The Dostoevsky Project: le stampe di Valeria Brancaforte ispirate a “Delitto e castigo”

L’11 novembre del 1821 1 nasceva, a Mosca, secondo di otto figli, uno dei più grandi scrittori che abbia mai camminato su questa terra: Fedör Dostoevskij.
Dopo la morte, avvenuta nel 1881, quando ormai era considerato alla stregua di un eroe nazionale, l’autore de Il giocatore, Delitto e castigo, L’idiota, I demoni e I fratelli Karamazov — quest’ultimo completato poco prima di spegnersi — è diventato, per la letteratura, il «santo patrono della sostanza rispetto allo stile», per citare la scrittrice britannica Zadie Smith, che nella sua raccolta di saggi Cambiare idea suggeriva a potenziali autrici e autori «una dieta bilanciata: se stai scrivendo frasi troppo cariche, troppo barocche, evita i grassi alla David Foster Wallace, per dire, e datti a Kafka, come fosse crusca. Se la tua estetica è diventata talmente raffinata da impedirti di mettere anche un solo segno nero sulla carta bianca, smettila di preoccuparti di cosa direbbe Nabokov e apri Dostoevskij».

L’anno scorso il bicentenario della nascita è stato celebrato in tutto il mondo con diverse iniziative. A Barcellona, il centro culturale Casa de Rusia ha organizzato una mostra, Dostoievski: contemporáneo y profeta suddivisa in tre sezioni: una “immersiva”, che permette di interagire con le immagini dello scrittore, dei suoi luoghi e dei suoi personaggi; una documentale, che illustra cronologicamente la vita e le opere di Dostoevskij; e una artistica, per la quale Casa de Rusia ha commissionato appositamente all’artista italiana Valeria Brancaforte una serie di stampe ispirata a Delitto e castigo.

Frame dal video di The Dostoevsky Project
(copyright: Francesc Anglès Consul)
Frame dal video di The Dostoevsky Project
(copyright: Francesc Anglès Consul)

Nata a Catania poi “adottata” da Milano, dove si è laureata in letterature slave e dove ha iniziato ad avvicinarsi come autodidatta all’arte della stampa, dapprima producendo degli ex libris, Brancaforte vive e lavora a Barcellona dal 2003.
«Visitando Barcellona per la prima volta, ebbi modo di conoscere quella che allora era la sua principale scuola di incisione: mi abbagliò talmente che, d’impulso, mi iscrissi per avere libero accesso a quei meravigliosi laboratori. L’idea era di frequentare dei corsi monografici durante quello che avrebbe dovuto essere un anno “sabbatico”, ma poco dopo avrei già maturato la mia decisione definitiva in favore della città catalana» ha raccontato in un’intervista di qualche tempo fa.

Da allora l’artista si è fatta conoscere a livello internazionale per i suoi meravigliosi libri d’artista e per le stampe che traggono spesso spunto da frammenti di grandi opere del passato: dal Vecchio Testamento all’Odissea, dall’Ariosto a Shakespeare , da Tolstoj a Majakovskij e Pasolini.
Caratteristica tanto evidente quanto potente delle sue opere, incise principalmente su legno o linoleum e poi impresse al torchio, sono le composizioni, che uniscono immagine e testo.
«La maggior parte delle volte finisco per incorporare il testo nella composizione» ha spiegato nella succitata intervista: «la parola, veicolo tra pensiero ed emozione, è la scintilla da cui molto parte, se “attivata” dall’immaginazione. Una volta trovato il testo, le immagini dovranno trovare me, e solo quando entrambi gli elementi mi “appaiono” armonicamente in una medesima coreografia, allora saprò che il progetto può cominciare a esistere».

Frame dal video di The Dostoevsky Project
(copyright: Francesc Anglès Consul)

Per il progetto dedicato a Dostoevskij, Brancaforte ha riletto Delitto e castigo in italiano, tenendo però accanto anche l’edizione in russo, forte dei suoi passati studi in lingue slave. Ma le immagini che l’hanno “trovata” non sono quelle dei personaggi, perché, come racconta nel mini-documentario The Dostoevsky Project — opera di Francesc Anglès Consul (anche autore di altri video che vedono l’artista intenta a incidere o a stampare) — «Sin dall’inizio non mi è mai piaciuta l’idea di illustrare i personaggi, perché temevo che potessero creare un’atmosfera vetusta, quando io, al contrario, volevo dare al lavoro un aspetto contemporaneo».
Brancaforte si è dunque concentrata sulla rappresentazione degli oggetti che i personaggi usano e che appaiono tra le pagine del romanzo. Oggetti che nelle linoleografie diventano dei simboli («Scrittore gigantesco, Dostoevskij ricava da ogni sintomo un simbolo, dalla reclusione alla condanna a morte per un soffio, dal sottosuolo alla malattia, e in ogni simbolo fa confliggere spettacolarmente il suo contrario» suggerisce lo scrittore Michele Mari in un articolo uscito su Robinson2), frutto di una grande ricerca iconografica su oggetti e abbigliamento tipici di fine ‘800, ricerca che si è affiancata ad un’altrettanto intensa indagine tipografica.

L’artista, che è solita lavorare con i testi originali, va infatti a investigare la forma, oltre alla sostanza delle parole: «Ho iniziato ad analizzare il cirillico dell’epoca. In primo luogo il più comune, con le lettere alte e strette. In secondo luogo l’alfabeto decorativo, che si chiama vjaz’, e per ultimi i più antichi, ustav e poluustav. A un certo punto mi è balenata l’idea, per essere più filologicamente corretta possibile, di utilizzare il testo con l’ortografia prerivoluzionaria che conservava elementi grafici davvero eleganti e caratteristici» rivela Brancaforte.
Il risultato è strepitoso: le 21 stampe originali, oltre a essere in mostra fino al 28 febbraio a Barcellona, si possono vedere in parte qui e tutte quante sul profilo Instagram @valebranka, mentre sul video vengono mostrate le ispirazioni iconografiche e tipografiche.

The Dostoevsky Project
(courtesy: Valeria Brancaforte)
The Dostoevsky Project
(courtesy: Valeria Brancaforte)
The Dostoevsky Project
(courtesy: Valeria Brancaforte)
The Dostoevsky Project
(courtesy: Valeria Brancaforte)
The Dostoevsky Project
(courtesy: Valeria Brancaforte)
The Dostoevsky Project
(courtesy: Valeria Brancaforte)
The Dostoevsky Project
(courtesy: Valeria Brancaforte)


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