La cartografia 3D del duo italiano VizArt

Le mappe “parlano”, ma dicono solo ciò che chi le ha progettate desidera che esse comunichino. Una mappa può raccontarti tutto sul sottosuolo di un luogo ma mantenere l’assoluto riserbo sulle strade che passano sopra a sabbie del pleistocene, rocce calcaree, gessi risedimentati e basalti del giurassico. Oppure spiegarti esattamente come raggiungere Pavullo da Barberino del Mugello ma starsene a labbra serrate se provi a chiedere chi governava quella zona nel tredicesimo secolo.
Ogni carta presenta dunque solo ciò che è utile allo scopo per cui essa è stata creata. Ma grazie alle tecnologie digitali e ai dati, è possibile sovrapporre un altro strato, che è quello — chiamiamolo così — “emotivo”. Ed è esattamente questo che fanno Silvia Spacca e Leonardo Zanchi, che a inizio 2021 hanno fondato il progetto VizArt.

Spacca e Zanchi vengono da percorsi di studio differenti. Lei ha alle spalle una laurea al Dams e una in ingegneria del cinema, che l’hanno poi portata a occuparsi di modellazione 3D. Zanchi ha invece una formazione informatica, una laurea specialistica in realtà virtuale e multimedia e un grande interesse per il complesso universo della cosiddetta “data visualization”. Insieme hanno trovato proprio sulle mappe il modo di mettere insieme passioni e competenze. Dopo un anno di esperimenti dietro le quinte, hanno lanciato un negozio online su Etsy dove vendono le loro rielaborazioni di carte del passato, praticando quella che loro definiscono “cartografia 3D”, cioè la composizione della cartografia tradizionale con dei modelli digitali del terreno.

Mediterraneo, 1937
(courtesy: VizArt)

«Quelle che realizziamo vogliono essere un prodotto artistico, non delle carte tecniche. Viene privilegiato l’aspetto emotivo e visivo delle immagini» spiegano, precisando che «il lavoro di VizArt è stato possibile grazie sopratutto ai cartografi — come Daniel Huffman, Peter Atwood, Morgan Hite e Joshua Stevens — che hanno deciso di condividere liberamente tecniche e conoscenze professionali di cartografia e georeferenziazione».

Dietro a ogni singolo pezzo c’è un lungo e complesso lavoro, che inizia con la ricerca delle mappe giuste. Queste devono essere innanzitutto disponibili online, in buone condizioni e con una buona risoluzione, oltre ad avere una licenza che ne permetta il libero utilizzo.

A quel punto, trovato il soggetto, si passa alle prime due fasi: una è il restauro digitale e l’altra è la georeferenziazione. «Restaurare può significare rimuovere alcune macchie dovute all’usura del tempo, correggere i colori, ricostruire parti mancanti o strappate, eliminare i segni di piegatura del foglio», precisano Spacca e Zanchi.
Per quanto riguarda la georeferenziazione, invece, ci si basa sulle informazioni date dalla mappa stessa — anno di realizzazione, agenzia scientifica che l’ha commissionata — per poi andare a cercare la proiezione adatta per poterla collocare correttamente nello spazio geografico. «A ogni pixel» dicono, «vanno assegnate delle coordinate reali».

Bovec, Slovenia, 1987
(courtesy: VizArt)
Plano nuevo de Madrid / lo publica el acreditado anuario Noticiero-Guia de Madrid, la guía mas moderna y completa de Madrid, que se publica todos los años, dirigida por D. Vicente de Castro Lés, 1940
(courtesy: VizArt)

Sbrigati — per modo di dire, perché entrambi i processi possono essere anche molto lunghi — questi iniziali passaggi, si va a lavorare con la terza dimensione, fondendo l’aspetto bidimensionale con il Digital Elevation Model (o DEM — e anche in questo caso c’è un impegnativo periodo di messa a punto dei dati in base alla mappa). Da qui si arriva finalmente al rendering finale, che consiste nel dare l’illusione della tridimensionalità utilizzando le ombre, prodotte dal rilievo del terreno e dall’illuminazione, cosicché diventa fondamentale decidere sia dove posizionare la luce virtuale (o le luci) sia quanto “esagerare” la reale elevazione, così da raggiungere un effetto “drammatico” senza inficiare troppo la lettura della mappa, esattamente come se si trattasse della post-produzione di una fotografia: «la temperatura di una luce, l’intensità della luce ambientale o l’inclinazione di una lampada, donano all’immagine finale una sensazione diversa».

Il risultato — com’è evidente da ciò che su vede su Instagram, Behance ed Etsy — è assai suggestivo, che si tratti di un intero continente o di un frammento della pianta di una città.

Italy. (inset) Palermo. (inset) Venezia (Venice). Pergamon World Atlas. Pergamon Press, Ltd. & P.W.N. Poland 1967. Sluzba Topograficzna W.P.
(courtesy: VizArt)
Patagonia, mappa topografica, 1925
(courtesy: VizArt)
Pianta della città di Firenze, 1936. Istituto geografico militare
(courtesy: VizArt)
Australia
(courtesy: VizArt)
Germania, mappa isometrica
(courtesy: VizArt)
Un messaggio

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