e confondevano magnanimi, dove, per intenderci, Cleopatre liberty in toupè vampireggiavano (mettendoli alla frusta) ombrosi pezzi di Marcantonii in busto di balene». Quelli che «i giovani d’oggi, che son tanti e che vengon su nutrendosi, per ora, solo di santa speranza, tuttavia impazienti per tante cose che hanno da dire, si debbano trovare come bastoni tra le ruote».

Di lì a poco, con l’aiuto di Alicata e di Gianni Puccini e Giuseppe De Santis, anche loro del gruppo di Cinema, Visconti avrebbe trovato il modo di seppellire idealmente quei corpi morti con il suo primo lungometraggio: Ossessione.
Usando come canovaccio il romanzo Il postino suona sempre due volte di James M. Cain («Ogni film che ho fatto aveva alle spalle un libro» disse nel ’72 il regista in un’intervista rilasciata a La Stampa: «Ossessione aveva dietro di sé i romanzi americani che durante la guerra si leggevano di straforo») e finanziando l’opera con la vendita dei gioielli della madre defunta, Visconti gettò le basi per quello che poi sarà conosciuto in tutto il mondo come “cinema neorealista” (a coniare il termine fu il montatore, Mario Serandrei, che mandò a Visconti un biglietto con su scritto «non so come potrei definire questo tipo di cinema se non con l’appellativo di “neo-realistico”»).
Dai morti, dunque, il regista restituì la settima arte ai viventi: «al cinema mi ha portato soprattutto l’impegno di raccontare storie di uomini vivi» scrisse su Cinema dopo l’uscita del film, nel ’43, in un articolo intitolato Cinema antropomorfico: «di uomini vivi nelle cose, non le cose per se stesse. Il cinema che mi interessa è un cinema antropomorfico».

(courtesy: Ferrara Città del Cinema)
(courtesy: Ferrara Città del Cinema)

Inizialmente autorizzato dal regime e poi bloccato dai fascisti e dalla Chiesa perché ritenuto scandaloso, Ossessione venne in gran parte girato in luoghi fino ad allora poco o per nulla considerati dal cinema italiano: Ancona, Comacchio, Boretto, Codigoro e Ferrara.
E proprio a Ferrara, il 16 maggio, esattamente 80 anni dopo la prima del capolavoro di Visconti (fu proiettato in questo stesso giorno a Roma), si aprirà una mostra dedicata al film e alle altre opere cinematografiche girate nella città estense e nella sua provincia, tra cui Paisà di Rossellini, Caccia tragica del succitato De Santis, La donna del fiume di Mario Soldati, Un ettaro di cielo di Aglauco Casadio, Il giardino dei Finzi Contini di De Sica, La casa dalle finestre che ridono di Pupi Avati, Al di là delle nuvole di Antonioni.

COSA
80 Ossessione
Viaggio nel cinema ferrarese
QUANDO
Dal 16 maggio 2023
INAUGURAZIONE
16 maggio | 17,00
DOVE
Consorzio Factory Grisù | via Mario Poledrelli 21, Ferrara

Il progetto — prodotto da Ferrara la Città del Cinema e curato da una nostra vecchia conoscenza, Luca Siano, fondatore dell’Archivio Sandro Simeoni — si intitola 80 Ossessione e consiste in una esposizione permanente di circa un centinaio di pezzi originali tra locandine, manifesti, fotobuste, soggettoni (cioè i poster grandi a un foglio), foto di scena e riviste d’epoca.
In mostra ci sarà l’intero corredo pubblicitario di Ossessione e materiali di molti altri film, che potranno anche essere fruiti sul sito 80ossessione.it, presto online, e in un catalogo a tiratura limitata.

«Sarà un viaggio attraverso cinquant’anni di grande cinema italiano ma anche attraverso un Paese in evoluzione, con le sue storie, i suoi usi e i suoi costumi. Sarà un modo per valorizzare ulteriormente i cartellonisti cinematografici, ovvero i cosiddetti pittori di cinema, e scoprire come dalla pittura si è passati alla grafica e alla fotocomposizione nel manifesto» dice Siano, che invita a scoprire anche un’altra mostra permanente da lui curata a Ferrara, quella sui manifesti dei film di Florestano Vancini.

L’inaugurazione di 80 Ossessione è prevista per martedì 16 maggio 2023 alle 17,00 presso il Consorzio Factory Grisù. Prima dell’apertura dell’esposizione è prevista una lezione tenuta dal regista Jonny Costantino e dalla storica Anna Maria Quarzi.

(courtesy: Ferrara Città del Cinema)
(courtesy: Ferrara Città del Cinema)
(courtesy: Ferrara Città del Cinema)

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